Non ha dubbi Giorgio Gori: i manifestanti che hanno protestato sotto casa sua a Bergamo sono stati in qualche modo aizzati dal presidente della Regione Attilio Fontana. “La decisione del governo sulle regioni arancioni e rosse è basata su indicatori epidemiologici molto precisi e tecnici. Se il governatore Fontana la bolla come ‘uno schiaffo alla Lombardia’ e il capogruppo della Lega in consiglio regionale accusa il governo di voler ‘affossare l’economia lombarda’, è chiaro che il clima si accende”, ha dichiarato il primo cittadino in un’intervista a Repubblica. Un corteo di alcune centinaia di persone si è presentato sotto la sua abitazione, come lui stesso ha raccontato su Facebook, per dire no all’istituzione della zona rossa, anche se Gori ha subito precisato che i sindaci non hanno nulla a che fare con le decisioni che vengono prese a Roma. A Repubblica, però, ha confessato di essersi spaventato, soprattutto per via degli slogan minacciosi e dei fumogeni: “Ho aspettato con mia moglie che passasse, evitando di affacciarmi per non surriscaldare ancora di più gli animi. I toni erano molto aggressivi, ma non sono stati fatti danni”
Gori, però, ha capito che alla base c’era la “comprensibile preoccupazione” di esercenti e commercianti, costretti per la seconda volta ad abbassare le saracinesche causa Covid. Tuttavia ha denunciato anche la strumentalizzazione da parte di gruppi di estrema destra e di infiltrati vari. Sulla sua Bergamo, poi, il sindaco ha aggiunto che tutta la cittadina è stata capace di reagire dopo lo tsunami arrivato a marzo: “Durante il lockdown primaverile il virus colpiva ogni famiglia, non c’era nessuno che non avesse parenti o amici o colleghi malati, in terapia intensiva, morti. Ora per fortuna la situazione è molto diversa”. A chi, invece, ha obiettato che in primavera il lockdown ha riguardato tutto il Paese e non solo alcune zone, il primo cittadino ha replicato: “E’ vero, ma questa è la seconda volta e tutti sono più stanchi e sfiduciati”.