Giornate catastrofiche per Elly Schlein: ‘Contestata con durezza nel Pd, irrisa a Bologna con un murale’

«Non sono una signora da Ztl: al Pd serve un cambio di passo, e un bagno di realtà». Comincia così, su la Verità, l’intervista di Paola De Micheli, ex vicesegretaria del Partito democratico, in cui fa il punto su errori tattici e strategici della nuova segretaria Elly Schlein. E già giorni fa aveva fatto sentire la sua voce dissonante parlando di mancanza di contenuti.

E’ da notare che proprio dalle donne, all’interno del partito, arrivano le critiche più feroci alla dirigenza del Nazareno. Un’altra che non le manda a dire è Alessandra Moretti, europarlamentare, per la quale la segretaria deve ascoltare anche cattolici e riformisti.

De Micheli è a sua volta chiarissima: «Dobbiamo tornare a parlare con le persone. Ricominciamo dai bisogni quotidiani: lavoro, sanità, imprese». Non le sta bene il modo troppo ideologico e  distante dalla realtà di alcune battaglie che Schlein ha sposato con ardore.

Una per tutte: l’ambiente. «Prendiamo la transizione ambientale. Le necessarie politiche pubbliche avranno successo solo nella misura in cui saranno sostenibili socialmente per tutti. La difesa del pianeta deve andare di pari passo con le risposte ai bisogni della gente. Il pianeta deve essere unito alle persone: l’uno non deve prevaricare le altre, e viceversa. Dunque servono politiche attente all’ambiente, ma allo stesso tempo accettabili e sostenibili».

E anche l’insistenza sui diritti civili rischia di stravolgere la missione sociale della sinistra. «I diritti sociali non possono diventare secondari rispetto ai diritti civili. Una sinistra moderna dovrebbe essere in grado di tenerli insieme entrambi».

Infine, sulla maternità surrogata, De Micheli ribadisce la sua contrarietà. «Quando sei un parlamentare puoi avere delle posizioni personali, ma quando diventi segretaria del partito occorre trovare mediazioni, o comunque rappresentare la maggioranza degli elettori. Sulla maternità surrogata, o su chi imbratta i monumenti per protesta, la maggioranza del partito ha posizioni fortemente critiche. E dalla segreteria ci aspettiamo una sintesi».

Non sono le sole ad essere in disaccordo con la linea politica scelta dalla Schlein e basterà pensare al murales comparso a Bologna in pieno centro. Pannelli attorno alla torre della Garisenda, per irridere Elly Schlein appena ottanta giorni dopo la sua nomina a leader del Pd.

Bologna è ancora la capitale morale della sinistra, perché la sardina Schlein, vicepresidente della regione Emilia-Romagna sino allo scorso ottobre, è da lì che viene, quella è casa sua, e perché l’affronto non è stato perpetrato da un artista sovranista ingaggiato dal regime liberticida melonian-orbaniano, ma da un compagno dissacratore giunto da Livorno, l’enclave del comunismo ruspante, quello che al catalogo della Feltrinelli preferisce i titoli del Vernacoliere.  L’opera non pare avere indignato nessuno nemmeno lì, all’ombra delle due torri: si sono registrati solo consensi.

Segnali, utili a far capire che il vento è già girato. La segretaria del Pd è ritratta col basco alla “Che” Guevara. In una mano ha una copia di Vogue, la rivista di moda alla quale ha rilasciato la surreale intervista in cui spiega che per vestirsi si rivolge ad un’armocromista bolognese adeguatamente remunerata, in un servizio corredato da foto che la vedono in posa con espressione estatica da modella.

Nell’altra mano tiene una borsa col logo della boutique di Christian Dior. Poggia un piede su un sgabello, davanti ad un lustrascarpe chino a pulirle la calzatura (l’unico che sa cos’è il lavoro, dei due), mentre la speranza della sinistra italiana, con qualche macchia di fango post-alluvionale addosso, ha lo sguardo alto e l’espressione di chi sa di appartenere alla classe dominante. La revolución cubana che fa pendant con l’alta moda francese: lussi che pochi possono permettersi.

L’artista di strada che l’ha realizzata si chiama Mart Signed ed è nato a Livorno nel 1988. «Abbiamo scelto Schlein data la sua forza mediatica: sembra quasi interessarsi più alle copertine patinate, e all’estetica, che al resto. Se avessero speso i soldi, o li avessero indirizzati nel modo giusto, magari questa tragedia si poteva evitare», spiega al Quotidiano nazionale che lo intervista. Aggiungendo che «gli unici stivali a non essere affondati nel fango sono stati quelli di Elly Schlein».

Consiglio non richiesto dell’artista alla sua vittima: «Un cambio di rotta, meno glamour e più sostanziale, sembra l’unico possibile per ristabilire un diretto rapporto non soltanto con l’elettorato, ma con un intero territorio». Reazioni? «Appena terminato, una coppia di ragazzi lo ha visto e  ha detto: “Bravissimi”».

Si è scoperto, nel modo peggiore, che la giunta regionale di cui la Schlein era vicepresidente non ha costruito le opere che avrebbero mitigato i danni dell’alluvione, ed è diventata evidente l’inconsistenza delle proposte della leader del Pd: sotto il vestito armocromatico nulla. E se a Bologna è davvero finito l’incanto, figuriamoci altrove…

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