La Riforma della Giustizia firmata Cartabia approda a Palazzo Chigi, che la esaminerà per arrivare ad un testo condiviso dalla maggioranza e “blindato”. Una riforma, quella del processo penale, che appare quanto meno necessaria per l’implementazione del PNRR e per velocizzare i tempi della giustizia ed allinearli agli standard europei.
Sulla Riforma della Giustizia i governi si sono sempre arenati in passato, soprattutto sul tema dibattutissimo della prescrizione, che rischia di minare gli equilibri del governo, che si muove su un filo di lana.
Ma i tempi sono ormai maturi e la sapiente opera di mediazione di Mario Draghi dovrà superare tutti gli ostacoli posti dalla variegata maggioranza che sostiene il governo. Sulla riforma del processo, infatti, si gioca anche la credibilità del piano di riforme che accompagna il PNRR.
Il tema più spinoso è quello della reintroduzione della prescrizione, che ha già visto scontrarsi i partiti della maggioranza in occasione delle modifiche introdotte dalla Riforma Bonafede, approvata durante il governo Conte. Un tema che viene considerato un portabandiera del Movimento 5 Stelle e su cui i pentastellati appaiono poco inclini a trattare, tanto che qualcuno ha già detto che boccerà la riforma.
Il pacchetto di proposte del Ministro della Giustizia, Marta Cartabia, spazierà dalla durata delle indagini preliminari, al “contingentamento” della obbligatorietà dell’azione penale fino al capitolo sanzioni e riti alternativi. Ma il tema forte è proprio quello della reintroduzione dell’istituto della prescrizione dopo il primo grado, con contemporanea velocizzazione dei processi in Appello e Cassazione.
La riforma introduce anche l’istituto della “improcedibilità“: due anni di tempo per chiudere l’appello, un anno per la cassazione, decorsi i quali il processo si chiude. Non sono previsti sconti di pena per il condannato mentre per l’assolto termina ogni procedimento.
Riformata anche la procedura delle indagini preliminari, affidate al controllo del Gip, con l’introduzione di un termine di sei mesi alla durata, decorrente dalla data in cui l’indagato viene iscritto nell’apposito registro. Per i delitti più gravi è previsto un termine di diciotto mesi, ad esempio per indagini su reati di narcotraffico, associazioni mafiose, terrorismo. Resta la livella dei dodici mesi per gli altri reati. Solo una volta il pm potrà chiedere la proroga dei tempi di indagine, per non oltre sei mesi, e solo nei casi di maggiore complessità.
L’azione penale non sarà più a totale discrezione delle procure e il principio della obbligatorietà troverà un ‘correttivo’ nelle indicazioni che verranno dal parlamento che stabilirà le priorità sulle quale concentrarsi.
Si punta infine a sfoltire i fascicoli penali, con una serie di sanzioni alternative come la “messa alla prova”, cioè la possibilità per l’indagato di chiedere subito al giudice nella fase delle indagini preliminari di svolgere lavori socialmente utili. Si preme poi sui riti alternativi come i patteggiamenti.
Il Consiglio dei ministri, al termine della riunione durata circa 2 ore, ha approvato all’unanimità la riforma della giustizia penale. La riunione era stata anche sospesa brevemente su richiesta di Forza Italia, per poter approfondire le norme.
“Il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità gli emendamenti governativi al disegno di legge recante ‘delega al Governo per l’efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d’appellò (A.C. 2435) proposti dal Ministro della giustizia, Marta Cartabia”.
“La riforma Cartabia non è quella che sognavamo ma è finita l’era Bonafede. Oggi Cartabia sbianchetta Bonafede” questo il primo commento del leader di Italia Viva, Matteo Renzi.
“Bene l’accordo sulla riforma penale: va nella direzione caldeggiata dalla Lega nel merito e nel metodo. La prescrizione prevista dalla riforma Bonafede – da me definita bomba atomica – è stata finalmente superata: è un passo importante che avevamo auspicato più volte” ha detto la senatrice della Lega Giulia Bongiorno, responsabile del Dipartimento giustizia del partito.