E’ terminato con un nulla di fatto l’Eurogruppo sulla crisi greca e la scadenza decisiva è stata rinviata a domani per vedere se Atene, i suoi partner europei e il Fondo monetario internazionale, troveranno un compromesso per evitare che la Grecia si ritrovi in default di pagamento il prossimo 30 giugno e sia costretta a uscire dall’euro. Se ciò avvenisse si tornerebbe alla dracma, una moneta che sarà svalutata almeno del 50 per cento, con un debito colossale e la necessità di importare gran parte delle materie prime. La situazione è difficile e su tasse e pensioni le posizioni sono ancora distanti. La linea del Fmi è durissima, e la Germania è praticamente contro Draghi al quale dice: “Basta aiuti”. Il fallimento di questo negoziato sarebbe per la Grecia un vero cataclisma e metterebbe in dubbio la sopravvivenza della moneta unica. La Grecia, gli europei e l’Fmi lo sanno benissimo e si spera che logica e l’interesse comune prevalgano. I ministri delle Finanze della zona euro ieri hanno invitato le autorità greche ad accettare la proposta messa sul tavolo da Fondo Monetario Internazionale e Banca Centrale Europea, ma le posizioni ancora divergono. Tsipras domani dovrà dire se accetta, o meno, le condizioni poste. Se Atene accetta si procederà rapidamente all’adozione in parlamento delle prime misure chieste dai creditori e il programma di assistenza finanziaria verrà prolungato per altri 3 o 6 mesi e la Grecia potrebbe ricevere 1,8 miliardi di aiuti immediati per rimborsare 1,5 miliardi al Fmi il 30 giugno. Diversamente Atene perderà i 7,2 miliardi che restano nel programma e farà default. I problemi sono due. Il primo è che il governo di sinistra di Atene non vuole tradire le sue promesse elettorali. Syriza aveva garantito la fine dell’austerità conquistando il favore dei greci, e se Alexis Tsipras volesse fare marcia indietro dovrebbe fare i conti con parlamentari pronti a metterlo in minoranza se dovesse spingersi troppo oltre sulla via delle concessioni. A quel punto altri deputati potrebbero accordargli il loro appoggio per formare una nuova maggioranza ma dovrebbe rinunciare al suo tentativo di modificare le politiche europee. Il secondo motivo per prendere sul serio il rischio di un fallimento del negoziato è che molti europei sono convinti che l’uscita della Grecia dall’eurozona sarebbe meno grave rispetto ad accordare reali concessioni al governo di Atene. Un successo diplomatico di Syriza potrebbe compromettere la politica di risanamento dei conti pubblici in Europa ispirando altri paesi a seguire la strada indicata da Atene, mettendo la destra tedesca in condizioni di prendere le distanze da Angela Merkel. Il premier greco è, in pratica, invitato ad abbandonare le sue linee sulla riforma del sistema previdenziale, con aumento dell’età pensionabile e limiti stretti al prepensionamento. Altro problema è rappresentato dalla riforma Iva. Tsipras ha tentato di rilanciare la discussione a livello politico accusando il Fmi di ostacolare l’accordo con una posizione estremista, ma ha ricevuto esclusivamente una durissima risposta dalla Merkel: “Nessuna trattativa e tocca ai ministri delle Finanze prendere domani la decisione”. Per Francois Hollande bisogna sapere quando chiudere un negoziato, ancor più quando è in gioco l’avvenire della Grecia e della zona euro. Ovvero, Tsipras intendi…
Roberto Cristiano