I Cinque Stelle in retromarcia per un ritorno alle origini

Il ritorno alle origini significa, per i pentastellati, ritrovare quella’purezza’ perduta. Dopo il voto che ha salvato Matteo Salvini dal processo per sequestro di persona nei confronti dei migranti, tenuti per giorni sulla nave militare Diciotti, il Movimento ha innestato una brusca marcia indietro. Lotta alla corruzione e giustizialismo spinto sembrano le bandiere che sventolando, possano ricompattare una base alla ricerca di un’identità perduta. Luigi Di Maio, il capo politico che per certi versi ha smarrito e/o sacrificato parte di quella ortodossia, cerca di accreditare, con molte difficoltà, il Movimento come moderato, con l’intento di lasciare a Salvini lo stendardo dell’estremista. Bisogna chiudere gli occhi e dimenticare il passato per credere ad un cambio così repentino di rotta. Appena tre mesi fa, Luigi Di Maio accompagnato dal ‘moderato Di Battista, si recava in Francia per incontrare gli esponenti dei Gilet gialli, che avevano messo a ferro e fuoco Parigi e la Francia.Mossa ridicola e confusa che rischiò la rottura delle relazioni diplomatiche con l’Eliseo, che solo la saggezza di Mattarella ha salvato. E tutto ciò per cercare a tutti i costi una ribalta in un momento in cui la subalternità a Salvini sembrava più marcata. Adesso, quantomeno si intravede un metodo per un’eventuale e immediata riscrittura di un’agenda mediatica che appare ancora salda nelle mani di Salvini. Non si può negare che sin dalla nascita del governo giallo-verde, Di Maio ha subito e ha assorbito il modo di comunicare dell’avversario politico e alleato, opponendo solo uno sterile eccepire. Ha tentato in tutti i modi di marcare le differenze che invece diventavano sempre più impercettibili, al solo scopo di risalire nei sondaggi. Ma le inchieste che negli ultimi giorni hanno colpito il centrodestra ed in particolarmente gli alleati di governo, hanno avuto l’effetto di un richiamo alle origini, accelerando il ricorso al giustizialismo, che è nel loro DNA,l’unico elemento identificativo e collante del pianeta grillino. Senza tener in alcun conto che l’uso strumentale della giustizia penale con effetto ad orologeria, il più delle volte diventa un boomerang. Ma non importa! Conta l’oggi non il domani! Questo deve servire a frenare la discesa nei consensi del Movimento, come risulta dai sondaggi, e a compattare la base in vista delle elezioni europee. Potrebbe anche essere uno strizzare l’occhio al Pd, ma il tema sull’immigrazione rimane l’unico che eventualmente impedirebbe qualsiasi avvicinamento al di là di qualsivoglia tentativo di dialogo, proveniente dalle fila che fanno capo al Presidente della Camera Roberto Fico. Anche a voler prendere per veritiera questa presunta svolta, questo presunto voler tornare alle origini, forti dubbi restano sulla sua durata. La pretesa diversità con la Lega sui temi sociali, della giustizia e dell’economia, possono funzionare nel breve periodo, ma alla lunga dovrebbero spiegare ai propri elettori e al Paese le ragioni di un’alleanza così anomala. Dopo il voto del 26 maggio e al più tardi dopo l’estate ci sarà la resa dei conti, perché entrambi gli alleati dovranno affrontare i nodi della prossima finanziaria che sarà dura in ogni senso, soprattutto assumersene la paternità verso gli italiani. Solo allora si capirà se il ritorno alle origini sia una necessità per ritrovare un’identità smarrita, o se invece si tratta di uno stratagemma temporaneo, tipico dei mestieranti della politica che navigano a vista senza una rotta precisa.

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