Dopo una maratona finita a tarda notte per votare gli emendamenti, la commissione Giustizia della Camera approva la riforma Cartabia dell’ordinamento giudiziario e del Csm. Il 19 aprile arriverà nell’aula di Montecitorio.
Tutti d’accordo nella maggioranza, tranne Italia viva che si astiene. Così, mentre l’azzurro Pierantonio Zanettin dice che «si va verso una riforma epocale», Matteo Renzi spara a zero: «Su questa roba il nostro voto favorevole non ce l’avete. Non fa niente, siamo il 4%, se siete tutti d’accordo portatela avanti. Ci saranno 6 poltrone in più al Csm. Non escludo che alcuni dei voti in favore nascano proprio dalla speranza di avere un posto in più. Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più, è la colonna sonora. Va bene, non facciamo barricate né ostruzionismo. Ma se chiami una legge riforma devi cambiare qualcosa, qua non cambia nulla». ««un passo avanti in attesa che gli italiani si esprimano con il referendum di giugno», sintetizza il leader leghista in un’intervista al Corriere.
La Commissione Giustizia ha approvato anche l’emendamento sulla separazione delle funzioni dei magistrati. I magistrati così dovranno scegliere quale delle due professioni continuare se la funzione giudicante o requirente. Avranno una sola volta la possibilità di passare da una funzione all’altra da chiedere “entro il termine di sei anni dal maturare per la prima volta della legittimazione al tramutamento”. Oltre questo termine è possibile solo il passaggio tra funzione civile e penale.
Gli emendamenti recepiti includono anche lo stop alle porte girevoli tra magistratura e politica. I magistrati che intraprendono la carriera politica con incarichi al Parlamento o al governo non potranno più esercitare la professione di magistrato. Ma saranno collocati fuori ruolo presso le amministrazioni pubbliche. Per quanto riguarda, invece, i magistrati che assumono ruoli ai vertici di un ministero ad esempio, cessata la carica, resteranno un anno fuori ruolo. Inoltre, per i tre anni successivi non potranno avere incarichi direttivi o semidirettivi. Da ultimo, i magistrati che si candidano, ma non vengono eletti non possono esercitare nelle regioni dove si sono candidati.
Cambia il passaggio di funzioni tra giudici e pm, prima 4 possibili ora solo uno nel penale, entro i 10 anni dall’assegnazione della prima sede. Sulla riformulazione della proposta di Zanettin, solo M5s non partecipa al voto. Non è la separazione delle carriere cara al centrodestra e presente nei referendum, ma ci va vicino.
Cambiano le porte girevoli tra magistratura e politica. Questa volta è la riformulazione di un emendamento di Michele Bordo (Pd) e prevede che i magistrati parlamentari, ministri o sottosegretari, alla fine del mandato non rientrino negli uffici giudiziari ma siano collocati fuori ruolo nelle amministrazioni pubbliche. Le toghe con ruoli apicali non politici ma tecnici, come capo di gabinetto in un ministero, invece, cessata la carica rimarranno per un anno fuori ruolo e per i successivi 3 non potranno avere incarichi direttivi o semidirettivi. Infine i magistrati che si candidano ma non vengono eletti non potranno esercitare nelle Regioni dove chiedevano il voto.
Cambia anche il sistema elettorale al Csm, che sarà misto, binominale con quota proporzionale. Nessun sorteggio temperato dei candidati sostenuto dal centrodestra, ma la commissione ha approvato un emendamento di Roberto Turri della Lega sul sorteggio delle corti d’appello, per formare i collegi in cui si eleggeranno i togati. I distretti di corte d’appello formeranno 4 collegi per i giudici e due per i pm.
Cambia qualcosa nelle valutazioni di professionalità dei magistrati, con l’arrivo del fascicolo con successi e insuccessi di giudici e pm, per inchieste, processi, misure cautelari, fortemente voluto da Enrico Costa di Azione. E a votare per la carriera dei magistrati, nei consigli giudiziari, ci saranno anche gli avvocati.
Cambiano le regole per l’assegnazione di incarichi direttivi e semidirettivi, per impedire le nomine «a pacchetto» gestite dalle correnti. Il Csm dovrà seguire l’ordine cronologico delle scoperture e ci saranno norme di trasparenza, oltre all’obbligo di audizione di almeno 3 candidati.
Cambia qualcosa per la custodia cautelare, se compare un illecito disciplinare per chi ha voluto un provvedimento restrittivo della libertà personale senza i presupposti di legge.
L’Anm, associazione nazionale dei magistrati però non ci sta e per martedì ha convocato il comitato direttivo, proprio nella data in cui la riforma sarà in discussione in aula. I magistrati stanno pensando anche ad uno sciopero per questa riforma. Alcune delle norme per loro sono punitive e stravolgono la Costituzione.
Cambia comunque troppo per l’Anm, che boccia la riforma Cartabia e, spinta dalle correnti di sinistra di Area, minaccia uno sciopero. L’assemblea è convocata per il 30 aprile.
Ma la maggioranza esulta per il risultato raggiunto. Dopo un percorso lungo e travagliato si è arrivati al testo finale. “Alla fine, tra difficoltà di vario genere, è uscito un testo che presenta innovazioni significative, che potranno aiutare a superare conservatorismi e autoreferenzialità della magistratura, contribuendo alla sua autorigenerazione.” Commenta così il deputato Pd Verini. “Al tempo stesso siamo riusciti a tutelare i principi – irrinunciabili e costituzionali – dell’indipendenza della magistratura, che alcuni emendamenti minacciavano, come quelli sul sorteggio e sulla responsabilità civile diretta. Ora l’aula voterà una riforma, dopo quelle del processo penale e civile, che potrà aiutare la giustizia italiana ad essere più giusta, efficace, europea”.