Giorgia Meloni non ci sta e annuncia che non arretrerà di un centimetro nell’accettare lo spostamento delle elezioni del 2023 al mese di maggio come sta pianificando una parte della politica italiana. “Se qualcuno, come leggo sui quotidiani, pensa di posticipare le elezioni a maggio per consentire al governo di fare 300 nomine nella partecipate statali, e non farle fare ad un governo che dovesse essere eletto dai cittadini, io sarei pronta a fare le barricate” le parole della leader di Fratelli d’Italia da Strasburgo, a margine della sua visita al Parlamento europeo.
Alla domanda se si andrà a votare col Rosatellum, Meloni ha risposto: “Non è il miglior sistema possibile ma meglio del proporzionale”.
La questione della legge elettorale non è né tecnica né nominalistica, ma soprattutto non è complicata. Il punto è semplicissimo e si può riassumere in due righe: se nella nuova legge ci saranno ancora le coalizioni, per quanto proporzionale sia o la si voglia chiamare, sarà l’ennesima porcheria. Dove «porcheria», questo sì, è termine tecnico, trattandosi della legge cui il Partito democratico starebbe lavorando con il leghista Roberto Calderoli, padre del celebre «Porcellum», cioè di quella legge elettorale che egli stesso ebbe l’onestà di definire «una porcata» e che la Consulta, non sorprendentemente, ebbe la decenza di bocciare, per manifesta incostituzionalità.
Pur di non tornare a un vero proporzionale – cioè senza premi di maggioranza e senza coalizioni pre-elettorali – centrodestra e centrosinistra se ne sono inventate altre mille, perpetuando la gara delle «porcate» che va avanti indefessa a ogni giro di giostra da trent’anni filati. Perché il maggioritario all’italiana è tanto seducente quanto autodistruttiva.
E adesso, proprio per liberarci dal terribile Rosatellum, ci informava ieri un retroscena di Repubblica, Enrico Letta avrebbe dato mandato a Dario Parrini di lavorare con la Lega a questa possibile mediazione sul proporzionale, che non è né una mediazione né il proporzionale, nel senso del sistema in vigore in Italia prima della pseudo-rivoluzione maggioritaria del 1993, e tantomeno è una novità.
Si tratterebbe infatti di un «proporzionale con premio di maggioranza», ovviamente alla coalizione. Comprensibile che la proposta trovi il gradimento di Calderoli, considerato che la tanto deprecata «legge porcata» da lui partorita era esattamente questo: un proporzionale con premio di maggioranza. Dunque, come si vede, per quanto ci si possa divertire a discutere la migliore definizione – proporzionale con premio di maggioranza, maggioritario con punizione proporzionale, solita porcheria a base di ammucchiate pre-elettorali – nulla cambia nella sostanza. Siamo sempre lì.
Inutile dire che tutti i rischi denunciati dallo stesso Partito democratico all’indomani della scelta di sottoscrivere il taglio grillino dei parlamentari, chiedendo come garanzia, proprio per questo, un sistema proporzionale, resterebbero lì intatti.
Non sorprende, pertanto, che anche Fratelli d’Italia sia tentato da un simile accordo, visto che la nuova legge, tra l’altro, toglierebbe al centrodestra anche l’ultimo problema rimasto, quello di doversi mettere d’accordo sui collegi uninominali.