I bambini non si comprano, recita un manifesto che dice ‘no’ all’utero in affitto, al matrimonio e alle adozioni gay, avvertendo che la ‘stepchild adoption’, prevista dal disegno di legge Cirinnà sulle adozioni civili, consentirà alle coppie omosessuali di adottare un bambino. ‘Noi diciamo no’ è l’ultima frase del manifesto che rappresenta una famiglia gay senza, è il caso di dirlo, alcun accento offensivo. Si tratta di un manifesto che si limita a esprimere in maniera assolutamente civile un’opinione, per altro molto diffusa tra gli italiani. Il portavoce del gay center di Roma, Fabrizio Marrazzo, ha bollato i manifesti in questione come discriminanti e vergognosi, espressione di gruppi estremisti che vogliono attaccare i gay. La presa di posizione del Campidoglio, in merito, ha assicurato la rimozione dei manifesti giudicati omofobi dal gay center. ‘L’amministrazione capitolina è impegnata nel contrastare qualunque forma di manifestazione omofoba e continuerà nella sua battaglia per i diritti e l’educazione al rispetto’, ha commentato l’assessore alla Comunicazione e alle Pari opportunità Alessandro Cattoi, esprimendo ‘la più ferma condanna dei manifesti contro le famiglie con genitori omosessuali’. Da questa vicenda emergono l’intolleranza dei gendarmi del pensiero unico, per i quali è inaccettabile che esistano opinioni diverse da quelle radicali della comunità Lgbt. Sconcertante è invece la remissività di una classe politica che, pur di assecondare i diktat di alcuni gruppi di pressione, perde il senso della comune ed accettata realtà. I cittadini romani hanno sicuramente il legittimo desiderio di riscontare ‘efficienza’ non nella rimozione dei manifesti ma in servizi di base come il trasporto, la pulizia e la sicurezza.
Cocis