Sono giorni di scrittura frenetica per Beppe Grillo che, nelle ultime 48 ore, sul suo blog ha pubblicato due post dedicati rispettivamente alla necessità di ridurre le giornate di lavoro settimanali e alla tassazione dei super ricchi (pensando ad esempio a una imposta di successione sui beni e redditi) come misura per redistribuire i guadagni.
Il fondatore del Movimento 5 Stelle si schiera per prima cosa in favore di un accorpamento delle ore di lavoro in meno giorni della settimana. Grillo sembra dunque cavalcare i nuovi modelli organizzativi lanciati da molte aziende straniere e da alcuni gruppi italiani, come Intesa Sanpaolo che, dal 2023, ha previsto l’estensione dell’orario di impiego dal lunedi al venerdì, per un totale di 4 giorni di lavoro a settimana. “Il 2022 – scrive Grillo – è stato l’anno della settimana lavorativa di 4 giorni. L’interesse di aziende, dipendenti, organizzazioni non profit e ricercatori è cresciuto in tutto il mondo”.
In uno scenario dove “il Regno Unito ha avviato un programma pilota di sei mesi; la Spagna ha lanciato il proprio progetto a dicembre e i dipendenti belgi hanno ottenuto il diritto di decidere se vogliono lavorare quattro o cinque giorni alla settimana”, Grillo, citando anhe i casi della Scozia, del Galles e del Portogallo, si chiede: “E noi?”. Cosa farà l’Italia? Si adatterà a questa nuovo modello organizzativo?.
Citando il rapporto dell’Oxfam “Survival of the richiest”, pubblicato in ocassione dell’ultimo World Economic Forum di Davos, il fondatore del Movimento 5 Stelle ricorda che “l’1 per cento più ricco si è impossessato di quasi i due terzi di tutta la nuova ricchezza per un valore di quasi 42 trilioni di dollari creata dal 2020, quasi il doppio del denaro del 99% più povero della popolazione mondiale”. E sottolineando che, come sostiene il dossier, “tassare i super ricchi e le grandi aziende è la porta d’uscita dalle crisi sovrapposte di oggi”, Grillo ribadisce che “c’è bisogno di un aumento sistematico e ad ampio raggio della tassazione dei super ricchi per recuperare i guadagni derivanti dalla crisi grazie al denaro pubblico e al profitto”. Questo perché, aggiunge, “dieci anni di tagli” alle imposte dei Paperoni hanno “alimentato la diseguaglianza, con le persone più povere in molti Paesi che pagano aliquote fiscali più elevate rispetto ai miliardari”.