Governo Meloni e le mezze verità di Fiat/Stellantis sulle centinaia di miliardi pubblici ricevuti

Stellantis, come ha detto il suo presidente John Elkann, va bene e non ha bisogno di una partecipazione dello Stato italiano, tanto più che ha un rating migliore di quello dell’Italia: BBB+ contro BBB. Questo anche perché è già partecipata dallo Stato francese, che ha un rating di tutto rispetto: AA.

In Olanda Exor, Peugeot e lo Stato francese si apprestano ad aumentare il loro peso in assemblea, oltrepassando nell’insieme il 40% dei diritti di voto e — di fatto — assumendo il totale controllo della società. La holding degli Angelli-Elkann continua a possedere una quota del 14,9% nel gruppo guidato da Carlos Tavares, ma da un documento depositato alla Sec il 17 gennaio emerge che Exor ha aumentato i suoi diritti di voto in Stellantis al 25,9%. Questo è stato possibile grazie allo statuto della casa automobilistica, un socio che ha detenuto azioni Stellantis per un periodo ininterrotto di almeno tre anni può ricevere un’azione a voto speciale in aggiunta a ciascuna azione ordinaria che possiede.  Per farlo il socio deve semplicemente iscrivere le proprie azioni in un particolare “Loyalty Register”, come si legge ancora nello statuto di Stellantis.

La holding degli Agnelli-Elkann lo ha già fatto e dallo scorso 17 gennaio il suo peso in assemblea varrebbe il 25,9% dei diritti di voto. Quando si arriverà alla prossima assemblea, però, anche Peugeot e BpiFrance (lo Stato francese) verosimilmente avranno esercitato la stessa opzione usata da Exor, aumentando i loro rispettivi diritti di voto. Cosa significa questo? Come spiegano da ambienti vicini a Exor, entro febbraio matureranno anche i diritti degli altri azionisti, in ordine di peso la famiglia Peugeot e Bpi, e per questo motivo la percentuale di diritto di voto in capo a Exor potrebbe variare ancora (e riscendere attorno al 22-23%), venendo diluita dall’aumento dei diritti di voto degli altri azionisti. Quindi alla fine di tutto la proporzione tra i principali azionisti non dovrebbe variare, mentre il 3,2% residuo della cinese Dongfeng presto scenderà all’1,58%. A variare, però, è il peso complessivo che avranno in assemblea i tre grandi soci Exor, Peugeot e Bpi insieme. Secondo le prime indicazioni in base allo stesso schema già utilizzato da Exor, i Peugeot che al momento possiedono circa il 7,13% (ma con un’opzione per salire fino all’8,5%) avrebbero quasi il 12% dei diritti di voto in assemblea, mentre lo Stato francese che possiede il 6,1% delle quote, grazie alle azioni maggiorate avrebbe almeno il 10% dei voti. Sommando i diritti di voto dei tre grandi soci, Exor, Peugeot e Bpi insieme potrebbero sfiorare il 45%: un controllo pressoché totale dell’assemblea.

