Lunedì prossimo 2 milioni di lavoratori non potranno recarsi in fabbrica o in ufficio perché impossibilitati a farsi il tampone per ottenere il certificato verde. La denuncia arriva dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre che spiega come le farmacie e le strutture pubbliche/private dedicate a questo servizio non siano in grado di compiere giornalmente un numero di test sufficienti per coprire la domanda. Questo gap obbligherebbe, dunque, i lavoratori a restare a casa senza retribuzione. Naturalmente questa problematica può essere annullata con il vaccino.
Secondo le stime del Governo i lavoratori italiani senza il certificato verde sarebbero 3 milioni, il 13 per cento circa della forza lavoro occupata in Italia. Persone che per accedere al proprio posto di lavoro entro la fine dell’anno dovranno fare ogni 2 giorni il tampone per ottenere il Green pass. Attualmente l’offerta è molto inferiore: ieri, ad esempio, il numero di tamponi realizzati in Italia è stato di poco superiore a 506 mila. Ipotizzando un aumento della produttività da parte delle farmacie e delle strutture dedicate a fare questi test, dopodomani il numero complessivo potrebbe salire fino a 700mila. Se a questo numero aggiungiamo le oltre 300 mila persone che per ragioni di salute non sono obbligate al possesso della certificazione, rimarrebbero, calcola la Cgia, senza pass circa 2 milioni di lavoratori.
Dati puntuali sul numero di lavoratori non vaccinati non ce ne sono, sottolinea la Cgia: secondo i dati della Presidenza del Consiglio il numero di persone non ancora vaccinate all’8 ottobre scorso nella fascia di età tra i 20 e i 59 anni. In questo range sono inclusi la stragrande maggioranza dei lavoratori italiani ma anche disoccupati e gli inattivi. La regione più “no vax” è la Sicilia, seguita da Calabria, Provincia Autonoma di Bolzano, Valle d’Aosta e Marche. I dati più virtuosi si registrano in Lombardia, Lazio e Toscana. Il sud resta maglia nera per il numero di non vaccinati.
“La mancata presenza dei circa 2 milioni di occupati non rappresenta solo un problema economico e sociale che rischia di mettere a repentaglio la tenuta produttiva di moltissime attività economiche, ma costituisce anche seria violazione del diritto al lavoro, il rischio indicato dalla Cgia. Se il Governo ha deciso per decreto di consentire l’ingresso negli uffici e nelle fabbriche solo a chi ha il Green pass – e quest’ultimo è ottenibile attraverso il vaccino o il tampone – lo Stato deve garantire la possibilità di fare il tampone anche a chi non vuole sottoporsi all’iniezione del siero vaccinale. Diversamente, lede il diritto al lavoro a milioni di persone, venendo meno a un principio fondamentale di uno Stato di diritto: la legalità, che deve essere sempre rispettata sia dai soggetti pubblici sia da quelli privati. Intendiamoci, il Covid va sconfitto con la prevenzione, aumentando il numero di immunizzati e con le disposizioni indicate dagli esperti, ma allo stesso tempo dobbiamo salvaguardare anche il diritto al lavoro e le piccole imprese, che da questa pandemia sono state fortemente penalizzate”.
Secondo l’Ufficio studi della Cgia, per risolvere questa situazione il Governo ha due possibilità: stabilire che il Green pass si ottiene solo attraverso l’inoculazione del vaccino, eliminando così il problema dell’impossibilità di fare i tamponi a tutti, o mobilitare l’Esercito, la Protezione civile o altri, affinché vengano diffuse su tutto il territorio nazionale delle unità mobili in grado di fare i test, garantendo così a tutti il diritto di conseguire, ancorché temporaneamente, il certificato verde.
A metà settembre, in sede di presentazione del decreto che obbligava l’uso del Green pass per entrare nei luoghi di lavoro, i ministri Renato Brunetta, Andrea Orlando e Roberto Speranza l’avevano sottolineato più volte: il successo della misura si basava sull’effetto annuncio, ovvero che una gran parte dei 4 milioni di lavoratori italiani che allora non erano ancora vaccinati lo facessero entro un mese, ovvero entro il 15 ottobre, data in cui era prevista l’entrata in vigore delle disposizioni previste dal decreto. La Cgia di Mestre oggi però parla di flop. Le cose, spiegano, non sono andate così e solo una minoranza nel frattempo si è vaccinata. Gli altri, invece, hanno deciso di non farlo.