La giustizia iraniana ha condannato a morte l’oppositore Ruholá Zam, amministratore di un sito web che, secondo le stesse autorità, ha svolto un ruolo attivo nell’incitare le proteste antigovernative che hanno scosso il paese tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018.
Un portavoce del ministero della Giustizia, Gholamhossein Esmaili, ha annunciato oggi la sentenza contro Zam, direttore del portale di notizie Amad, accusato, tra l’altro, di “corruzione”. Un reato che può essere punito con la pena capitale.
Le autorità di Teheran ritengono che Zam, arrestato nell’ottobre 2019, sia stato “uno strumento nelle mani di servizi di spionaggio stranieri” e che abbia usato la sua pagina e il suo canale Telegram per diffondere informazioni false.
I Guardiani della Rivoluzione dopo l’arresto di Zam hanno affermato che il giornalista faceva parte di una campagna di “guerra psicologica” ed era sotto gli ordini delle autorità francesi: risiedeva a Parigi prima di tornare a Teheran. Inoltre, secondo questa versione, Zam avrebbe avuto anche il supporto dei servizi di intelligence degli Stati Uniti e di Israele.