Dopo il tribunale civile di Roma sull’originario decreto interministeriale, era il 18 ottobre, il tribunale di Bologna e quello di Roma propongono un rinvio del decreto approvato il 21 ottobre alla Corte di Giustizia UE, e il tribunale di Catania nega il rimpatrio di un migrante in Egitto perché non è un Paese sicuro.
Il segretario di Magistratura Democratica Stefano Musolino aveva spiegato: “In caso di conflitto tra la norma nazionale e quella comunitaria i magistrati sono obbligati ad applicare quella europea. E questo vale anche per un decreto legge. Finirebbe solo per esasperare il conflitto, come capita con l’ordine dato a nave Libra di prelevare migranti a sud di Lampedusa mentre piovono i ricorsi contro il decreto’’.
Nel pomeriggio alcune persone – il numero è ancora imprecisato – sono state prese a bordo dalla nave della Marina Militare. Dopo una selezione informale a bordo – per escludere donne e minori, malati e traumatizzati – i rimanenti saranno trasferiti nell’hotspot albanese di Shenjing e quindi, dopo un ulteriore controllo, i restanti andranno nel centro rimpatri di Gyader. Qui, com’è già accaduto per il primo trasferimento, quello del 15 ottobre, presenteranno domanda d’asilo e in collegamento video con gli avvocati assegnati d’ufficio a Roma, assistiti da personale del Cpr, parteciperanno all’udienza di convalida del trattenimento.
La domanda è unica: può bastare il decreto del governo a stabilire che un Paese di rimpatrio è sicuro? Il governo ovviamente ritiene di sì, sostiene che si tratta di una scelta politica che spetta all’esecutivo. Mentre tutte le decisioni prese dai giudici – nelle sedi di Roma, Bologna e Catania – hanno in comune la risposta negativa: vanno verificate caso per caso le condizioni di ciascun Paese. E sulla questione della legittimità deve esprimersi la corte di Giustizia europea, fedele interprete e quindi fonte normativa della direttiva (32/2013) sui rimpatri.
Il Bangladesh può definirsi un paese sicuro? Secondo il governo italiano sì, tanto che lo ha inserito nella lista aggiornata del decreto seguito al pasticcio dell’hub albanese. Secondo un cittadino bengalese no, tanto che ha presentato ricorso al tribunale di Bologna facendo presente che nel suo caso il rimpatrio tutto potrebbe essere tranne che il ritorno in un posto sicuro. Effettivamente, in Bangladesh, alcune categorie di cittadini sono più a rischio di altre: gli omosessuali per esempio, che se individuati rischiano la reclusione a vita.
Legittimo dunque che il tribunale di Bologna, facendo seguito al ricorso, si rivolga alla Corte europea del Lussemburgo per avere delucidazioni: il Bangladesh è o no un paese sicuro? Come collocare giuridicamente il fatto che possa essere «parzialmente» sicuro, o comunque non sicuro per tutti allo stesso modo?
«Salvo casi eccezionali – scrivono i giudici di Bologna – la persecuzione è sempre esercitata da una maggioranza contro alcune minoranze, a volte molto ridotte. Si potrebbe dire, paradossalmente, che la Germania sotto il regime nazista era un paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca: fatti salvi gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori politici, le persone di etnia rom ed altri gruppi minoritari, oltre 60 milioni di tedeschi vantavano una condizione di sicurezza invidiabile». Non sappiamo se era possibile formulare in una sola frase un così consistente numero di errori concettuali, ma proviamo comunque a sintetizzarli: intanto «la condizione di sicurezza invidiabile» applicata alla Germania nazista rinnega la quotidianità cupa e violenta di quegli anni (un solo libro, a caso: «Ognuno muore solo» di Hans Fallada). A seguire, l’allusione secondo cui il regime nazista appartiene a un orizzonte di senso paragonabile al governo italiano, cosa che davvero tracima dalle coordinate del dibattito pubblico in un paese democratico come il nostro, con tutte le sue imperfezioni. Infine, la drammatica e un po’ ingenua caduta nel cosiddetto «algoritmo Hitler», ovvero lo sbocco più vieto e infantile verso cui condurre un ragionamento o, come in questo caso, un giudizio. Una mossa che certo non aiuta la dialettica tra governo e magistratura, e che è molto poco in linea con quella de-escalation chiesta proprio pochi giorni fa dal presidente Mattarella.
Palazzo Chigi spiega: “Nessuno stop – si legge – anche perché quel che sta accadendo conferma quel che sostenevamo sin dal principio: il problema non è il Memorandum firmato con Tirana, il problema vero è che, stando alle pronunce di alcuni giudici, i rimpatri non avrebbero più ragione d’essere, dovremmo tenerci tutti gli irregolari in Italia. E così non può andare…”.
Dopo i primi rinvii, Salvini attacca i giudici comunisti colpevoli di rendere insicura anche l’Italia: “Per colpa di alcuni giudici comunisti che non applicano le leggi, il Paese insicuro ormai è l’Italia. Ma noi non ci arrendiamo!”.
Il leghista, ha passato la giornata a fare l’elenco – sempre via social – dei reati o presunti tali attribuibili a migranti irregolari: il sindaco di Succivo, in provincia di Caserta, ha richiamato due ragazzi nordafricani, un minore e un diciottenne, che buttavano petardi in un cestino dell’immondizia. I due lo hanno aggredito con botte e spray. Salvini registra l’evento sdegnato. Alla stazione di Tivoli, una ragazza 16enne è stata molestata da un cittadino bengalese ubriaco. Ancora la censura di Salvini. Il fatto più grave alla stazione di Rivarolo, nel genovese, dove “un capotreno è stato accoltellato da nordafricani senza biglietto”. I lavoratori delle ferrovie (tutto il personale dipendente dalle società di trasporto Trenitalia, Fs Security Trenord Srl, Trenitalia Tper e Italo Ntv) scioperano per 8 ore per chiedere “un fermo e risolutivo intervento a tutela della sicurezza e dell’incolumità delle lavoratrici e dei lavoratori che quotidianamente prestano servizio alla collettività”. I sindacati chiedono più forze dell’ordine, e si rivolgono al governo e alle aziende partecipate.
