Greek Prime Minister Alexis Tsipras, right, and Greek Finance Minister Euclid Tsakalotos, second right, speak with Greek Foreign Minister Nikos Kotzias after a meeting of eurozone heads of state at the EU Council building in Brussels on Monday, July 13, 2015. A summit of eurozone leaders reached a tentative agreement with Greece on Monday for a bailout program that includes "serious reforms" and aid, removing an immediate threat that Greece could collapse financially and leave the euro. (ANSA/AP Photo/Geert Vanden Wijngaert)

Grecia, accordo fatto ma il Parlamento greco dovrà dare ‘via libera’

La Grecia per essere salva deve ottenere il via libera definitivo agli 82-86 miliardi di aiuti superando un ‘test’ di fiducia, ed approvando in Parlamento, entro 48 ore, quattro riforme, tra cui Iva e pensioni. I deputati di Syriza sono   in rivolta ma è necessario rispettare la tabella di marcia indicata dall’Eurosummit che non ammette ritardi. Alexis Tsipras in realtà finisce sotto il fuoco amico. Il primo siluro lo lancia il ministro dell’Energia, Panagiotis Lafazanis, leader dell’ala radicale di Syriza: “Accordo umiliante”, spara in rete. In serata si sfila anche Panos Kammenos. Il ministro della Difesa e leader dei nazionalisti di Anel, alleati di governo di Syriza, annuncia che in Parlamento il suo partito non sosterrà Tsipras. In sostanza, Syriza perde l’ala radicale e lo ‘junior partner’ di governo. Con Tsipras si schierano i democristiani di Nea Demokratia ed i socialisti del Pasok, proprio quelli che hanno governato la Grecia per 40 anni e l’hanno portata nel baratro, e i centristi di To Potami, considerati emissari degli interessi di armatori e ‘tycoon’ televisivi. I ‘lealisti’, come Iorgos Chondros, assicurano che il partito terrà. Domani, dopo il voto del Parlamento greco, si riunirà un nuovo Eurogruppo per giudicare il lavoro dei deputati e venerdì sull’intesa voterà il Bundestag. L’ok a negoziare il terzo salvataggio all’Esm si avrà quindi solo a fine settimana. L’accordo per avere gli aiuti è costato molto a Tsipras, più di quanto credesse dopo l’euforia post-referendum. Condizioni durissime, peggiori di quelle bocciate dal referendum del 5 luglio, ma che possono permettere ai greci di non fare bancarotta, cosa che non era più scontata.  “Non ci sono vincitori e vinti”, ha detto Tusk. Non vince Angela Merkel che ha lungamente cercato una pesante rivalsa nei confronti degli sfiduciati greci, sino a tentare inutilmente di mettere nero su bianco la minaccia di una cacciata dall’Ue. Non perde Tsipras che si piega davanti all’ordine di chiudere in pochi giorni le riforme che il Paese non ha fatto in anni ma ottiene la promessa di una ridefinizione di oneri e tempi dell’immenso debito. Fa punti la Francia di Hollande che ha protetto Tsipras dalle offensive di Berlino. Ora c’è un nuovo ultimatum e Atene otterrà anche 12 miliardi per pagare la Bce e gli stipendi pubblici sino a metà agosto. Non sono regalati ma è meglio che fallire. Posto che il mancato rispetto degli impegni chiuderà i rubinetti e porterà la Grecia fuori dall’euro.   Il comunicato finale del vertice nega ogni ipotesi di taglio nominale del debito, ma apre a un suo diverso profilo con tempi più lunghi e tassi più bassi. Sarà creato un fondo di garanzia di circa 50 miliardi, con sede ad Atene e non in Lussemburgo come ambivano i tedeschi. La condizione più dura di   tutte è nel creare un fondo dove confluiranno asset pubblici da vendere o monetizzare, per arrivare ad un fondo da 50 miliardi, da cui attingere per pagare il debito Esm. In pratica i creditori prestano aiuti ma chiedono un’ipoteca in beni dello Stato e guideranno i greci con la supervisione delle istituzioni creditrici. Conterrà pezzi di patrimonio e le banche saranno ricapitalizzare con 25 miliardi. I profitti generati da questo strumento, dopo aver sanato il conto del consolidamento del credito, saranno investiti nell’economia greca. Entro il 22 luglio ci deve essere l’ adozione del nuovo codice di procedura civile e il recepimento delle norme Ue per le crisi bancarie. E’, in sintesi, il ritorno della Troika. In attesa dell’accordo e degli esborsi dell’Esm, la Grecia ha bisogno di soldi per pagare i debiti (3,5 miliardi alla Bce il 20 luglio), 2 miliardi al Fmi, più quelli che occorrono per gestire la cosa pubblica in patria. Tsipras ha lottato per 17 ore, soprattutto contro la Germania di Angela Merkel e Wolfgang Schaeuble, ma la sua posizione dopo il referendum era drasticamente più debole. Velenoso è l’ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis: “Avevo un piano ma Tsipras ha ceduto ai creditori”, è la stoccata. Il premier greco partiva con un handicap fortissimo, perché quasi nessuno si fidava di lui, i tedeschi per niente. Sul tavolo il premier si è trovato un documento durissimo dell’Eurogruppo, che lo costringeva anche a fare retromarcia su tutte le misure di sollievo alla popolazione approvate in questi mesi. L’accordo sulla ‘road map’ per arrivare all’apertura dei negoziati con il fondo salva-Stati Esm per il terzo salvataggio è solo una tappa transitoria, che non risolve il problema delle necessità finanziarie di Atene nell’immediato. L’Eurogruppo infatti sta lavorando a un ‘prestito ponte’ per consentire alla Grecia di pagare i debiti con il Fmi e Bce di luglio e agosto, cioè 12 miliardi di euro. Ma anche questa non è cosa facile: “La questione del prestito ponte è molto complessa e ancora non abbiamo trovato la chiave”, ha detto il presidente Jeroen Dijsselbloem, rieletto per un secondo mandato alla guida del’Eurogruppo.

Roberto Cristiano

 

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