Mentre ancora si attende un intervento da parte di Telegram, è stata già la Polizia Postale a mettere un grosso freno alla compravendita di Green Pass falsi sui gruppi dell’app di chat: con l’operazione “Fake Pass“, infatti, la Polposte ha individuato e chiuso ben 32 canali Telegram e individuato, perquisito e denunciato quattro persone, due dei quali sono minorenni.
Dalle indagini è emerso quanto abbiamo avuto occasione di verificare in prima persona e vi abbiamo già raccontato nei giorni scorsi: c’erano dei gruppi Telegram, assolutamente semplici da trovare e raggiungere, all’interno dei quali si vendevano quasi alla luce del sole Green Pass falsi. I prezzi variavano da 100 a 500 euro, vi erano persino dei pacchetti famiglia scontati, e i pagamenti venivano effettuati con buoni Amazon o altri metodi non tracciati. In particolare tramite l’acquisto e successiva cessione di Bitcoin e altre criptovalute basate sulla blockchain. Proprio dalla blockchain la Polizia Postale è partita per ricostruire a ritroso i movimenti della valuta virtuale e arrivare fino ai wallet (i portafogli di criptovalute) dove finivano i soldi.
Operazione Fake Pass: i dettagli
La Polizia Postale ha appurato la dinamica che vi abbiamo già descritto: i truffatori chiedevano ai loro acquirenti, oltre al versamento del denaro, la copia di un documento di identità e il numero della tessera sanitaria. Due elementi necessari a generare il vero Green Pass.
I truffatori dicevano ai potenziali acquirenti che i certificati verdi falsi venivano generati da un medico compiacente, che inseriva i dati forniti nella piattaforma del Ministero della Sanità. Tuttavia, come precisa la Polizia Postale, questo metodo non può generare Green Pass validi: “Un QR-CODE generato con una certificazione non autentica non supererebbe la procedura di verifica, risultando falso“.
In moltissimi, in migliaia secondo gli inquirenti, hanno però abboccato iscrivendosi ai gruppi e pagando per un Green Pass falso.
Green Pass falsi: cosa si rischia
La Polizia Postale ha perquisito abitazioni e dispositivi elettronici dei quattro indagati, che sono tutti accusati dei reati di truffa e falso. Nei dispositivi degli indagati ci sono le tracce dei documenti inviati da chi ha comprato il Green Pass su Telegram, quindi i nomi di molti di coloro che lo hanno fatto sono ora a disposizione degli inquirenti.
Al momento la Polizia Postale non ha formalizzato alcuna accusa nei loro confronti, ma solo perché li sta ancora cercando tutti: “Le indagini della Polizia postale intanto proseguono, per identificare gli amministratori di altri canali online di compravendita delle false certificazioni, e dei relativi acquirenti“.
Si saprà a breve di cosa saranno accusati, ma una cosa è già più che certa: se qualcuno provasse ad usare un Green Pass falso comprato su Telegram (o altrove) durante un controllo verrebbe scoperto. In un caso del genere la denuncia sarebbe certa.