Nessun allarme dal fronte sanità. La maggioranza respinge al mittente le accuse di un ‘allarme tagli’ in manovra che condurrebbe il sistema nazionale verso il baratro. Opposizioni “inconcludenti”, per Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, che colgono la lettura della Nadef “come l’occasione per alzare un polverone su presunti tagli alla sanità da parte del governo di Giorgia Meloni”. Per Foti un “allarme ingiustificato: arriveranno fondi con il rinnovo dei contratti per i medici e il potenziamento degli stipendi dei dirigenti del comparto sanità. Il governo, poi, conta di utilizzare al meglio i fondi del Pnrr, in cui è previsto un finanziamento di oltre 15 miliardi. Nessun allarme dunque”.
Ma sul tema le opposizioni vanno all’attacco, anche se – in questo caso, a differenza di quanto accadde con il salario minimo – almeno per il momento, in ordine sparso. Perché se da una parte la segretaria del Pd Elly Schlein pensa che quello della Sanità sia “un terreno su cui sono possibili convergenze con altre forze di opposizione, perché siamo tutti preoccupati sui tagli alla Sanità pubblica che sta portando avanti il governo Meloni”, il leader di Azione Carlo Calenda, qualche giorno fa, aveva denunciato un’interruzione “per ragioni a noi sconosciute” del lavoro con le altre opposizioni “a partire dal Pd, sul piano della sanità per la legge di Bilancio. Va ripreso rapidamente”.
E dal palco delle celebrazioni ‘Sky 20 anni’, arriva la stoccata di Conte, rivolta in particolare proprio al leader di Azione e alla segretaria del Pd. “Con il Pd sul salario minimo abbiamo lavorato insieme, senza fari accesi, abbiamo trovato un accordo e lo abbiamo condiviso. La sanità è un capitolo enorme e noi stiamo mettendo a fuoco le nostre proposte, ci confronteremo, certo. Chi ha rifiutato il confronto? E lo dico a Schlein, a Calenda e a tutti quanti: se uno va prima in tv a dire ‘queste sono le nostre proposte’ non può funzionare. Sul salario minimo abbiamo lavorato a fari spenti”.
Eppure, nel merito delle critiche le opposizioni si trovano. Per Schlein “l’obiettivo del governo Meloni è chiaro: smantellare il sistema sanitario nazionale. Con i miseri investimenti destinati alla sanità pubblica, la destra privilegia quella privata. Il tutto a discapito dei cittadini che non possono permettersi le cure e sono costretti ad affrontare lunghe liste d’attesa” e anche Conte chiarisce che “la sanità è un tema complesso, per noi è fondamentale che rimanga pubblica”. Calenda, anche lui alle celebrazioni ‘Sky 20 anni’, ai ribadisce che “non voteremo lo scostamento di bilancio ammesso che non ci siano risorse in più per la sanità.
Sulle due tabelline, a pagina 61 del testo del Mef, che fotografano l’andamento della spesa per ospedali e medici. Due cifre che per la Fondazione Gimbe, portano il sistema sanitario “sull’orlo del baratro” perché nascondono un netto ridimensionamento delle risorse.
Di altro avviso Giorgia Meloni, che davanti ai governatori riuniti a Torino spiega per che per costruire “un sistema sanitario efficiente ed efficace sarebbe miope perseguire questo obiettivo esclusivamente pensando all’aumento o meno delle risorse. Dobbiamo avere un approccio più profondo per vedere come le risorse vengono spese”.
Mentre il ministro della Salute, Orazio Schillaci, annuncia lo stop ai medici gettonisti entro l’anno, la lotta alle liste di attesa anche attraverso una nuova organizzazione dei centri unici di prenotazione e più risorse da destinare al personale, anche con il taglio delle tasse su tredicesime e straordinari dei camici bianchi. Impegni che però, secondo la Fondazione Gimbe, sono contraddetti dalle cifre della Nadef. Infatti, dall’esame del conto della pubblica amministrazione a legislazione vigente (senza, cioè, ulteriori interventi in manovra) la spesa sanitaria fra il 2023 e il 2024 si riduce dal 6,7 al 6,6% del Pil, per poi calare al 6,2% nei due anni successivi e attestarsi sul 6,1% nel 2026.
In termini assoluti, secondo i calcoli del Gimbe, la spesa scende nel 2024 a quota 132,9 miliardi di euro (con una riduzione dell’1,3% rispetto all’anno precedente) per poi risalire nel 2025 a 136,7 miliardi e a 138,9 nel 2026. Ma il dato più importante è un altro: a fronte di una crescita media annua del Pil nominale del 3,5%, la spesa sanitaria aumenta solo dell’1,1%. “È del tutto evidente – aggiunge Cartabellotta – che i 4 miliardi in più nel triennio 2024-2026 non saranno sufficienti neanche a coprire l’aumento dei prezzi, sia per l’erosione dovuta all’inflazione sia perché l’indice del settore sanitario è superiore a quello dei generi di consumo”. Un quadro che, di fatto, contraddice gli annunci di nuovi stanziamenti da destinare al personale sanitario e i due disegni di legge collegati alla manovra sulla riorganizzazione e il potenziamento del sistema sanitario e sul riordino delle professioni.
Con queste cifre , insomma, il margine per nuovi investimenti si riduce al lumicino, confermando che “la sanità resta la cenerentola dell’agenda politica”, anche perché la spesa fa un salto indietro non raggiungendo neanche i valori “pre-pandemia”. “C’è un definanziamento della spesa sanitaria di fronte alla grave crisi di sostenibilità di un sistema che non garantisce più alla popolazione equità di accesso alle prestazioni sanitarie, con pesanti conseguenze sulla salute e sull’aumento della spesa privata”. Di qui le richieste dei governatori di un incremento di almeno 4 miliardi della spesa, per confermare almeno il rapporto sanità/pil di quest’anno. Sulla stessa linea anche la leader del Pd, Elly Schlein: “La sanità è una priorità ma senza fondi, oltre il danno anche la beffa”. Ma la premier ha già messo le mani avanti: “I margini di manovra sono limitati, anche a causa di una eredità che si raccoglie. Il governo sta lavorando per garantire il diritto alla salute a tutti i ciittadini, siamo aperti a qualsiasi tavolo di confronto per studiare quali siano le modalità migliori”.