Il sistema inserito nello statuto di Stellantis farà quindi emergere una differenza sempre maggiore tra fondi e azionisti stabili, rafforzando più di tutti la posizione di Exor come azionista con la quota maggiore. In Europa, intanto, Stellantis nel 2023 ha registrato una crescita delle vendite pari al 5,9% in tutti i segmenti e per tutte le propulsioni, terminando l’anno al secondo posto nelle vendite del mercato europeo (27 paesi membri Ue più Svizzera e Regno Unito), forte di una quota di mercato del 18,4% su base annua. Stellantis fa meglio ancora nel segmento dei veicoli commerciali, con una quota di mercato costantemente superiore al 30%. Le vendite complessive sono in crescita rispetto allo scorso anno nei principali mercati europei: +2,2% in Francia, +5% in Germania, +10,6% in Italia, +3,5% in Spagna, +16,8% nel Regno Unito. I risultati sono stati positivi anche nel resto d’Europa, con una crescita importante anche in Belux, Irlanda, Portogallo e Svizzera. Nel complesso, Francia, Italia e Portogallo primeggiano nelle vendite a livello complessivo, mentre Francia, Portogallo e Spagna nelle vendite nel mercato elettrificato. Nel mercato dei veicoli a batteria (Bev), dove compete con modelli come Fiat 500e, Opel Corsa electric, Jeep Avenger e Peugeot e-208 (ed è in arrivo la 3008 prodotta sulla piattaforma Stla medium), Stellantis sta crescendo rapidamente, con un aumento del 14% rispetto al 2022 e una quota di mercato del 14,2% in Europa, primeggiando in vari segmenti. Il segmento dei veicoli commerciali registra una quota di mercato costantemente superiore al 30%, con la business unit Stellantis Pro One leader di settore. Nei principali mercati europei le vendite sono in crescita rispetto all’anno precedente: +10,6% in Italia, +2,2% in Francia, +5% in Germania, +3,5% in Spagna e +16,8% nel Regno Unito. I risultati sono stati positivi anche nel resto d’Europa, con una crescita importante anche in Belux, Irlanda, Portogallo e Svizzera. Nel complesso, Francia, Italia e Portogallo primeggiano nelle vendite a livello complessivo, mentre Francia, Portogallo e Spagna nelle vendite nel mercato elettrificato.

Per Stellantis sono stati giorni tutt’altro che facili, con le tensioni col governo Meloni che si sono fatte sempre più accentuate e con una serie di botta e risposta che hanno fatto incrinare ancora di più il rapporto tra il Gruppo e l’esecutivo. Ma a distanza di qualche ora, in una nota è arrivata una delle notizie più importanti che era già nell’aria: la produzione delle auto Maserati resterà in Italia.

Il primo marchio di lusso italiano a sviluppare e produrre vetture 100% elettriche, infatti, non si muoverà dai confini del Bel Paese, con tutte le vetture del Tridente che verranno disegnate, sviluppate e confezionate a Modena e dintorni.

Una notizia che, come detto, circolava già da alcune settimane, ma non era scontata. Soprattutto dopo i toni accesi tra la premier Giorgia Meloni e Carlos Tavares, con accuse e risposte che hanno portato i rapporti tra l’esecutivo e il Gruppo a essere ai minimi storici. Parole, da una parte e dall’altra, che non sono di certo piacevoli sentire in un momento in cui il settore dell’automotive sta cercando la spinta verso una crescita interrotta a causa della crisi, una crescita che per determinati marchi può proseguire tra i confini nostrani.

E allora la notizia più importante, quella più bella, è che Maserati non si schioderà dal territorio nel futuro prossimo. Infatti Stellantis, tramite una nota, ha fatto sapere che tutti i modelli del Tridente resteranno in sviluppo e produzione in Italia. Unico marchio di lusso del Gruppo, e unico d’élite a sviluppare in Italia veicoli 100% elettrici, la Casa di Modena proseguirà dunque la propria storia proprio dov’è nata e cresciuta.

Non ci sarà spazio, almeno nel futuro più vicino, a un trasferimento produttivo lontano dal Bel Paese, perché i veicoli di oggi e di domani saranno tutti marchiati col made in Italy. E mentre dal Tridente suona il campanello dall’allarme con la produzione in calo e la conseguente scelta della cassa integrazione per alcuni dipendenti, Stellantis spinge il brand di lusso per tentare la ripresa.

E in Maserati non vogliono sprecare l’occasione, vogliono sfruttare la fiducia del Gruppo per proseguire una storia ricca di successi. L’obiettivo, come sottolineato dal Ceo Davide Grasso, è quello di proseguire il cammino verso l’elettrificazione, col Tridente che vuole farsi apripista tra i marchi di lusso.

“Guidati dal nostro cuore modenese stiamo avanzando a pieno regime per guidare il cambiamento verso l’elettrificazione, con la versione 100% elettrica di due dei nostri modelli iconici già in commercio e un altro modello in arrivo quest’anno. Offriremo ai nostri affezionati clienti le Maserati più potenti di sempre, spingendoci oltre i confini del piacere di guida, in una nuova era” ha detto il Ceo.

