Si sono aperti stamani alle 7 ora locale in Grecia (le 6 in Italia) e si chiuderanno alle 19 i seggi dove i cittadini con più di 18 anni sono chiamati ad esprimere il loro parere nel cruciale referendum indetto dal premier Alexis Tsipras sulle proposte dei creditori di Atene in cambio di ulteriori finanziamenti per il salvataggio del Paese. Gli aventi diritto al voto sono circa 9,8 milioni, dei quali 108.371 votano per la prima volta, e i seggi quasi 19mila. Gli elettori riceveranno due schede: la prima contiene una domanda relativa al referendum con due caselle che dovranno essere contrassegnate da una croce sul ‘sì’ o sul ‘no’ e l’altra in bianco. Il quesito su cui i greci sono chiamati a dire sì (nai) o no (ochi) è il seguente: “Referendum del 5 luglio 2015. Deve essere accettato il progetto di accordo presentato da Commissione europea, Bce e Fmi nell’Eurogruppo del 25 giugno 2015, composto da due parti che costituiscono la loro proposta? Il primo documento è intitolato ‘Riforme per il completamento dell’attuale programma ed oltre’ ed il secondo ‘Analisi preliminare per la sostenibilita’ del debito'”. Non sono previsti exit poll e le prime proiezioni attendibili dovrebbero essere disponibili attorno alle 21 locali. Affinché il risultato del referendum sia valido è necessario che vi prenda parte almeno il 40% del corpo elettorale. “Quello che i creditori stanno facendo con la Grecia ha un nome solo: terrorismo”, così il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis in un intervista a El Mundo. “Quello che posso dire è che tutto quello che sta accadendo in Grecia in questi giorni lo avevano preparato fin dall’inizio, che già 5 mesi fa era pronto un piano per farla finita con un governo che non accettava di farsi ricattare dall’establishment’ europeo”. Nella lunga intervista concessa al quotidiano iberico il ministro dell’Economia spagnolo ha ribadito la sua convinzione che se vincerà il ‘no’ il primo ministro Alexis Tsipras si recherà lunedì a Bruxelles, firmerà un accordo non fantastico ma migliore di quello proposto e martedì riapriranno le banche. “Nella mia prima riunione dell’Eurogruppo”, ha ricordato, “il presidente Jeroen Dijsselbloem mi ha detto chiaramente che avevamo solo due opzioni: firmare l’accordo che il precedente governo aveva accettato o affrontare la fine del programma di aiuti. Gli ho chiesto se mi stesse minacciando con il ‘Grexit’ nella nostra prima riunione. Perché sappiamo tutti che tagliare il programma di aiuti significava obbligarci a chiudere le banche”.Questa Europa non ama la democrazia. Se ci avessero concesso una piccola estensione al programma di aiuti avremmo svolto il referendum con le banche aperte, invece ci hanno costretto a chiuderle. E perché lo hanno fatto? Per instillare la paura nella gente. Questo fenomeno si chiama terrorismo. Però io confido che la paura non vincerà. Le banche greche stanno preparando dei piani di emergenza che comprendono un prelievo forzoso sui conti correnti nel caso in cui la crisi si avviti. Lo sostiene il Financial Times, che cita fonti degli istituti finanziari e del mondo degli affari ellenici. Nel caso di almeno una banca, specifica il quotidiano della City di Londra, il ‘balzello’ potrebbe toccare il 30% sui depositi superiori a 8mila euro. Il piano, sottolinea il Financial Times, ricalcherebbe quello varato da Cipro nel 2013 sui depositi superiori ai 100mila euro, che poi è la soglia protetta dalla direttiva Ue sul risparmio. La Grecia, però, ha solo 3 miliardi di euro a copertura del fondo assicurativo: cifra ritenuta insufficiente a coprire le richieste di rimborso in caso di crack. “Pochi depositi superiori a 100mila euro sono rimasti in Grecia visto la fuga di capitali avvenuta negli ultimi mesi”, dice una delle fonti al Ft. “Quindi ha senso imporre una ‘sforbiciata’ ai depositi più bassi come parte della misura per ricapitalizzare il sistema: potrebbe anche essere presentata come una tassa una-tantum”. Il prelievo avverrebbe nel contesto di una completa ristrutturazione del sistema bancario greco, nel quadro di un nuovo programma di aiuti, ha detto una fonte familiare con il dossier. Non è un qualcosa che avverrebbe immediatamente. Gli italiani non devono avere paura della crisi greca, afferma, al Tg5, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi: “L’Italia non ha paura di conseguenze specifiche sul nostro Paese. Se prima Italia e Grecia erano compagni di sventura, ora non è più così. Noi siamo quelli che risolvono i problemi, non il problema”. . Contro Renzi si è scagliato l’uomo-ombra di Varoufakis, il suo consigliere James Galbraith, docente all’università di Austin e amico strettissimo del ministro greco: “Ci ha delusi”, ha detto parlando di Renzi, “è stata una follia la sua presa di posizione di lunedì”. A far saltare i nervi del consigliere è stato il tweet di Renzi con il quale spiegava che votare no al referendum avrebbe voluto dire scegliere di uscire dall’euro. A Renzi è bastata una visita in casa della Merkel per abbracciare completamente la sua posizione: “Una minaccia vergognosa che Renzi ha deciso di sposare”. Non c’è da sorprendersi in fondo, visto che lo stesso consigliere ricorda come finora “Tutti i partiti socialisti europei, incluso il Pd, hanno guardato con sospetto a Tsipras, sin dall’inizio”. Al premier italiano, Galbraith non perdona l’ultimo atteggiamento avuto perché: “Una posizione del genere così dura poteva prenderla solo la Germania, ma non un Paese come l’Italia che sta ancora affrontando una crisi. E non è finita perchè i ministri delle Finanze europei sarebbero d’accordo su un sostegno alla Grecia anche in caso di no. Hanno capito che i costi di un’uscita di Atene dall’euro sarebbero enormi e maggiori di quelli da sostenere per mantenerla dentro. In altre parole, hanno sgonfiato la minaccia fatta da Renzi lunedì e ha reso la sua posizione veramente assurda, folle”. L’unico modo per rendere sostenibile il debito greco è un taglio del 30% e un periodo di grazia di vent’anni, dice il premier Alexis Tsipras in un intervento televisivo, aggiungendo che il rapporto del Fmi giustifica la nostra scelta di non accettare un accordo che ignora il tema fondamentale del debito. Il voto al referendum non decide la permanenza o meno della Grecia nell’euro e la vittoria del No significherà più forza al tavolo dei negoziati. “Nelle ultime settimane la situazione in Grecia è drammaticamente peggiorata”, ha detto il ministro alle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble. Il ministro, considerato un ‘falco’, ha anche smorzato le aspettative di Atene sulle possibilità di ottenere rapidamente delle risorse di sostegno. Potrebbe volerci del tempo, spiegando che il quadro della situazione è cambiato. Secondo il ministro tedesco, il popolo greco deve decidere se vuole vivere “con l’euro o temporaneamente senza”, cosa che può accadere. “Il Sì è un voto per restare nell’euro”, così l’ex premier e leader di Nea Dimokratia Antonis Samaras, in un intervento televisivo, in cui ha ripetuto che il premier Alexis Tsipras non ha voluto ammettere “di essere stato lui a decidere la chiusura della banche” e ha parlato di “scelte antieuropee” del governo, pagate ora dai greci.
Roberto Cristiano