Greece's Prime Minister Alexis Tsipras delivers a speech during a rally organized by supporters of the No vote in Athens, Friday, July 3, 2015. A new opinion poll shows a dead heat in Greece's referendum campaign with just two days to go before Sunday's vote on whether Greeks should accept more austerity in return for bailout loans. (ANSA/AP Photo/Spyros Tsakiris)

Grecia, confronto di piazza fra ‘no’ e ‘sì

Il confronto fra favorevoli e contrari al referendum di domani in Grecia è sceso nelle strade di Atene. Piazze affollatissime, in cui i due fronti hanno lanciati appelli in vista della consultazione.  I due schieramenti sono scesi in piazza: il fronte del ‘sì’ si è dato appuntamento allo stadio Kallimarmaro che ospitò le prime olimpiadi moderne, nel centro di Atene. Il complesso è affollatissimo da migliaia di sostenitori del voto favorevole. Sul palco è stato montato un immenso ‘Nai’ (Sì), stessa parola che compare su centinaia di bandierine rosse che sventolano insieme a tantissime bandiere greche. A piazza Syntagma ad Atene, si sono riuniti i contrari alla proposta dei creditori. Davanti al Parlamento è stato allestito un palco dal quale, dopo le 21 (le 20 in Italia), dovrebbe prendere la parola il primo ministro Alexis Tsipras.”Oggi è la festa della democrazia, che ritorna in Europa. Tutti gli occhi dell’Europa sono sul popolo  greco”, ha detto Alexis Tsipras, davanti alla folla esultante che ha riempito piazza Syntagma. “Domenica non decidiamo semplicemente di stare in Europa, decidiamo di stare in Europa con dignità”, ha proseguito il premier ellenico, secondo il quale “ancora una volta scriviamo insieme un momento storico, vi auguro di dire No domenica ai ricatti”. Non è comunque solo in Grecia che si discute di Europa e di uscita dalla Ue. In Austria oltre 250mila cittadini austriaci hanno sostenuto una proposta di legge per l’uscita dell’Austria dall’euro. E’ solo la seconda volta da dieci anni a questa parte che un’iniziativa popolare riesce a superare la soglia richiesta di 100mila firme e l’obiettivo è stato abbondantemente oltrepassato. Adesso il Parlamento è obbligato a discutere e deliberare sulla proposta di portare il Paese fuori dalla moneta unica. Secondo le leggi austriache il Parlamento è tenuto a discutere le leggi di iniziativa popolare, ma può anche optare per un respingimento, visto che una proposta sostenuta nel Paese soltanto da comitati di cittadini può non trovare appoggi tra i partiti. Nessuna forza politica, nella fattispecie, ha infatti sostenuto la raccolta delle firme. Può essere, quindi, che il Parlamento alla fine respinga la proposta. Indipendentemente dal percorso parlamentare lo scenario di un referendum è comunque più vicino. E di fronte a una consultazione popolare la politica sarebbe obbligata ad accettare il responso. Chiariamo che la campagna di informazione si è svolta nel quasi assoluto silenzio della televisione pubblica e dei giornali. “Consideriamo che almeno un terzo della popolazione austriaca non era informata dell’esistenza di questa petizione popolare”, racconta Inge Rauscher, portavoce del movimento. “Abbiamo ottenuto un grande risultato senza l’appoggio dei partiti e senza finanziamenti di grandi sponsor. Ce l’abbiamo fatta esclusivamente grazie al passaparola di tantissimi volontari, impegnati tanto a distribuire volantini, quanto nell’uso dei social network e dei media alternativi. Noi non vogliamo che i contribuenti pubblici continuino a pagare per salvare l’euro e rimediare ai danni delle speculazioni delle banche e gli accordi di libero scambio che favoriscono solo gli interessi delle multinazionali a svantaggio dei diritti della salute, dell’ambiente e delle economie nazionali. Finora le politiche dell’Ue hanno portato al crollo di salari e pensioni”. L’Europa messa sotto accusa in Austria è la stessa Europa che vede malvolentieri celebrarsi un referendum in Grecia sulle politiche