Guerra in Ucraina, la Bielorussia è pronta a invaderla

Anche la Bielorussia sarebbe pronta a invadere l’Ucraina, già invasa dalla Russia di Vladimir Putin nei giorni scorsi. A lanciare l’allarme, con un messaggio pubblicato su ‘Twitter’, è stata l’Ambasciata Ucraina a Roma, che cita come fonte alcuni media bielorussi.

L’Ambasciata Ucraina a Roma ha scritto su ‘Twitter’: “Secondo i media bielorussi, forze armate bielorusse si imbarcano su aerei per un’operazione militare speciale in Ucraina. Stanno preparando un assalto aereo. Ciò significa che la Bielorussia ha dato l’inizio all’invasione dell’Ucraina. Luoghi di atterraggio sono: direzione Kyiv e Zhytomyr”.

Secondo quanto riportato dalla ‘Tass’, il presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko ha affermato che le sanzioni decise dalle potenze occidentali contro la Russia sono “peggio di una guerra” e che “la Russia viene spinta verso una terza guerra mondiale“.

Lukashenko, nello specifico, ha dichiarato: “In una situazione come questa dovremmo essere consapevoli che ci sono tali sanzioni. Si parla tanto di settore bancario, gas, petrolio, Swift. È peggio della guerra. La Russia viene spinta verso una terza guerra mondiale. Dovremmo essere molto riservati e stare alla larga da essa. Perché la guerra nucleare è la fine di tutto”.

Sempre l’agenzia ‘Tass’ riporta che Lukashenko avrebbe inoltre detto che Minsk inviterà Mosca a schierare armi nucleari in Bielorussia se gli Stati Uniti d’America o la Francia le schiereranno in Polonia o in Lituania.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha reso noto attraverso ‘Telegram’ di aver avuto un colloquio con il presidente bielorusso  Lukashenko, senza specificare però cosa si sono detti. Queste le sue parole: “Ho parlato con il presidente bielorusso, Aleksandr Lukashenko”.

In un videomessaggio riportato da ‘Agi’, lo stesso presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky ha rivolto un appello al popolo bielorusso a essere “Bielorussia, non Russia”.

Queste le sue parole: “Nella guerra che si sta combattendo, non siete dalla stessa parte nostra. Purtroppo. Dal vostro territorio le truppe della Federazione Russa lanciano missili sull’Ucraina. I nostri bambini vengono uccisi dal vostro territorio, le nostre case vengono distrutte e stanno cercando di distruggere ogni cosa che è stata costruita nei decenni, non solo da noi, ma dai nostri padri e nonni. Decidete chi siete. Decidete chi essere. Come guarderete negli occhi i vostri bambini, come vi guarderete negli occhi l’uno con l’altro e i vostri vicini. E i vostri vicini siamo noi. Siamo ucraini. Siate Bielorussia, non Russia!”.

L’Ucraina ha rifiutato l’offerta della Russia di tenere un negoziato di pace in Bielorussia.

Le difficoltà delle forze russe in Donbass, a Kharkiv e all’aeroporto di Hostomel (periferia di Kiev), confermano che l’avanzata russa sarà tutt’altro che una passeggiata. Le difese ucraine stanno per ora tenendo, e la nebbia di guerra impedisce di capire se l’avanzata su Kiev sia abbastanza potente da poter separare la capitale dall’ovest del Paese.

Lo sviluppo più inaspettato è il relativo fallimento della campagna di bombardamento organizzata per distruggere l’aviazione ucraina: forse per l’esagerato affidamento dei russi su missili cruise e altri armi balistiche. Queste armi, efficienti contro radar e altre infrastrutture, non sono adatte a mettere fuori uso campi d’aviazione.

Lo sfondamento delle linee ucraine nel sud del Paese, d’altro canto, sembra aver ridimensionato le carenze ucraine in Command and Control: i difensori sembrerebbero infatti riusciti a respingere i russi nella zona di Kherson, anche se non è scontato che gli ucraini riescano a manovrare le proprie forze in nuove posizioni difensive nel caso in cui il nemico riesca ad assicurarsi una testa di ponte oltre il fiume Dnepr.

La possibilità di resistenza – più o meno organizzata – nei territori occupati rimarrà una possibilità concreta finché esisterà un fronte ucraino con cui i partigiani potrebbero coordinarsi.

La distribuzione di armi alla popolazione civile costringe l’occupante a tenere una presenza piuttosto rilevante dietro le linee, almeno a ridosso dell’area operativa. E questo in teoria va contro l’approccio russo di azione limitata, che prevede essenzialmente una presenza minima sul territorio, basata su una rete di basi logistiche rafforzate sparse per la zona di occupazione.

Questa postura dipenderà soprattutto dalla capacità di Mosca di installare un governo fantoccio con un supporto locale abbastanza solido da garantire un minimo di sicurezza lungo le linee logistiche. Se ciò sarà possibile in un secondo momento dipenderà soprattutto da una stabilizzazione del fronte e dalle prospettive di sopravvivenza del governo legittimo di Kiev.

