Padova. La vicenda della signora di Padova, che si è vista respingere da ben 23 strutture sanitarie del Veneto per poter ricorrere, nei tempi e modi previsti dalla Legge, all’interruzione volontaria della gravidanza, riapre ancora una volta non solo a Padova e in Veneto, ma in tutta Italia, l’annoso problema dell’obiezione di coscienza che di fatto impedisce, in gran parte delle strutture pubbliche, il pieno rispetto della Legge 194.
Così in una nota la Cgil del Veneto in riferimento alla donna che ha dovuto girare ben 23 strutture sanitarie in Veneto per interrompere la gravidanza ed è poi stata accolta a Padova al 90esimo giorno di gestazione.
E’ del tutto evidente infatti, prosegue la nota della Cgil Veneto, che se la stragrande maggioranza dei medici si dichiara ‘obiettore di coscienza’ le liste d’attesa per l’interruzione volontaria di gravidanza diventano pericolosamente lunghe costringendo le donne a rivolgersi – quando va bene – alle strutture private, o – peggio – a fare ricorso all’aborto clandestino, una vergogna sociale che la Legge 194 era nata proprio per contrastare.
Non è concepibile costringere le donne ad intraprendere vere e proprie odissee per vedersi garantire il rispetto di una legge dello Stato”.
Per quanto riguarda il Veneto ad esempio, risulta ‘obiettore’ l’80% dei ginecologi – prosegue la nota della Cgil del Veneto – con situazioni particolarmente gravi a Padova e Belluno. Ora, se è vero che la legge 194 consente l’obiezione di coscienza, è altrettanto vero che ogni struttura pubblica deve essere messa nella condizione di garantire una prestazione che la medesima legge consente, anche a costo di assumere medici non obiettori anche in Veneto’.