Governo: Salvini e Di Maio attaccano Boeri ma mirano a Tria

Nei giorni scorsi il presidente dell’Inps Tito Boeri è stato oggetto di attacchi diretti prima da parte di Matteo Salvini, che gli ha dato una sorta di avviso di sfratto, poi da Luigi Di Maio, che lo ha accusato di diffondere dati allarmistici.

Davide Tripiedi,  vicepresidente della commissione Lavoro del Movimento 5 stelle è anche il relatore del decreto Dignità. La deadline per la presentazione degli emendamenti è fissata per oggi alle 20. Poche ore  per svolgere tutto il lavoro istruttorio, prima che si debba passare ai voti. Il tutto nei ritagli di tempo, perché nel frattempo l’Aula lavora a spron battuto, e deve avere la priorità. Oggi alle 17.30 l’audizione di Tito Boeri. Una tenzone a distanza tra Boeri che ha messo nero su bianco nella relazione tecnica che il provvedimento farà perdere 8mila posti l’anno, e chi, come Di Maio,  ha bollato la stima come una sciocchezza.

Il presidente dell’Inps non molla di un millimetro. Dentro i calcoli esatti che hanno portato a determinare le stime, travasate nella relazione della Segreteria generale dello stato.  Boeri rivendicherà con spirito battagliero l’indipendenza degli uffici da lui guidati, ma soprattutto la bontà del lavoro svolto.

L’obiettivo è quello di portare la misura tanto voluta dal capo politico del Movimento nell’emiciclo la prossima settimana. Una corsa contro il tempo per approvarla e passarla al Senato in tempo affinché venga licenziata prima della pausa estiva, prevista non oltre il 9 agosto. Gli ambasciatori di Lega e M5s stanno tenendo riunioni su riunioni senza soluzione di continuità. A tema modifiche sui giochi, ma soprattutto sui voucher, che il Carroccio pretende di reinserire sicuramente nel comparto dell’agricoltura, spingendo anche per turismo e famiglie.

Una quadra da trovare anche tenendo conto delle opposizioni.

Secondo pmi.it, il sito delle piccole-medie imprese, l’attacco a Boeri nasconde in realtà un altro obiettivo: il ministro dell’Economia Giovanni Tria, entrato in collisione con Salvini e Di Maio dal consiglio dei ministri in cui ha sottolineato che avrebbe respinto ogni misura priva delle necessarie coperture finanziarie.

In questo quadro, l’aggiornamento del Def previsto per settembre rischia di costituire già una sorta di prova del nove della tenuta dell’esecutivo. Per non parlare poi della legge di Bilancio da presentare in autunno. Perché mentre alcuni passaggi sembrano obbligati, si vedano i quasi 16 miliardi di euro per neutralizzare l’aumento automatico delle aliquote IVA, su altri c’è al momento scarsa chiarezza. Flat tax a reddito di cittadinanza, ad esempio, farebbe schizzare oltre il 3% il rapporto deficit-Pil.

Il Mef vorrebbe infatti rimanere con un rapporto in linea con quello attuale, fra 1,5 e 1,8%. L’Europa, dal canto suo, ci spinge invece a proseguire sulla strada della riduzione sia di quel parametro così come del debito pubblico: è di pochi giorni fa l’ennesimo record certificato dalla Banca d’Italia, con un aumento di 14,6 miliardi sul mese precedente e una vetta di 2.327,4 miliardi.

Margini di manovra, sottolineano le piccole-medie imprese, ce ne sarebbero ben pochi. Il paradosso – si legge – è che finché con i soldi ci paghiamo gli interessi sul debito non potremo tornare a incidere davvero su istruzione, innovazione e infrastrutture.

Ma oltre l’elemento strettamente economico c’è quello politico. Secondo molti osservatori Giovanni Tria sarebbe già nel mirino. Sulla relazione tecnica contenente le stime sugli 8mila posti annui persi per strada a causa della stretta sui contratti a tempo determinato il bersaglio è stato Tito Boeri, presidente dell’Inps. Che ha risposto parlando di ‘attacco senza precedenti’ e di ‘negazionismo economico’. Ma l’obiettivo è il ministro dell’Economia. Tria e il suo gabinetto sarebbero infatti ‘troppo autonomi’ rispetto al governo, spiegano le cronache. Posizione effettivamente verosimile allargando lo sguardo anche ad altri temi essenziali sul tappeto, come gli accordi commerciali internazionali, vedi Ceta,  e le nomine di competenza del Tesoro.

Per questo alcuni funzionari del Mef, quelli sospettati di aver chiesto all’istituto di previdenza di mettere una manina nel decreto dignità dopo che una relazione del ministero del Lavoro aveva assicurato zero impatto sui posti, potrebbero essere ascoltati in audizione alla Camera. In un inedito processo parlamentare.

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