Daniele Gatti, direttore musicale del Teatro dell’Opera di Roma, torna sul podio del Costanzi per la prima opera del 2020 con I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini, in un nuovo allestimento del Teatro dell’Opera di Roma che avrà regia, scene, costumi e luci di Denis Krief. Quest’opera manca dalle scene romane dal 1967, occasione in cui fu diretta da Claudio Abbado con la regia di Mario Missiroli.
Il Sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma Carlo Fuortes ha così introdotto questa nuova produzione durante la conferenza stampa di presentazione svoltasi venerdì 17 gennaio: “Oggi presentiamo la seconda produzione di questa stagione, la prima dell’anno, “I Capuleti e i Montecchi” di Vincenzo Bellini. La proposta è venuta totalmente dal maestro Gatti. Normalmente il belcanto viene considerato dai grandi direttori d’orchestra un banco di prova in qualche modo minore, tradizionalmente l’orchestra e il coro accompagnano i grandi cantanti che si esibiscono e quindi ero molto curioso di capire perché Daniele avesse proposto di fare I Capuleti e i Montecchi. Assistendo alle prove musicali in sala, a quelle con orchestra e coro e agli insiemi, mi sono dato molte risposte e sono rimasto stupefatto per lo straordinario lavoro che lui fa non soltanto con i cantanti, ma principalmente proprio con l’orchestra e il coro. È un lavoro che io su titoli di questo tipo non avevo mai visto fare, un lavoro di cesello, di scavo. Viene da pensare ad un grande attore, un grande interprete che deve recitare dei testi poetici, delle grandi poesie, è un approfondimento sulla singola battuta, sull’intonazione di uno strumento, sull’intonazione di un cantante e quindi veramente è un lavoro che in qualche modo ci propone un diverso modo di fare belcanto e credo che tutti gli appassionati di questo repertorio in particolare e in generale tutti gli spettatori del teatro rimarrano abbastanza sorpresi dall’approccio musicale che verrà proposto, che credo sia assolutamente nuovo per profondità. Il maestro vede l’orchestra e il coro allo stesso livello dei cantanti, un tutt’uno che emerge molto chiaramente e di questo lo ringrazio. Credo che il risultato sarà sorprendente.”
Fuortes parla inoltre dei problemi legati alle scelte registiche e sceniche a cui si va incontro nel momento in cui si sceglie di rappresentare un titolo belcantistico: “Ho sempre pensato che nelle produzioni di belcanto in generale il teatro sia fatto dalla musica e dal canto molto più che dall’azione e dal testo e quindi la regia si deve confrontare con questo tipo di teatro che non è un teatro facile per un regista. Denis Krief credo sia riuscito a trovare la chiavi giuste, innanzitutto nello spazio scenico molto adatto al belcanto che rispetta assolutamente questo tipo di teatro ed è uno spazio molto italiano, astratto, metafisico, nel quale queste storie poetiche in cui l’azione e il testo non producono un’azione drammaturgica così forte, si collocano benissimo. Si tratta di uno spazio acustico straordinario, se nel teatro del belcanto il teatro è fatto appunto dal suono, dal canto, dalla musica, quello di Krief è uno spazio acustico fantastico. Anche su questo è riuscito a trovare una soluzione, la parte registica in qualche modo accompagna questa idea e quindi non c’è nessuna idea di trasporto, di cambiamento di scena, ma si rispettano assolutamente il testo e l’idea di Bellini.”
Il maestro Daniele Gatti, direttore musicale del Teatro dell’Opera di Roma torna al belcanto e a dirigere quest’opera dopo trent’anni, la diresse nell’89, suo debutto come direttore al teatro di Bologna. Il belcanto in quel periodo fu la parte principale del suo repertorio come direttore d’opera. “Ho pensato a Capuleti per cercare di coprire un repertorio piuttosto ampio e non fossilizzare la mia presenza solo su un compositore e anche perchè ero interessato dopo tutti questi anni che ho passato a contatto con il grande repertorio ad avere la possibilità di riconsiderare, di ripensare a un’opera di Bellini atraverso l’esperienza accumulata attraverso quei compositori che sono venuti dopo.”
Il direttore associa quest’opera ad un colore tra l’azzurro e il blu, con una piccola parte di colore caldo che è quella sorta di passione e romanticismo che deve essere tenuta assolutamente sotto controllo nel momento in cui agli artisti viene richiesto un certo tipo di espressione. Racconta di come ci sia qualcosa di aulico in quest’opera, il sentimento espresso attraverso la qualità e lo stile del canto, piuttosto che una introspezione psicologica che si ritroverà poi delle opere del Verdi centrale o maturo. L’esperienza accumulata con quell’altro repertorio lo ha portato ad agire per sottrazione e il lavoro che è stato fatto in sala con gli artisti è stato quello di rivitalizzare tutte quelle parti di recitativo che sono il vero motore dell’opera.
