di Andrea Viscardi
Il Governo Monti sembra aver svuotato i partiti di quel ruolo di centralità nella gestione del potere e all’uopo si attrezzano per manovre che tenteranno di arginare il successo sempre più crescente che il Premier ed il suo esecutivo sta riscuotendo nel Paese ed in campo internazionale. L’opinione pubblica percepisce questo stato di cose e teme fortemente che le forze politiche in campo sia di opposizione, che alcuni pezzi della maggioranza, (vedi PDL), impediranno a Monti di lavorare bene con la paura che lo stesso possa costruire una forza politica propria in grado di porsi in gioco anche nel 2013. Ma quali che siano i giochi nei prossimi dodici mesi, i cittadini si troveranno al prossimo appuntamento elettorale in gran parte le stesse facce di parlamentari che abbiamo visto negli ultimi anni. Perché, a differenza di quanto avvenne nel 1992, quando un’intera classe politica fu annientata dall’azione della magistratura,questa volta non avverrà nulla di tutto questo, né s’intravede all’orizzonte una nuova formazione politica in grado di scendere in campo e sbaragliare tutti, come fu per Berlusconi con Forza Italia. Tra gli elettori però sta accadendo qualcosa che non si verificava da decenni: si torna a credere che i governanti facciano bene il loro mestiere e non perseguono solo fini personali. Certo, si tratta di mutamenti ancora superficiali, tali da non costituire una vera e propria inversione di tendenza, ma si può tranquillamente affermare che i partiti restano fuori da questo rinnovato clima di fiducia, anzi come alcuni sondaggi dimostrano vengono considerati un cancro del sistema, quindi meglio se si tengono alla larga. Quindi, può sembrare strano, ma a Monti va il merito di aver riavvicinato i cittadini alla politica e di averli ulteriormente allontanati dai partiti. Tutto questo accade perché quest’ultimi sia di destra che di sinistra, sia di maggioranza che di opposizione, si sono autoestromessi dalla guida del paese con fare, oserei dire, pilatesco, dimostrando, dopo anni di logoramento, tutta la loro incapacità ed inefficienza nel reagire alle sfide di una società globalizzata in continua ed inesorabile evoluzione. Con questo però, non si può non sostenere che non esiste democrazia senza partiti al potere. Occorre un vero processo strutturale di rinnovamento che investe i meccanismi della rappresentanza e della leadership; a ciò non si può ovviare, semplicemente, con l’impedire ai tecnici di governare e di mandarli a casa il più presto possibile, con lo scopo di riprendersi un potere che l’elettorato non gli riconosce più.