E’ prevista per le 10.30, ora locale ad Atene, la cerimonia di giuramento davanti al presidente Prokopis Pavlopoulos dei ministri e viceministri che compongono la nuova squadra del governo dopo il rimpasto varato da Alexis Tsipras che ha effettuato nove sostituzioni fra ministri e vice ministri dell’ala radicale di Syriza. Olga Gerovasili ha preso il posto di Gavriil Sakellaridis nell’incarico di portavoce del governo. Ministro della produzione e dell’energia è stato nominato Panagiotis Skourletis al posto di Panagiotis Lafazanis. Viceministro delle Finanze diventa Tryfon Alexiadis, al posto di Nantas Valavani che si era dimessa. Intanto in un’intervista alla Bbc, l’ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis parla di un programma di riforme economiche “destinato a fallire”. Varoufakis afferma che il programma cui è stata assoggettata la Grecia passerà alla storia come il peggior disastro di gestione macroeconomica. Questo programma fallirà chiunque si occupi di attuarlo. E ad una domanda sui tempi in cui si consumerà questo insuccesso ha replicato: “Ha già fallito”. In realtà la questione del debito greco non è ‘tecnica’ ma ‘politica’. L’impossibilità, o il rifiuto, di alleggerirlo è legato ad un ‘cattivo esempio’ per l’area euro. Per converso chi lo ritiene indispensabile argomenta che è necessario ridare alla Grecia la speranza. Da un punto di vista ‘tecnico’ una soluzione la si potrà intravedere entro le linee tracciate da Christine Lagarde con il ritardo dei pagamenti e riduzione degli interessi senza toccare l’ammontare nominale del debito. La Grecia è indebitata per l’80% verso istituzioni pubbliche, ovvero enti di soccorso europei, la Bce e Fmi. Il Fmi può prestare nuovo denaro e non rinunciare ai crediti esistenti. Extrema ratio, il costo di qualsiasi alleggerimento ricadrà sui contribuenti degli altri Paesi euro e per il 14% sull’Italia. In proporzione il debito greco è assai più alto di quello italiano (175% circa contro 130% rispetto al prodotto lordo) ma ha un costo annuo inferiore (2,8% del Pil contro il 4% e più). A una economia nelle condizioni di quella greca la prospettiva di continui pagamenti negli anni in realtà toglie, e non fornisce, la speranza. Una restituzione piena, come osserva il Fmi, non si avrà mai e i soldi li dovrebbe mettere l’Europa. L’ostacolo posto dalla Germania e da altri Paesi è appunto che adesso si tratta di debiti fra Stati e, naturalmente, nasce una questione di principio, ancor prima del costo da sopportare. Secondo la dottrina tedesca, il deficit dello Stato è un male che non bisogna incoraggiare nemmeno per vie traverse; e i debiti conseguono dall’accumulo di deficit. L’incubo dei tedeschi si chiama «Transferunion» ossia che nell’area euro si instauri un perpetuo flusso di risorse dai Paesi più ricchi a quelli in difficoltà. La formula suggerita dal Fmi, tipo rinvio dei rimborsi per un trentennio, consentirebbe di ottenere un sollievo del debito rispettando il divieto formale di cancellarlo. Ma l’accordo tra i 19 Paesi prevede di attendere significativi progressi da parte greca prima di affrontare l’argomento.
Roberto Cristiano