Non piace quasi a nessuno. Dopo i sindacati anche i giovani industriali bocciano la legge di stabilità varata dal governo dalle larghe intese presieduto da Enrico Letta. I giovani di Confindustria, riuniti a Napoli il XXVIII Congresso di Capri per Napoli ‘Diamoci un taglio’, sono un fiume in piena contro la manovra finanziaria. E Jacopo Morelli, aprendo il meeting, subito chiarisce il pensiero dei giovani industriali sull’attuale periodo che sta vivendo il paese. Sono “anni difficili dove molte certezze vengono meno” e “alcuni, anche dall’estero, vedono l’Italia come un morto che cammina”. E questo perché non si è avuto coraggio. “Ci aspettavamo una legge di stabilità coraggiosa e di rottura, che segnasse la fine del rigore depressivo e l’avvio di investimenti per la crescita. Non è stato così”.
Con “un debito record al 132% del Pil, 90mila imprese manifatturiere in meno in 5 anni, larga parte della classe politica che agisce con atteggiamenti schizoidi: un giorno sembra di saggezza, l’altro di ordinaria follia”, sottolinea Morelli. E per il futuro “dobbiamo, unendo le forze migliori, squarciare questa atmosfera cupa e dare un taglio alle peggiori eredità del passato”. “Ci sono due Italie che coesistono. Quella di chi vuole cambiare il presente e quella di chi vuole soltanto usarlo. Di chi si arrende e di chi resiste. Di chi abbandona e di chi decide di restare e di costruire domani”, spiega il presidente dei giovani industriali. “Dobbiamo scegliere quale Italia essere, ma dobbiamo farlo adesso”, incalza.
“Se il Governo annuncia come un trionfo quello di essere riuscito a sventare l’aumento delle tasse, significa che è sordo alla voce del Paese reale”. Il Governo è sordo perché, dice, “le tasse dovevano calare non di uno 0,7% in tre anni, ma di diversi punti e strutturalmente”.
“Lo ricordiamo ancora: il total tax rate sulle aziende in Italia è al 68,7%, in Germania al 46,8%, negli Stati Uniti al 46,7%”. E continua il suo attacco alla politica. “Basta ipocrisie: questa tassazione uccide le imprese. Il prelievo fiscale sugli stipendi supera la metà della retribuzione lorda”. “Nove milioni e mezzo di italiani – sottolinea – sopravvivono con una spesa inferiore alla soglia di povertà relativa. E’ un dovere dare, attraverso atti concreti, speranza”.
Jacopo Morelli critica anche la politica fiscale che “è parte di quella economica: in Italia, purtroppo, continuiamo ad averne una che, anziché il lavoro, favorisce la rendita” e “fino a quando quest’ultima continuerà ad essere più tutelata e meno tassata, possiamo anche cancellare il primo articolo della Costituzione”. Per il presidente occorre anche arrivare ad una seria riforma della giustizia perché “la semplificazione delle norme significa creare occasioni di sviluppo”.
“Per accrescere l’economia reale – aggiunge Morelli – serve una politica industriale che agisca sui nodi che ci hanno fatto perdere competitività: dal carico fiscale a quelli più intangibili, come l’incertezza del diritto e dei tempi amministrativi”. E chiude il suo intervento con un appello alle persone ‘capaci e preparate’ che siedono nel Governo e in Parlamento. “Abbiamo bisogno di atti coraggiosi, non delle solite menti servili che, unendo opportunismo e ignoranza, ingrossano le fila della classe dirigente”.