Oggi è la Giornata mondiale contro la tortura. Sono 141 i paesi che la praticano e fra questi, come ha stabilito, fra l’altro, la sentenza della Corte Europea a proposito dei fatti della Scuola Diaz, c’è anche l’Italia. In più di 55 paesi del mondo si stanno ricordando le vittime di tortura perché il 26 giugno è il giorno scelto dalle Nazioni Unite per ricordare le vittime di tortura. L’associazione Amnesty International, che nel 2014 ha lanciato la campagna “Stop alla tortura”, ricorda che, a 31 anni dall’entrata in vigore della Convenzione dell’Onu contro la tortura, ratificata da 157 Paesi, sono migliaia le persone che subiscono torture in ogni parte del mondo. Negli ultimi cinque anni l’associazione ha denunciato casi, isolati o regolari, di tortura o altri maltrattamenti in 141 Paesi, tra cui Filippine, Marocco, Messico, Nigeria e Uzbekistan. In particolare, Amnesty international ha lanciato una raccolta di firme per due casi: Yecenia Armenta, una donna messicana che ha trascorso quasi tre anni in un carcere per aver confessato di avere ucciso il marito dopo 15 ore di tortura, violenza sessuale e minacce nei confronti dei figli, e Muhammad Bekzhanov, giornalista uzbeko in carcere dal 1999, ritenuto colpevole di aver preso parte ad alcuni attentati in seguito a una confessione estorta con tortura. In Italia Amnesty International ha invitato ancora una volta il parlamento a introdurre nel codice penale il reato di tortura, dopo 26 anni dalla ratifica della Convenzione contro la tortura. A 31 anni dall’ entrata in vigore della Convenzione delle Nazioni Unite che bandisce tale “strumento”, e ratificata ormai da 157 paesi, manca ancora all’appello l’Italia. Il ddl che introduce il reato di tortura è parcheggiato in Senato, dopo essere stato approvato alla Camera ad aprile. E mentre i familiari delle vittime chiedono che l’Italia colmi questo vuoto normativo e recepisca la condanna della Corte di Strasburgo. Il sindacato della polizia ieri ha manifestato in piazza considerando questa legge “una volontà nascosta di punire gli uomini e le donne in divisa”. La polemica monta oggi con l’intervento del leader della Lega, Matteo Salvini, alla manifestazione del Sap: “La polizia deve fare il suo lavoro. .Se qualcuno si fa male affari suoi e la Corte europea dei diritti umani potrebbe occuparsi di altro”. Alle parole di Salvini replica anche il Pd: Quello che deve essere colpito, dice Walter Verini, capogruppo democratico in commissione Giustizia:è l’abuso o casi di violenza ingiustificata come, per esempio, quelli alla Diaz su cui, non dimentichiamolo mai, un grande poliziotto come Antonio Manganelli ebbe il coraggio di chiedere scusa. Mentre le Associazioni che tutelano le vittime di tortura condannano il Sap: “E’ una posizione fuori dalla Comunità Internazionale. La polizia deve essere un corpo che protegge i diritti umani e non deve aver paura del reato di tortura”.
Cocis