“Qui il recitativo belliniano non ha ancora la forza di quello che sarà il recitativo verdiano però l’esperienza accumulata con le opere di Verdi e con un lavoro di sottrazione mi ha portato a scegliere a prendere una decisione stilistica e teatrale facendo sì che tutti i recitativi che collegano i numeri chiusi siano il vero motore della storia, il vero racconto della storia. Gli stati d’animo, ma ancor di più le situazioni che si vengono a creare all’interno dei recitativi sono sottolineate dall’intervento dell’orchestra e quindi un accordo, un suono, una tinta preparano una situazione scenica e in questo sono stato seguito meravigliosamente dalla mia compagnia di canto. L’aria, il duetto, sono momenti di cristallizzazione dello sviluppo drammaturgico e viene sottolineato il sentimento del personaggio attraverso la scrittura vocale. Quindi è un procedimento apparentemente molto semplice, ma nella realtà ricco anche di alcune novità. Se questo piacerà ci renderà molto felici, ma sono convinto che potrà magari anche creare discussioni e ben venga!”
Il regista Denis Krief torna al belcanto dopo la Maria Stuarda di Donizetti, parla di come per un regista possa sembrare un po’ frustrante occuparsi di belcanto e di quanto i cantanti siano entrati nelle convenzioni perchè si tratta di un teatro di convenzioni. “Abbiamo perso le convenzioni nella rappresentazione del belcanto, il pubblico di allora non è il pubblico di oggi e il nostro modo di far teatro oggi non è più quello di allora. Quando arriva la trilogia verdiana con la Traviata del 1853 siamo in un altro mondo teatrale perché è un teatro realista, psicologico, mentre il teatro di Bellini è belcanto e musica pura, forse un teatro astratto. Il recitativo duetto finale sulla tomba è una rarefazione di musica e di regia, accettiamo le convenzioni di un teatro rarefatto che ogni tanto ci racconta una storia, come dice il M° Gatti, in un recitativo. I recitativi raccontano una storia, conducono all’azione e attraverso i recitativi entriamo nella convenzione della musica, del canto e del belcanto. E godiamocelo! Questa è la mia proposta.”
Il direttore artistico Alessio Vlad conclude dicendo che un teatro deve dare sempre opere e proposte nuove o riportare alla giusta luce quelli che sono dei capisaldi della nostra cultura e del nostro mondo. “Non c’è niente di più difficile di un accompagnamento, riportare un accompagnamento alla sua volontà musicale originale è una delle cose più difficili, è come quando si restaura un vecchio film a cui si tolgono le incrostazioni e lo si vede con una luce nuova. Tutti noi dobbiamo essere grati a Daniele Gatti che si è messo in un’impresa di questo genere che è molto complessa.”
Tutti i cantanti che partecipano a questa produzione sono artisti che debuttano i rispettivi ruoli, sono tutti molto giovani. Mariangela Sicilia si alterna a Benedetta Torre nel ruolo di Giulietta. Il difficilissimo ruolo di Romeo, ruolo dalla tessitura molto ampia che richiede la capacità di mantenere il suono nelle zone gravi è interpretato dalla ventiseienne Vasilisa Berzhanskaya. Iván Ayón Rivas sarà Tebaldo, Nicola Ulivieri Lorenzo e Alessio Cacciamani Capellio che sosterrano dei ruoli più tradizionali rispetto a quella che è il normale repertorio d’opera.
“È un lavoro di equipe in cui si parte da questa volontà di riportare alle intenzioni musicali più vere il cosiddetto belcanto. Non dimentichiamoci che Bellini è un compositore eroico e che I Capuleti e i Montecchi è un capolavoro, che sarà restituito da parte nostra con tutte le migliori intenzioni.”
Vincenzo Bellini
I CAPULETI E I MONTECCHI
Tragedia lirica in due atti
libretto di Felice Romani
Prima rappresentazione assoluta, Teatro La Fenice di Venezia, 11 marzo 1830
DIRETTORE Daniele Gatti
REGIA, SCENE, COSTUMI, LUCI Denis Krief
MAESTRO DEL CORO Roberto Gabbiani
PRINCIPALI INTERPRETI
ROMEO Vasilisa Berzhanskaya
GIULIETTA Mariangela Sicilia /Benedetta Torre 1, 6 febbraio
TEBALDO Iván Ayón Rivas / Giulio Pelligra 1, 6 febbraio
LORENZO Nicola Ulivieri
CAPELLIO Alessio Cacciamani
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA
NUOVO ALLESTIMENTO TEATRO DELL’OPERA DI ROMA
In lingua originale con sovratitoli in italiano e inglese
PRIMA RAPPRESENTAZIONE Giovedì 23 gennaio, ore 20.00
REPLICHE
Domenica 26 gennaio, ore 16.30
Martedì 28 gennaio, ore 20.00
Sabato 1 febbraio, ore 18.00
Martedì 4 febbraio, ore 20.00
Giovedì 6 febbraio, ore 20.00
La prima di giovedì 23 gennaio, ore 20.00, sarà trasmessa in diretta da Rai Radio3 e sarà preceduta dalla LEZIONE DI OPERA tenuta dal maestro Giovanni Bietti lunedì 20 gennaio alle ore 20.00 e dall’ANTEPRIMA GIOVANI Martedì 21 gennaio, ore 19.00, riservata ai minori di 26 anni.
Per informazioni e prenotazioni “Lezioni d’Opera e “Anteprime Giovani”: 0648160255/064817003; ufficio.biglietteria@operaroma.it | 0648160312/532/533 promozione.pubblico@operaroma.it ; dipartimento.didattica@operaroma.it
Loredana Margheriti