Giulio Tremonti è pessimista sul futuro del governo e trova il bilancio dell’esecutivo abbastanza magro, ai limiti dell’insufficienza.
A oggi – chiosa in un’intervista alla Stampa – “non è facile incontrare per strada una riforma: dopo un anno è tutto work in progress. La riforma fiscale è una delega estremamente generica e in parte contraddittoria; il catasto è stato rinviato al 2026; la giustizia incrocia i referendum, quindi mi sembra un’area attraversata da notevoli complessità”.
Giudizio non positivo anche sul Recovery plan. «Il piano nazionale di ripresa e resilienza vuole rifare insieme l’Italia e gli italiani, guidandoli nella transizione digitale, ambientale e sociale. Il piano è la somma della burocrazia europea, nazionale e regionale. Un intervento di questo tipo è in sé inflattivo perché è un impressionante programma di spesa pubblica e in più incrocia l’inflazione che viene da fuori».
Si tratta purtroppo – aggiunge – di “una replica dello stesso meccanismo di fondi europei che era al 50% inefficiente. E l’efficienza è fondamentale perché il Recovery è finanziato prevalentemente a debito: se funziona, il piano si finanzia con la crescita, altrimenti la crescita stimata si riduce ma il debito resta uguale».
«Le stime sono in declino perché nel 2021 il Pil è stato spinto dall’edilizia per più di due punti percentuali. Non entro nel merito della polemica sul Superbonus, però il contributo al Pil è stato molto forte e ha fatto la differenza, mentre adesso il venir meno degli incentivi sta frenando il settore».