Grassi ha quindi specificato che il piano strategico a lungo termine del brand è quello di lasciare un segno nel mondo del lusso grazie all’eccellenza manifatturiera italiana, puntando costantemente su una qualità distintiva che possa garantire ai clienti i prodotti migliori che riflettono i valori della Casa del Tridente.

E Maserati, che gioca un ruolo importante nel portafoglio del Gruppo,  rientra nel piano strategico di Stellantis Dare Forward 2030 annunciato a marzo 2022, ed è parte integrante dell’organizzazione a matrice globale.

Il 2024 sarà quindi un anno importante per il brand, con tutti i nuovi modelli Maserati che saranno dotati di motori 100% elettrici per cercare di garantire l’evoluzione e la crescita tanto sperata dall’azienda all’interno di un segmento di mercato ricco di sfide e cambiamenti da affrontare con la massima determinazione.

Dopo le sportellate arrivate da Giorgia Meloni durante il questione time, un “portavoce di Stellantis Italia” ha voluto mettere in chiaro la questione. Il gruppo, ha spiegato, «è fortemente impegnato in Italia e lo ha fatto negli ultimi anni. L’azienda ha investito diversi miliardi di euro nelle attività italiane per nuovi prodotti e siti produttivi». E non è tutto, perché «oltre il 63% dei veicoli prodotti lo scorso anno negli stabilimenti italiani di Stellantis sono stati esportati all’estero, contribuendo così alla bilancia commerciale italiana».

Caso chiuso? Non è così semplice. Già perché quei «diversi miliardi» investiti dagli Agnelli-Elkann in Italia dovrebbero essere messi a confronto con le vagonate di miliardi che l’Italia ha investito in Fiat-Fca-Stellantis. Quanti? La cifra esatta, tra incentivi all’acquisto di veicoli, sostegno agli investimenti ed esborsi per la cassa integrazione, non la sa nessuno. Ma tutte le stime arrivano alla stessa conclusione: le somme sono ingenti e tutte, a occhio e croce, ben più alte di quelle che, secondo il “portavoce” il gruppo avrebbe investito. Il calcolo più esorbitante è quello sfornato dal sindacato Cub, che parla di circa 500 miliardi di aiuti concessi dal dopoguerra ad oggi, compresa l’acquisizione del gruppo Alfa Romeo a prezzo di saldo (500mila euro) e lo stabilimento di Melfi pagato dallo Stato per il 50% (1,5miliardi).

Non ci va leggera neanche Federcontribuenti, che nel 2012, valutò in circa 220 miliardi il bottino incassato dal gruppo torinese dal 1975 tra contributi a fondo perduto, casse integrazioni, prepensionamenti e rottamazioni. Cifra forse esagerate. Ma sempre nel 2012 il deputato di Fratelli d’Italia, Masso Corsaro, quantificava, in una interrogazione parlamentare, in circa 100 miliardi i finanziamenti diretti e indiretti. Ben più bassa, ma sempre assai consistente, è invece la rilevazione effettuata dalla Cgia di Mestre, secondo cui tra il 1977 e il 2012 la Fiat avrebbe ricevuto contributi a fondo perduto per circa 7,6 miliardi di euro.

Ma non c’è bisogno di andare così indietro nel tempo per verificare quanto lo Stato sia stato generoso con il suo principale player dell’automotive. Basti pensare ai 369 milioni con cui il governo supporterà la Gigafactory di Termoli oppure alla maxi linea di credito da 6,3 miliardi concessa dal governo Conte II tramite Intesa Sanpaolo con garanzia Sace a Fca Italy nel 2020, durante la pandemia, per «preservare la filiera automotive italiana». Il prestito è stato restituito in anticipo da Stellantis nel 2022, ma la produzione non è ancora tornata ai livelli pre-Covid, mentre dal 2021 il gruppo ha lasciato a casa quasi 8mila lavoratori. E dal 2000 molti di più visto che i dipendenti Fiat in Italia erano 74mila e oggi quelli di Stellantis sono circa 45mila, di cui 26mila nell’auto e di cui la maggior parte e in Cig una o due settimane al mese

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