Il piano Tsipras è da alcune ore sul tavolo dell’Eurogruppo convocato per domani, dopo un primo esame da parte dell’ex Troika. Tra le misure proposte, l’addio alle pensioni ‘baby’, la rinuncia allo sconto dell’Iva per le isole più turistiche, e l’aumento delle tasse per armatori e imprese. Un piano da 12 miliardi invece degli 8 del precedente, su cui il leader greco cercherà fin da oggi consenso in Parlamento. Intanto ammonterebbe ad 53,5 miliardi il prestito triennale che la Grecia chiede al all’Esm, l’European Stability Mechanism o Fondo salva stati. Il prestito dovrebbe coprire le esigenze finanziarie della Grecia fino al 2018, garantendo soprattutto il rimborso di prestiti per 46 miliardi dovuti per la maggior parte a Fmi e Bce, in scadenza il 30 giugno 2018. Via lo sconto Iva alle isole entro il 2016, aliquota aumentata al 23% per ristoranti e catering, e per gli alberghi al 13%: è quanto prevede la proposta di riforme greca arrivata all’Eurogruppo. I tagli alla difesa salgono a 300 milioni di euro entro la fine del 2016. E ancora, aumento delle tasse sugli armatori, della tassa sui beni di lusso (dal 10 al 13%), di quella sulle imprese (dal 26% al 28%), ma anche del contributo di solidarietà sul reddito e, se necessario, della tassa sugli immobili dopo la revisione catastale. Il piano greco abolisce anche il contributo di solidarietà per pensionati entro il 2019. Sono previsti risparmi su pensioni tra lo 0,25-0,50% del pil nel 2015 e l’1% dal 2016 in poi, tagliando progressivamente le baby pensioni (creando disincentivi) e innalzando l’età pensionabile a 67 anni entro il 2022.
Il governo greco accetta di fatto molte delle misure di austerità finora rifiutate. Il piano di Atene contiene nuove tasse e aumenti delle aliquote in vari settori, lotta all’evasione fiscale, incremento progressivo dell’avanzo primario di bilancio (dall’1% del 2015), tagli alle pensioni, alle spese militari e alle esenzioni fiscali per gli armatori, in linea con quanto chiedono la Germania e le istituzioni rappresentative dei creditori, composte da Commissione europea, Bce e Fmi di Washington. La rottura delle trattative era arrivata per il rifiuto di alcune di queste misure di austerità, considerate recessive dal premier greco. Ora il problema principale resta la cancellazione di parte del debito pubblico ellenico che Tsipras considera fondamentale ma che Angela Merkel definisce «fuori questione». Merkel considera illegale qualsiasi annullamento nominale del debito, lasciando di fatto aperta la porta ad altri ritocchi come, ad esempio, nuove estensioni nei termini di pagamento. Uno sconto, in sintesi, sarebbe contrario alle regole dell’Unione. Le proposte di Atene devono essere realistiche e puntate sulla sostenibilità del debito, incontrando, contestualmente, le esigenze dei creditori. Le ultime proposte di Tsipras rendono più difficile chiedere il fallimento di Atene con conseguente uscita dalla zona euro. Il presidente del Consiglio Ue, il polacco Donald Tusk, nominato con l’appoggio della cancelliera, ha affermato che alle riforme elleniche devono corrispondere «proposte realistiche dei creditori sulla sostenibilità del debito, per creare una situazione in cui tutti risultino vincitori». Il presidente Usa Barack Obama fa pressioni per un rapido accordo perché teme che l’uscita della Grecia dalla zona euro possa provocare rischi negativi sull’economia internazionale, contagio sui mercati finanziari e un avvicinamento di Atene a Mosca. Il Fmi, che considera necessaria un riduzione del debito ellenico per renderlo sostenibile, deve ora valutare le proposte di Atene con la Commissione europea e la Bce. Domani è convocato l’Eurogruppo per preparare il decisivo Eurosummit di domenica con 19 capi di governo della zona euro, seguito dal vertice con tutti i 28 Paesi Ue. Merkel e Tsipras mantengono comunque visioni opposte in economia. Il premier greco ricorda che, nei cinque anni di programmi economici imposti dalla Germania e dagli altri creditori, la recessione e l’impoverimento del popolo ellenico si sono aggravati. Contesta che i 240 miliardi di prestiti ad Atene siano finiti quasi tutti per salvare le banche, soprattutto tedesche e francesi, e non al popolo greco. In Grecia già si pensa a come si esprimerà il Parlamento in merito al probabile accordo con i creditori. I socialisti del Pasok, il centrodestra di Nuova Democrazia e la nuova formazione centrista del Fiume, hanno ribadito di appoggiare gli sforzi del governo per portare a casa un accordo sostenibile con la Ue che mantenga il paese nell’Euro. Diversamente, la ‘Piattaforma di Sinistra’ non vede di buon occhio l’imposizione di nuove misure rigoriste anche se potrebbero favorire la ripresa economica. Tutto dipenderà dal tipo di accordo che Tsipras riuscirà a spuntare con i creditori internazionali. Se la minoranza interna di Syriza si opporrebbe ad un accordo Tsipras potrebbe decidere di indire elezioni anticipate da svolgersi in autunno. Nessun altro leader, in tal caso, potrebbe batterlo o contrastarlo.
Roberto Cristiano