Giuseppe Conte e il cavillo del terzo mandato

L’Italia non sarebbe riuscita a presentare un piano di riforme decente per ottenere i fondi europei, che ci sono stati assegnati in quantità così ingente non per la bravura di Conte,  come dice la propaganda pentastellata,  visto che  con la gestione Conte i numeri dicono che l’Italia è stato il Paese peggiore d’Europa nella gestione sanitaria ed economica della pandemia. E, inoltre, con un Conte tre presumibilmente ancora più grottesco del numero due, immaginatevi l’imbarazzo di un campagna di vaccinazione lasciata ad Arcuri, alle primule e alle dirette Facebook notturne convocate da Casalino.

È arrivato, invece, Mario Draghi e con lui anche il generale Figliuolo. In un quarto d’ora abbiamo presentato il piano di ripartenza e siamo diventati un modello sia per le vaccinazioni, motivo per cui oggi siamo messi meglio di qualsiasi altro Paese del mondo dopo essere stati peggiori di chiunque altro, sia per il prestigio politico, tanto che non passa giorno senza che un grande giornale americano o europeo, dal New York Times al Financial Times al Monde, non sottolinei gli indicatori positivi del nostro Paese e la leadership globale del presidente del Consiglio, peraltro confermata da tutti i capi di Stato e di governo durante i summit internazionali delle scorse settimane.

Eppure vogliono mandare via Draghi, nonostante la doppia missione affidatagli da Mattarella non sia terminata perché va accelerata la somministrazione della terza dose di vaccini per fermare la quarta ondata pandemica, deve partire la campagna per proteggere i bambini dal virus e c’è da gestire la quota fisiologica di non vaccinati e negazionisti, alimentata dai mestatori di ogni tipo.

C’è, inoltre, da attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza che prevede una serie di riforme da approvare da qui al 2026 e poi l’esecuzione materiale dei progetti, senza i quali i bonifici semestrali di Bruxelles smetteranno di arrivare.

Rimuovere anzitempo Draghi dalla guida del potere esecutivo repubblicano è un’operazione politica spericolata e incosciente, non meno di quella che nel 2019 avrebbe consegnato i pieni poteri al Salvini del Papeete o di quella che ci avrebbe fatto continuare con il Trisconte di Casalino, Bonafede, Arcuri e Ciampolillo.

In molti sono schierati  per chiudere in fretta l’esperienza Draghi, per negare che esista un’agenda o un’area Draghi, per giocare alla roulette russa del voto anticipato con una legge elettorale che per effetto della riduzione dei parlamentari è ritenuta pericolosa per la democrazia dagli stessi promotori della mutilazione delle camere.

I due leader della destra sovranista e neo, ex, post fascista vogliono legittimamente andare al voto per prendere finalmente il potere, facendo a gara su chi dei due è più radicale, senza curarsi delle conseguenze. Ma anche i capi dei Cinquestelle, o ciò che ne rimane, hanno interesse a votare subito perché ogni giorno che passa la loro colossale inconsistenza si palesa in modo evidente

Il sedicente fronte ex populista guidato da Conte viene ormai considerato  formalmente fuori dal centrosinistra.

Salvini e Meloni, Conte e Letta, ovvero i leader dei quattro partiti più grandi, vogliono dichiarare chiusa l’esperienza Draghi e andare al voto anticipato correndo il rischio di far sprofondare il Paese in una nuova crisi economica, per non parlare della gestione sanitaria, lasciandolo in balìa di uno scontro tra opposti populismi che non promette nulla di buono.

Stanno tutti giocando col fuoco e ciascuno con le proprie responsabilità.

Giuseppe Conte è anche impegnato con una grana interna e da buon azzeccagarbugli è alla ricerca di un cavillo per concedere il terzo mandato pentastellato.

Pare che l’ultimo velo che tiene i 5Stelle al di qua della Casta stia per cadere, almeno a dar retta al Giornale. L’obiettivo politico   è come salvare la poltrona senza che appaia una  concessione di Giuseppe Conte. Un criterio, per Luigi Di Maio, potrebbe  essere la carica di ministro. Naturalmente resta il rebus dell’interpretazione. Vale solo per quelli in carica o anche per gli ‘ex’ tipo Bonafede o Toninelli?

Il terzo mandato, al momento, è utile  per salvare Di Maio e Fico.

Un bel rompicapo. Un aiutino potrebbe venire dall’azzeramento dei mandati inaugurato per consentire a Virginia Raggi di tentare il bis al Campidoglio. Ricordate? Una mente immaginifica lo chiamò ‘mandato zero’, e già si capiva che fosse diretto ad abbattere l’ultimo feticcio grillino. Qualcuno potrebbe aver interesse a riesumarlo, sebbene inutilizzabile da big alla Di Maio o alla Fico. Con la sindaca fu possibile non computare tra i mandati elettorali i primi cinque anni da consigliere comunale. Una sponda che manca nel caso dei ‘gemelli napoletani’

Se Conte vuole bypassare la regola del doppio mandato dovrà mettere in conto lo scontro con  Beppe Grillo che è terribilmente   allergico al terzo mandato. Tanto più ora che incombe la scadenza dell’elezione del nuovo Inquilino del Quirinale il ‘rompete le righe’ è già in atto tra i 5Stelle.

Nello statuto del nuovo M5s Conte ha un vecchio problema: il terzo mandato e per il quale ha scritto: ‘Deroga per meriti’ senza considerare che è alle prese con la liquefazione del movimento cinque stelle e, illusoriamente, crede di risolvere il tutto con il terzo mandato…

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