Si torna a parlare di libertà di abortire in Italia, della legge 194 e dei movimenti che si oppongono all’IVG. La maggioranza di governo ha infatti approvato un emendamento al decreto Pnrr che sottolinea la possibilità per le associazioni pro vita antiabortiste di entrare nei consultori.
Oggi in Italia la donna può richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Dal 1978 questo intervento è regolamentato dalla Legge 194/78, che descrive con chiarezza le procedure da seguire in caso di richiesta di interruzione di gravidanza:
esame delle possibili soluzioni dei problemi proposti
aiuto alla rimozione delle cause che porterebbero all’interruzione della gravidanza
certificazione
invito a soprassedere per sette giorni in assenza di urgenza, sia entro che oltre i primi 90 giorni di gravidanza.
Obiettivo primario della legge è la tutela sociale della maternità e la prevenzione dell’aborto attraverso la rete dei consultori familiari, un obiettivo che si intende perseguire nell’ambito delle politiche di tutela della salute delle donne.
Un’analisi del fenomeno “Interruzione volontaria di gravidanza” è contenuta nelle relazioni che il Ministro della Salute annualmente presenta al Parlamento.
Esistono due tecniche per eseguire una interruzione volontaria di gravidanza:
metodo farmacologico
metodo chirurgico.
- Interruzione volontaria di gravidanza attraverso il metodo farmacologico
E’ una procedura medica, distinta in più fasi, che si basa sull’assunzione di almeno due principi attivi diversi, il mifepristone (meglio conosciuto col nome di RU486) e una prostaglandina, a distanza di 48 ore l’uno dall’altro.
Il mifepristone, interessando i recettori del progesterone, necessari per il mantenimento della gravidanza, causa la cessazione della vitalità dell’embrione; l’assunzione del secondo farmaco, della categoria delle prostaglandine, ne determina l’espulsione.
In Italia è possibile ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico dietro richiesta della persona interessata.
Il 12 agosto 2020 il Ministero della Salute ha diffuso la circolare sull’aggiornamento delle Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine, passate al vaglio del Consiglio Superiore di Sanità, che il 4 agosto ha espresso parere favorevole al ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico con le seguenti modalità:
fino a 63 giorni pari a 9 settimane compiute di età gestazionale
presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale ed autorizzate dalla Regione, nonché consultori, oppure day hospital.
Successivamente al parere del Consiglio Superiore di Sanità, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) il 12 agosto ha emanato la Determina n. 865 – Modifica delle modalità di impiego del Medicinale Mifegyne a base di mifepristone (RU486).
Le nuove linee di indirizzo sostituiscono quelle del 2010.
- Interruzione volontaria di gravidanza attraverso il metodo chirurgico
Anche se negli ultimi anni le donne ricorrono sempre più spesso al metodo farmacologico, l’interruzione di gravidanza, attraverso il metodo chirurgico, resta comunque molto praticata.
L’intervento può essere effettuato, in anestesia generale o locale, presso le strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale e le strutture private convenzionate e autorizzate dalle Regioni.
La notissima 194, che, a leggere per esteso, consiste di 22 articoli sotto il titolo di “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”. Dove l’aggettivo chiave è proprio quello: “volontaria”.
Parliamo dell’emendamento al dl Pnrr sostenuto da Fratelli d’Italia (primo firmatario Lorenzo Malagola), in cui si prevede che le Regioni, nell’organizzare i servizi dei consultori, “possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”, visto che già la 194 prevede figure diverse nei consultori, con grandissime differenze, a volte, tra i territori?
A cosa serve un emendamento, addirittura blindato dal partito di governo con la fiducia, se sposta di poco o nulla la realtà dell’applicazione di una legge che è sempre stata sotto attacco da parte delle destre, che pur dicendo “ma noi non vogliamo mica abolirla” hanno comunque fatto di tutto, sempre, per depotenziarla e svuotarla?
Volete davvero aiutare le donne che vogliono abortire? Consentite loro di ricorrere in ambulatorio (si può fare in sole 3 regioni su 20!) all’aborto farmacologico – enormemente meno doloroso, invasivo e rischioso di quello chirurgico, oltre che molto più economico per le casse dello Stato, e con l’altro enorme vantaggio di minimizzare l’impatto dell’obiezione di coscienza (che in regioni come la Basilicata, il Molise o la Sicilia supera l’80%!) – o aiutatele comunque, per evitare che in troppe debbano sobbarcarsi lunghissimi viaggi per trovare un ospedale dove praticare l’aborto.