economiche. Questa una parte del testo della petizione: “Vogliamo nuovamente vivere in un paese libero e neutrale, senza essere una colonia di Bruxelles e di Washington. Non vogliamo essere coinvolti in conflitti all’estero che non ci riguardano e che rappresentano un pericolo per la pace. Solamente uscendo dall’Ue potremo sfuggire ai famosi accordi transatlantici di libero scambio tra Europa e Stati Uniti (TTIP) e il Canada (CETA). Essere uno Stato membro dell’Unione europea è un affare in perdita, sia per la diminuzione delle prestazioni sociali, sia per il calo degli investimenti dello Stato a favore della popolazione. Se l’Austria uscisse dall’Ue, non solo risparmierebbe cospicui contributi annui, ma anche i pagamenti per i diversi fondi di salvataggio dell’euro”. Tornando in Grecia è stata forte la presenza dei cittadini anche allo stadio Kallimarmara dove si sono radunati i sostenitori del sì alla proposta messa sul tavolo dai creditori internazionali prima che si interrompesse il negoziato. Tantissimi bambini con i genitori e molti adolescenti sono mescolati all’immensa folla radunata davanti allo stadio per manifestare a favore del “sì” al referendum di domani. “Sì, sì, sì alla Grecia nell’euro. Europa, Grecia, Democrazia, Grecia, patria mia, in Europa, sono gli slogan scanditi dal palco e scritti anche su centinaia di cartelli innalzati dai manifestanti che sventolano anche numerose bandiere greche e dell’Ue.Momenti di tensione ci sono stati quando un gruppo di circa 300 persone con il volto coperto dai passamontagna ha cercato di forzare un cordone di poliziotti posto all’inizio di via Ermou, che si immette nella centralissima piazza Syntagma dove sta per cominciare una manifestazione a favore dei “no” al referendum. La polizia ha bloccato gli aggressori esplodendo candelotti lacrimogeni. Le forze dell’ordine hanno poi effettuato un fermo tra gli antagonisti che poco fa hanno cercato di entrare in piazza Syntagma ingaggiando scontri con la polizia. La tv privata Skai ha mostrato le immagini di quattro agenti in tenuta antisommossa che portavano via un uomo tenendolo ognuno per ciascuno dei quattro arti. Tutto calmo invece nel campo del “sì”, davanti all’ingresso dell’antico stadio ateniese dove, secondo la polizia, gli antagonisti erano diretti. Intanto, sul fronte politico, non si fermano gli appelli pro e contro la consultazione. Referendum che si terrà regolarmente dopo che il Consiglio di Stato ha respinto i due ricorsi presentati per bloccare il voto. Ormai si sta consumando una vera e propria guerra di nervi, tesa ad influenzare il voto dei greci. Alexis Tsipras e il suo ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, continuano ad assicurare che, anche in caso di vittoria dei ‘no’, un accordo con i creditori sarà possibile. E anche in tempi relativamente brevi. Il premier greco ha lanciato il suo appello per il ‘no’, garantendo che una bocciatura darebbe ad Atene quella “forza” negoziale che le consentirebbe di strappare un taglio del debito del 30%. Di parere contrario sia il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, secondo il quale in caso di bocciatura la posizione del Paese sarebbe drammaticamente indebolita , che il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, per il quale la situazione è notevolmente peggiorata e, anche in caso di intesa, per gli aiuti “ci vorrà tempo”. Anche sul versante economico, tutto appare appeso al voto di domani. La liquidità delle banche greche è assicurata fino a lunedì sera, dopo di che tutto dipenderà dalla decisione della Bce che si riunisce lunedì mattina.   Nel frattempo, il Fondo Salva stati europeo (Efsf) ha formalizzato il default di Atene anche se il board dell’Istituto ha deciso di aspettare e non richiedere ad Atene il pagamento immediato dei prestiti concessi né di usare il suo diritto ad agire. 

Roberto Cristiano

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