Salvini esprime – per una volta – solidarietà agli scioperanti e dà la colpa ai migranti. “Il nostro impegno per contrastare la criminalità è costante e dimostrato anche dagli investimenti su FS Security. È ovvio che è necessario combattere con maggiore determinazione anche l’immigrazione illegale: troppo spesso i clandestini sono protagonisti di episodi violenti sui treni e nelle stazioni’’.
La Lega fa prima un improbabile paragone tra i turisti che vanno in Egitto e i migranti rimpatriati (ma persino per il sito della Farnesina ‘Viaggiare sicuri’ il paese di Al Sisi non è completamente sicuro).
La Lega informa che “l’Egitto è una meta sempre più gettonata per le vacanze, tanto che nel 2023 ha segnato un numero record di visitatori: 14,9 milioni, di cui 850mila dall’Italia. In altre parole, l’Egitto è un Paese sicuro per tutti, tranne che per i clandestini che – secondo alcuni giudici di sinistra – non possono tornarci”. Quindi il partito di Salvini torna all’attacco delle toghe rosse, ma questa volta ripresi sul piano (scivoloso) della produttività. “L’unico ostacolo all’esercizio del loro delicatissimo lavoro – dice il Carroccio – sembra essere la tendenza a partecipare a convegni e talk show quando sarebbe auspicabile vederli sempre di più in tribunale”.
Le decisioni prese dai magistrati, la più invisa all’esecutivo arriva da Catania, dove il magistrato non ha convalidato il trattenimento disposto dal questore di Ragusa di un migrante arrivato dall’Egitto e sbarcato a Pozzallo. Il decreto Paesi sicuri, ha scritto, “non esime il giudice dall’obbligo di verifica della compatibilità” della definizione di un Paese come sicuro o meno “con il diritto dell’Unione europea, come affermato in modo chiaro e senza riserve dalla Corte di giustizia”. Il magistrato deve verificare se lo stato di rimpatrio è sicuro perché è questo che giustifica “la procedura accelerata” di rimpatrio, procedura che comporta “effetti limitativi dei diritti del richiedente”. La questione riguarda anche i migranti trasferiti in Albania, perché ai sensi del memorandum d’intesa anche in quel caso si applica la procedura accelerata. “Arrendersi – dice Palazzo Chigi – vorrebbe dire sostenere non solo che il modello Albania è sbagliato, mentre invece è destinato a diventare un modello in Europa. Ma anche rinunciare al meccanismo dei rimpatri tout court”.
Detto con le parole del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi “il progetto Italia-Albania non può non proseguire”. Le questioni giudiziarie “si risolvono attraverso percorsi giudiziari”. Cioè con i ricorsi. Per il governo si tratta di non lasciare che le due strutture albanesi restino inutilizzate ancora a lungo. Il Tribunale di Roma, il 18 ottobre scorso, non ha convalidato il trattenimento di 12 migranti, egiziani e bengalesi, portati a Gyader. Da allora i centri costruiti dall’esercito sono rimasti vuoti, popolati solo dal personale di polizia e dai dipendenti della Medihospes (peraltro con contratti trimestrali e in scadenza). Con altrettanti ricorsi alla Corte dei Conti, Italia viva e Movimento Cinque Stelle chiedono di appurare se ci sia stato – e di quale entità – spreco di risorse. Si capisce come il governo voglia darsi una mossa. “L’idea è di sfruttare il più possibile i due centri di Shëngjin e Gyader – viene spiegato da Palazzo Chigi – con numeri crescenti, sempre nei modi e nelle modalità corrette. Il modello Albania è uno dei fiori all’occhiello di questo governo, non permetteremo che ci venga sfilato…”.
“Noi non abbiamo nessuna voglia di scontro, solo che per non scontrarci non possiamo rinunciare al nostro mandato istituzionale, cioè di applicare, interpretando, la legge, all’interno di un complesso normativo molto molto complicato di normative dell’Unione Europea e nazionali”, dice il presidente Giuseppe Santalucia. “Una volta – spiega – erano i pm, le ‘toghe rosse’ delle Procure, ad essere attaccati, mentre i giudici venivano risparmiati, ora invece sono proprio i giudici ad essere accusati di parzialità”.
A tutela del collegio bolognese, il Csm apre un fascicolo, per proteggere i magistrati da “dichiarazioni fortemente polemiche di titolari di altissime cariche istituzionali”, da “una inaccettabile pressione” e “un obiettivo condizionamento per quelli che in futuro si dovranno occupare delle medesime questioni”. Magistratura Indipendente, la corrente più moderata della magistratura si spacca. Tre magistrati non firmano e con loro i laici di centrodestra. Quattro giudici di MI invece aderiscono. Ma lo scontro è destinato a durare. Sabato Magistratura Democratica celebra a Roma i 60 anni, con un convegno al quale parteciperanno tra gli altri Elly Schlein, Pierluigi Bersani, Giuseppe Conte, Nichi Vendola, oltre ai magistrati Santalucia, Albano, Musolino. Nel programma c’è anche il ministro Carlo Nordio: “Il ministro ha assicurato la sua presenza”.