Infine, è triste constatare che – al netto di emendamenti-propaganda e regolamenti di conti nella maggioranza – tutta questa proclamata attenzione a natalità e maternità non si traduce in vera tutela del benessere della donna e del rispetto della sua volontà: un diritto, quello, sì.
Con un post su X il ministro spagnolo dell’Uguaglianza, Ana Redondo, è entrata a gamba tesa nel dibattito italiano sulla 194, scaturito dall’emendamento al decreto Pnrr che prevede la possibilità di coinvolgere nei consultori le realtà del terzo settore “con qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”, ovvero che ricalca quanto già previsto dalla legge. “Permettere molestie organizzate contro le donne che vogliono interrompere la gravidanza significa indebolire un diritto riconosciuto dalla legge. È la strategia dell’estrema destra: intimidire per invertire i diritti, per fermare l’uguaglianza tra donne e uomini”, ha scritto l’esponente del governo Sanchez, rilanciando un articolo sul tema della testata di sinistra Eldiario. Una presa di posizione alla quale ha replicato il premier, Giorgia Meloni.
“Varie volte ho ascoltato ministri stranieri che parlano di questioni interne italiane senza conoscerne i fatti”, ha ricordato il presidente del Consiglio. “Normalmente – ha aggiunto – quando si è ignoranti su un tema si deve avere almeno la buona creanza di non dare lezioni”. È stata poi il ministro per la Famiglia, Eugenia Roccella a rivolgere un consiglio a Redondo e non solo. “Suggerisco ai rappresentanti di altri Paesi di basare le proprie opinioni sulla lettura dei testi e non sulla propaganda della sinistra italiana, che si dichiara paladina della legge 194 ma non ne conosce il contenuto o fa finta di non conoscerlo, dal momento che contesta un emendamento che non fa altro che riprodurre alla lettera un articolo della legge sull’aborto in vigore da 46 anni”.
L’articolo 2 della legge 194 prevede, infatti, tra l’altro, che “i consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita”. Dunque, come ampiamente emerso anche dal dibattito di questi giorni, l’emendamento non è affatto un attacco alla 194, ma semmai uno stimolo per una sua piena applicazione.
Da Madrid si è fatta sentire anche Irene Montero, ex ministra delle Pari opportunità, che durante il suo mandato ha promosso la riforma dell’aborto in Spagna, che garantisce l’interruzione di gravidanza libera e sicura nelle strutture pubbliche a partire dai 16 anni e introdotto il congedo mestruale: “L’aborto è un diritto fondamentale di tutte le donne, è un diritto umano, e fa parte del nostro diritto alla salute”, “con questa decisione quindi il governo italiano sta mettendo a rischio la vita e la sicurezza delle donne, che sono più della metà della popolazione – dice a LaPresse – Quando un governo legittima o finanzia organizzazioni che sono contro i diritti delle donne sta mettendo a rischio le donne e sta rendendo vulnerabili i diritti umani perché l’aborto, i diritti sessuali e i diritti riproduttivi delle donne sono diritti umani”, sottolinea l’ex ministra esprimendo la sua contrarietà “verso tutti questi governi, e in questo caso verso il governo italiano, in questa crociata contro i diritti di più della metà della popolazione”. E aggiunge Montero: “Spero che l’Europa non si volti dall’altra parte e che agisca per impedire che il governo italiano violi i diritti umani e metta a rischio la sicurezza e la vita di più della metà della popolazione”.
Quindici deputati della Lega si sono astenuti in aula alla Camera sull’ordine del giorno del Partito Democratico, che chiedeva al governo l’impegno a non compromettere la piena attuazione della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, la legge 194.
L’esecutivo aveva dato parere negativo. Tra gli astenuti il capogruppo del Carroccio Riccardo Molinari, Giorgia Andreuzza, Davide Bellomo, Davide Bergamini, Ingrid Bisa, Vanessa Cattoi, Rebecca Frassini, Andrea Giaccone, Dario Giagoni, Simonetta Matone, Giovanna Miele, Tiziana Nisini, Attilio Pierro, Laura Ravetto, Edoardo Ziello.
La Camera ha respinto con 93 voti favorevoli, 117 contrari e 18 astenuti l’ordine del giorno presentato dal Pd al decreto Pnrr con il quale i dem chiedevano di assicurare che l’emendamento presentato da FdI sull’aborto (che prevede la presenza dei comitati Pro Life nei consultori) non creasse nessuna limitazione alla piena attuazione della legge 194.