Roma - Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con S.E. il Signor Lewis M. Eisenberg, Ambasciatore degli Stati Uniti d'America, in visita di congedo, oggi 4 gennaio 2021. (Foto di Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Governo Draghi: La scelta dei ministri verrà fatta di comune accordo con Mattarella

Al termine delle consultazioni, il presidente del Consiglio incaricato ha fatto formalmente sapere alle forze politiche che per la formazione della squadra di governo verrà applicato l’articolo 92 della Costituzione. ‘Alla lettera’. Vuol dire che saranno solo Mattarella e Draghia decidere la compagine ministeriale, scegliendo in piena autonomia  i politici che ne faranno eventualmente parte.

L’esecutivo non è espressione dei partiti ma un governo del presidente  stroncando  le ambizioni dei segretari di partito.  Il Consiglio dei ministri dovrebbe essere composto per metà da donne e per l’altra metà da uomini. E qui sostanzialmente finiscono le informazioni concesse alle forze politiche.

In realtà al comitato politico del suo partito, Zingaretti ha spiegato altro, specificando che i dicasteri di peso saranno in mano ai tecnici, mentre i politici serviranno a stabilizzare l’esecutivo.

Draghi deve solo superare l’ultimo ostacolo: il voto dei grillini sulla piattaforma Rousseau.

Quando  ha bloccato la consultazione interna, Grillo era terrorizzato dalla prospettiva che potesse vincere il ‘no’ al governo istituzionale. Di qui l’appello a Draghi  perché facesse un endorsement pubblico a favore del ministero della Transazione ecologica.

Era chiaro che Draghi non avrebbe ceduto al diktat grillino, pronto a fermare fino a venerdì il referendum: concedeva solo ventiquattrore. A quel punto Ed è stato a quel punto che è stato affidato alla presidente del Wwf la  notizia che il presidente del Consiglio ha  annunciato che ci sarà un ministero per la Transizione ecologica. E’ escluso che possa gestire la parte più cospicua del Recovery fund. Tanto è bastato per far esultare i grillini che appoggiano Draghi e che oggi apriranno e chiuderanno il referendum in orario d’ufficio: dalle 10 alle 18.

Domani  sarà il primo giorno utile per la visita di Draghi al Quirinale con la la lista dei ministri.

Draghi ha uno stile di lavoro e decisionale fuori dagli schemi italiani. In tutto e per tutto il suo è un metodo che potremmo definire anglosassone. Per un decennio abbiamo potuto osservarlo da vicino professionalmente, da Direttore generale del tesoro a capo del CIPE e infine da responsabile del Comitato per le privatizzazioni IRI. Questo suo metodo, è talmente democratico nel senso più profondo del termine, per cui anche chi non è esperto del tutto su alcuni argomenti, può comunque suggerire proposte, in virtù delle sue intuizioni intellettuali.

Sarà dura lavorare con lui da parte di esponenti politici che invece vivono sulle cooptazioni, le autoreferenzialità, gli interessi personali o di partito. Ma Draghi questo vizio italico della nostra classe politica, lo conosce da decenni. Fin da quando, come direttore generale del Tesoro, dirigeva anche il CIPE (Comitato per la programmazione economica), il maggior centro di spesa dello Stato, da dove partono i finanziamenti alle iniziative decise dai vari governi.

Draghi usa scegliere il suo staff per meriti, curricula esaminati con minuziosità, senza farsi condizionare da ‘conoscenze’ esterne, raccomandazioni o simpatie politiche. Nelle riunioni è abituato ad ascoltare tutti, anche i collaboratori ancora in fondo alla gerarchia. Le decisioni operative vengono prese in prima persona da lui, dopo averle condivise con lo staff, che gli ha sottoposto i vari report.

Un ‘primus inter pares’, che comunque si prende interamente le sue responsabilità e difende le sue scelte in prima persona, senza mai addossare allo staff errori o sconfitte. I successi invece vengono condivisi. Per questo, ovunque abbia ricoperto incarichi di vertice (al Tesoro, in Bankitalia, alla BCE), ha lasciato un ricordo di efficienza e di cordialità. E ha permesso, da buon professore universitario, di far crescere quanti collaboravano con lui, ha loro aperto le porte di future carriere per merito, non per ‘spirito di cordata’.

Metodo imparato quando studiava al MIT di Boston con professori ‘premi Nobel per l’economia’ come Franco Modigliani e Robert Solow, poi perfezionato con Ciampi e gli altri economisti ribattezzati ‘Ciampi boys’.

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