Diverse foto comparse online sembrano confermare l’arrivo delle prime unità della Rosgvardia – la guardia nazionale russa – su territorio ucraino; la maggior parte degli analisti si aspetta che queste unità mettano in sicurezza le retroguardie russe e le linee di approvvigionamento.

L’annunciato schieramento di unità cecene suggerisce anche un’incertezza di fondo sul tipo di occupazione che dovrà essere implementata. Questi veterani della Siria e del Donbass sono piuttosto versatili, sia come combattenti sia in ruoli di pattugliamento, oltre a essere considerati più sacrificabili rispetto a unità etniche russe.

Con l’avvicinamento dei russi ai centri urbani assisteremo verosimilmente a un cambiamento nelle tattiche impiegate. L’intelligence americana ha previsto la caduta di Kiev entro cento ore dall’inizio dell’invasione, ma è difficile prevedere se le forze russe saranno capaci di impedire ai difensori di trincerarsi dentro alle città.

Nel caso i russi non riuscissero ad aggirare le roccaforti urbane, i diversi assedi rappresenteranno la prova del nove della strategia russa di bombardamenti mirati. A scanso di equivoci, l’approccio russo di evitare bombardamenti a tappeto non rappresenta un particolare riguardo per i civili, specialmente nel momento in cui i combattimenti entreranno in zone più densamente abitate.

L’idea, piuttosto, è di operare attraverso medie unità relativamente autonome e capaci rapidamente di identificare il nemico, sopprimerlo con un fuoco concentrato di artiglieria e missili, usufruire di un immediato supporto aereo e avanzare verso gli obiettivi locali. La concentrazione del fuoco non esclude però vittime civili.

Come segnalato da Eliot Higgins di Bellingcat, diverse foto fatte nei luoghi di impatto indicano l’utilizzo di missili BM-30 Smerch, spesso armati con ordigni a grappolo che già in Siria avevano provocato un grande numero di morti.

L’esercito russo è consapevole dei rischi collegati a una battaglia urbana. Immagini pubblicate pochi giorni prima dell’attacco rivelano che nella zona di Gomel, sul confine russo-bielorusso, fossero presenti diversi blindati del tipo BMPT-2. Il veicolo, soprannominato “Terminator”, è stato sviluppato come mezzo da combattimento urbano. È dotato di una corazza rafforzata e di armamenti capaci di fornire supporto ravvicinato alla fanteria, colpendo anche posizioni normalmente fuori portata dai carri, come i piani alti di edifici.

Solo poche unità, fra cui la novantesima divisione corazzata, sono equipaggiate con questo veicolo; se le informazioni sullo schieramento russo sono corrette, allora è verosimile che i mezzi siano schierati sull’asse verso Kharkiv, indicando che l’invasore si aspettava una resistenza particolarmente agguerrita nella metropoli cosmopolita a pochi chilometri dal confine.

Nel corso degli anni le forze armate russe si sono dotate di diversi strumenti per provare a mantenere iniziativa e mobilità anche all’interno dei centri urbani.

A partire dalla guerra in Siria il Ministero della Difesa ha imparato ad apprezzare l’impiego di droni di ricognizione e sorveglianza per guidare l’artiglieria (e velocizzando il cosiddetto sensor-to-strike loop degli attaccanti) mentre veicoli telecomandati (e parzialmente automatizzati) come l’Uran-9 dovrebbero permettere alla fanteria di aprirsi una breccia eliminando posizioni fisse del sistema difensivo nemico.

Questo approccio serve anche a rispondere a una dottrina di difesa urbana che avvantaggia indubbiamente gli ucraini. Città come Kiev, con un alto tasso di edifici in cemento, offre parecchie opportunità per fortificare punti difensivi disseminati attorno ai nodi strategici della città.

Man mano che la battaglia si fa più aspra, la creazione di rovine e detriti complica l’avanzata dell’attaccante – anche per questo i russi hanno evitato bombardamenti su ampia scala – aumentando anche i rischi di imboscata e creando punti ciechi in cui potrebbero trovarsi trappole esplosive oppure uno dei numerosi civili mobilitati e armati di molotov.

Per evitare uno svantaggioso combattimento ravvicinato, le truppe del Cremlino potrebbero anche aver schierato il Leer-3, un jammer volante (cioè un disturbatore di frequenze) che, intercettando fino a 6mila telefoni alla volta, può mandare messaggi, immagini e informazioni false per confondere i difensori.

Quanto questi strumenti possano aiutare a mantenere la mobilità in contesti così complessi rimane tutto da vedere: la difesa urbana funziona proprio perché annulla i vantaggi di una guerra mobile e riduce una campagna di ampio respiro a un brutale combattimento casa per casa. Con orribili conseguenze per i civili.

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