Nella contesa interna nel Movimento Cinque stelle in vista della Costituente Conte mette in gioco la sua leadership, con Grillo che tiene il punto su tre capisaldi storici: nome, simbolo e limite di mandati. Il rischio scissione non viene escluso da nessuna delle parti, all’esito di una rottura insanabile, con l’inevitabile coda di ricorsi e carte bollate. L’attuale gruppo dirigente, e non solo, è compatto intorno a Conte e tra i ‘reduci’ del Movimento delle origini decisi a dare battaglia c’è chi pensa che il garante Grillo si sia mosso con qualche ritardo di troppo.
Di sicuro, nel Movimento 5 stelle ognuno rivendica l’originalità del progetto in vista della Costituente di metà ottobre lanciata ufficialmente da Conte. I nodi principali, al momento, sono le regole e soprattutto il tetto dei due mandati per gli eletti. Su una cosa però sembra esserci apparentemente accordo: decide la base. Democrazia partecipata e prova degli iscritti.
Beppe Grillo, che ha tentato di mettere dei paletti precisi: simbolo, nome e tetto dei due mandati. Per Conte e per tantissimi M5s la Costituente sarà uno spartiacque: da una parte c’è chi – e in testa l’ex premier – chiede di andare avanti; dall’altra chi chiede di tornare alle radici.
Nel Movimento Cinque Stella spunta oggi il contratto segreto firmato con Grillo. Il notaio Alfonso Colucci, deputato, notaio e coordinatore dell’area legale del M5S rende noto che: «Nome e simbolo non sono intestati a Beppe, visto che ha rinunciato. Penso che da uno scambio pur acceso di vedute si potrà trovare una sintesi. Come è già successo in passato».
C’è però una sentenza della Corte d’Appello di Genova: «Simbolo e nome M5S appartengono a Beppe Grillo e alla sua associazione». Conte, da giurista, rigetta questa tesi.
«Quella sentenza riguarda l’Associazione, chiamiamola numero 2, afferma il notaio Colucci, fondata nel 2012 da Grillo, suo nipote Enrico e dal commercialista Enrico Maria Nadasi. Quella attuale è stata costituita nel 2017 da Luigi Di Maio e Davide Casaleggio, e Conte presiede questa Associazione Movimento Cinque Stelle. Quindi la sentenza cui fa riferimento Grillo non è stata resa nei confronti dell’attuale associazione, quella presieduta da Conte. Sia il nome, sia il simbolo risultano intestati all’Associazione attuale. E Beppe Grillo in forza di specifici obblighi contrattuali — coperti da riservatezza e che non si riferiscono al contratto da 300 mila euro per la comunicazione che il M5S gli paga ogni anno — ha espressamente rinunciato a ogni contestazione relativa all’utilizzo sia del nome e sia del simbolo del M5S, come modificati o modificabili in futuro dall’Associazione medesima. Credo che non si arriverà ad uno scontro in Tribunale, perché il M5S ha già avuto il contenzioso davanti al Tribunale di Napoli e chi l’ha promosso ha dovuto anche pagarsi e pagarci le spese legali. Non vedo il rischio di una scissione, non è nelle corde di Conte né in quelle di Grillo, che ha dato molto e credo che potrà fare altrettanto anche in futuro. Naturalmente il tutto deve sempre iscriversi nell’ambito di un quadro di coerenza con le politiche del M5S».
In sintesi: se alla consultazione online voteranno sì a nuovo nome, simbolo e terzo mandato non ci saranno giudici che tengano. È così?
«È un principio giuridico inattaccabile: l’assemblea è sovrana. Ma è soprattutto un principio democratico. La sovranità spetta al popolo, lo dice la Costituzione”.
In ogni caso Grillo, da statuto, chiederà di rispettare il regolamento delle votazioni, richiamando l’articolo 10, per il quale è necessario il 50% più uno dei consensi per cambiare le cose.
I ‘big’ del Movimento, attuali ed ex, al momento tacciono. Non parla Alessandro Di Battista, che dall’estero dice: sto facendo altro. Non risponde un ex ministro come Danilo Toninelli. Tuttavia tra i ‘reduci’ sembra emergere una sorta di rimprovero a Grillo per essere intervenuto troppo in ritardo. Comunque sia dai fautori di Conte, così come dai suoi avversati, arrivano considerazioni che suonano uguali nella rivendicazione politica: “Noi siamo il vero Movimento”. Un muro contro muro, che qualora non trovasse composizione potrebbe concretizzare nuovamente lo spettro già apparso ai tempi di Lugi Di Maio: la scissione.