Lo scorso 10 febbraio, giorno del Ricordo delle vittime delle foibe, nei giardini di Latina era stata inserita una stele per ricordare Norma Cossetto, una studentessa italiana, istriana di un paese vicino Visignano, uccisa da partigiani jugoslavi nel 1943 nei pressi della foiba di Villa Surani.
La famiglia Cossetto viveva nella frazione di Santa Domenica di Visinada (oggi comune della Croazia). Il padre era un dirigente locale del Partito Nazionale Fascista: ricoprì a lungo l’incarico di segretario politico del Fascio locale e di commissario governativo delle Casse Rurali. Inoltre fu anche podestà di Visinada. Nel 1943 era ufficiale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e in seguito ai fatti dell’8 settembre fu trasferito presso il Comando della Milizia di Trieste.
Norma si diplomò presso il Regio Liceo Vittorio Emanuele III di Gorizia, per poi iscriversi al corso di lettere e filosofia dell’università di Padova, aderendo, nel frattempo, ai Gruppi Universitari Fascisti della più vicina Pola. A partire dal 1941 alternò lo studio a supplenze scolastiche a Pisino e a Parenzo e nell’estate 1943 stava preparando la tesi di laurea intitolata Istria Rossa (il rosso del titolo è relativo alla terra ricca di bauxite dell’Istria).
Licia Cossetto, sorella di Norma, testimoniò che dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, la famiglia iniziò a ricevere minacce di vario genere finché il 25 settembre successivo un gruppo di partigiani jugoslavi e italiani razziò l’abitazione dei Cossetto e, il giorno successivo, Norma fu convocata presso il comando partigiano, composto da combattenti sia italiani che jugoslavi, che aveva sede nell’ex-caserma dei carabinieri di Visignano; lì la studentessa fu invitata a entrare nel movimento partigiano, ma ella oppose un netto rifiuto.
L’indomani Norma Cossetto fu arrestata e condotta all’ex-caserma della Guardia di Finanza di Parenzo insieme ad altri parenti, conoscenti e amici. Norma Cossetto fu tenuta separata dagli altri prigionieri e sottoposta a sevizie e stupri dai suoi carcerieri, che abusarono di lei mentre veniva tenuta legata su di un tavolo. L’episodio della violenza carnale fu poi riferito da una donna abitante davanti alla scuola, che, attirata da gemiti e lamenti, appena buio osò avvicinarsi alle imposte socchiuse vedendo Norma legata al tavolo.
La notte tra il 4 e 5 ottobre tutti i prigionieri legati con fili di ferro furono condotti a forza a piedi fino a Villa Surani. Lì, ancora vivi, furono gettati in una foiba li presente.
Questo è quanto e questo è storia.
Ritorniamo a Latina, e ritorniamo alla lapide, visto che 24 ore dopo la cerimonia era comparso sulla lapide un simbolo anarchico e indegno, sempre tracciato con la vernice rossa.
L’unica colpa che aveva la Cossetto è stata quella di essere fascista.
Il presidente Ciampi le conferì la medaglia d’oro al merito civile nel 2005.
Parlare oggi di violenza partigiana è pericoloso in quanto, diversamente dal fascismo, relegato nei relitti della storia, è ancora viva e ‘feroce’ la loro manifestazione che, purtroppo, non vive nella storia ma nella cronaca odierna.
‘Foiba rossa. Norma Cossetto, storia di un’italiana’, è il titolo del testo pubblicato da ‘Ferrogallico Editrice’ con testo di Emanuele Merlino e grafica di Beniamino Delvecchio.
‘Sono arrivate minacce di morte, abbiamo annullato tutto per tutelare le forze dell’ordine’, ha spiegato l’assessore veneto all’Istruzione, Elena Donazzan, che aveva fortemente voluto l’iniziativa e che ha ceduto sull’annullamento solo quando il livello di allerta è arrivato oltre la soglia del sostenibile. All’inizio volevo mantenere inalterato il programma. Le istituzioni non possono farsi intimorire, ha spiegato Donazzan al Giornale, ricordando che Norma Cossetto era una studentessa, e Concetto Marchesi, rettore dell’università di Padova, che nel 1949, supportato dall’intero consiglio di facoltà di Lettere e Filosofia dell’università patavina, propose il conferimento della Laurea ad honorem. È, quindi, un suo diritto essere ricordata nella ‘sua’ università.
Alla presentazione avrebbero dovuto partecipare, oltre a Donazzan, gli autori dell’albo Emanuele Merlino e Beniamino Delvecchio, l’editore Federico Goglio, il giornalista Fausto Biloslavo, la prorettrice per le Pari università Annalisa Oboe, il direttore dell’Esu Stefano Ferrarese e il vicepresidente del Consiglio regionale Massimo Giorgetti. Un parterre professionale, culturale e istituzionale, che però secondo gli antifascisti dell’università di Padova rappresenterebbe ‘forze intolleranti’ alle quali ‘non si può concedere spazio’.
All’Esu, sede dell’azienda per il diritto allo studio in cui sarebbe dovuta tenere la presentazione di ‘Foiba rossa’, Donazzan informa che terrà una conferenza stampa in cui, ha annunciato, dirà ‘cose pesanti’. Non solo, l’assessore ha anche fatto sapere che la presentazione del fumetto è solo rinviata di un paio di settimane e che ora, dopo quella alla Camera, avverrà in un’altra sede di altissima rappresentanza istituzionale: il Consiglio regionale del Veneto.
E’ gravissimo e inconcepibile, raccapricciante e ingiustificabile, impedire con forte violenza di ricordare la morte di una ventitrenne che, fascismo o meno, fu uccisa e violentata. Infiobare il ricordo, cari antifascisti vi rende ‘vergognosi’, al di là della storia, del presente e del futuro. Una cappa indegna e ‘nera’ vi sovrasta, oggi come ieri, nelle parole, nei pensieri e nelle azioni…
In una nota l’Esecutivo Nazionale del Comitato 10 Febbraio è chiaro: ‘Il Comitato 10 Febbraio esprime una ferma condanna a queste esecrande forme di intimidazione subdola e antidemocratica e altresì rammarico per la decisione degli organizzatori di sospendere l’iniziativa, facendo vincere la paura e la prepotenza e dispiace anche il silenzio del rettorato, che avrebbe dovuto prendere una posizione, visto che era l’ospite dell’iniziativa. Davanti a una mobilitazione ufficiale delle Istituzioni accademiche i violenti sarebbero stati isolati. Nel 2018, a 14 anni dall’istituzione della Legge del Ricordo (firmata dal Parlamento alla quasi unanimità), è impensabile che in un Paese democratico non si possa presentare un lavoro che racconta una storia drammatica ai danni di una nostra connazionale solo perché a un gruppo di estremisti ‘non piace’. Ci sconvolge, poi, l’assoluta insensibilità riguardo a temi di violenza di genere da parte di gruppi che si definiscono di femministe, a testimonianza che ci sono violenze sessuali e morti di serie A e serie B ancora oggi. Il clima in atto circa il dramma del nostro Confine Orientale è preoccupante e deve far riflettere. Auspichiamo un intervento deciso e chiaro da parte delle Istituzioni’.
Roberto Cristiano