Dal 1° aprile entra in vigore una normativa presente nella Legge di Stabilità tesa a scoraggiare la delocalizzazione dei servizi di call center, almeno nei Paesi extra Ue. Sono stati introdotti alcuni obblighi in chiamata che sintetizziamo di seguito:
a informare il cliente circa il luogo da dove risponde l’operatore al telefono; nel caso la risposta provenga da un Paese extra Ue, il cliente, se lo richiede, ha la facoltà di esigere il trasferimento, immediato, della chiamata ad un operatore all’interno della Ue; inoltre sono previste sanzioni fino a 50.000€ giornaliere per aziende inadempimenti.
la normativa è estesa a tutti i call center, anche alle imprese sotto i 20 dipendenti, superando così la regolamentazione precedente che le escludeva.
è introdotto l’obbligo di dare comunicazione, almeno 30 giorni prima del trasferimento o delocalizzazione delle attività extra Ue al Ministero del Lavoro, al Ministero Sviluppo Economico e al Garante della Privacy; le inadempienze sono sanzionate con 150.000 €.
nuovo registro dei call center al quale tutti sono chiamati a iscriversi; anche qui previste sanzioni per inadempienze fino a 50.000€.
Le norme contenute nella Legge di Stabilità provano a dare una prima risposta al fenomeno ormai rilevante del trasferimento delle attività di call center all’estero; si tratta di una soluzione parziale nei confronti di un problema difficile e complesso.
I Paesi coinvolti nella delocalizzazione in genere sono dentro la Ue, pertanto la comunicazione prevista, in questa situazione non è necessaria. Di conseguenza sembra che il provvedimento colpisca in modo consistente l’Albania, Paese molto attraente per le attività di call center, ma fuori dalla Ue.
Rimane, però, la concorrenza esercitata da Romania, Polonia, Slovenia e altri Paesi, anch’essi attraenti e che non si discostano molto dalle condizioni economiche e fiscali dell’Albania.
Nel decreto si evince una dimensione Europea, i nostri confini coincidono con quelli dell’Unione: l’Italia cede in questo caso confini, attività e occupazione e la dimensione Ue si afferma come un nuovo paradigma su cui basare le proprie iniziative legislative, ma il testo della Legge sui call center non può essere la soluzione al problema.
Va messo in chiaro che le responsabilità di questa situazione sono imputabili all’azione dei vari Governi che si sono avvicendati in questi anni e alla crisi economica che stiamo vivendo, ma credo che vada anche messa in luce l’inerzia industriale delle nostre grandi imprese che hanno preferito delocalizzare perché costava meno. Questo perchè le differenze fiscali e di reddito nei vari Paesi dell’Unione mettono in forte concorrenza le economie degli Stati membri.
Inoltre è aperta una discussione per un’Europa a due velocità, come ipotesi accettata nel patto firmato a Roma. Ogni Paese basa la propria crescita sulle risorse che ha a disposizione e i paesi ‘piccoli’ da poco entrati dell’Unione sfruttano il basso costo del lavoro e particolari incentivi fiscali atti a favorire investimenti produttivi e di servizi.
Le grandi aziende hanno usato i call center come un centro di costo da decentrare e affidare a terzi. Il decreto ha dei limiti oggettivi dal punto di vista della reale efficacia rispetto al raggiungimento dell’obiettivo che ci si propone, cioè fermare le delocalizzazioni. Sono numerosi gli esempi positivi che consigliano di intraprendere nuove politiche commerciali in grado di valorizzare la qualità dei nostri servizi per evitare, per qualità di servizio, la realtà della delocalizzazione.