Paolo Gentiloni, attuale Commissario europeo all’Economia, si trova al centro di speculazioni riguardo un suo possibile ritorno in Italia, in un momento chiave per l’economia europea. Durante una conferenza stampa a Bruxelles, al termine dell’Eurogruppo, Gentiloni ha sottolineato l’importanza di raggiungere un accordo sulla revisione del Patto di stabilità tra il Consiglio dell’UE e il Parlamento europeo. Questa dichiarazione arriva in un periodo cruciale, alimentando ipotesi su un suo ritorno ai vertici del Partito Democratico (PD) in Italia. Paolo Gentiloni Silveri è un politico e giornalista italiano, commissario europeo per gli affari economici e monetari nella Commissione von der Leyen a partire dal 1º dicembre 2019. In precedenza è stato presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana dal 12 dicembre 2016 al 1º giugno 2018. Esponente di spicco del Partito Democratico, di cui è un membro fondatore e di cui è stato presidente dal 17 marzo 2019 al 22 febbraio 2020, è stato, dopo una lunga carriera nella politica extraparlamentare e locale: deputato alla Camera dal 30 maggio 2001 al 2 dicembre 2019, ministro delle comunicazioni nel governo Prodi II, dal 17 maggio 2006 all’8 maggio 2008, e ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale nel governo Renzi, dal 31 ottobre 2014 al 12 dicembre 2016. Dopo le dimissioni di Matteo Renzi, a seguito dell’esito fallimentare del referendum costituzionale del 2016, Gentiloni ha ottenuto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’incarico di formare un governo, sciogliendo positivamente la riserva il 12 dicembre 2016 ed entrando in carica il giorno stesso. Nato il 22 novembre 1954 a Roma, Paolo Gentiloni Silveri è uno dei discendenti della famiglia dei conti Gentiloni Silveri, nobili di Filottrano, Cingoli, Macerata e Tolentino, imparentati con il conte Vincenzo Ottorino Gentiloni, cameriere di cappa e spada di Pio XI, noto per la stesura dell’omonimo patto che all’inizio del Novecento segnò il superamento del ‘non expedit’ e l’ingresso dei cattolici nella vita politica italiana. ‘No, non mi candiderò al Parlamento europeo’. La risposta spiazzante di Paolo Gentiloni è arrivata a Bruxelles. Il commissario Ue per gli affari economici si è fermato davanti ai cronisti dopo il suo intervento davanti alla commissione economica dell’Europarlamento. E ha aperto la questione sul futuro dell’ex premier: ‘La mia intenzione è tornare in Italia’, scherzando anche sul fatto che non andrà mai in pensione. L’annuncio di Paolo Gentiloni di non candidarsi alle Europee e di ritornare in Italia, dal mese di giugno, a fare politica attiva, è una scelta che tormenta i pensieri e le notti di Elly Schein. A ben guardare non si può escludere un golpe contro la segretaria del Pd mosso dal terzetto terribile composto da Matteo Renzi, Dario Franceschini e Paolo Gentiloni, che si muoverebbero all’ombra del renziano ‘Ellystaiserena…’. Franceschini oggi ha un giudizio molto critico e non è più schiacciato sulla linea e le posizioni politiche della Schlein. Il ritorno di Gentiloni in Italia è chiaro ed è diretto alla poltrona di segretario del Pd. Lo start del progetto è rinviato a dopo le Europee. Il terzetto è molto attento a un doppio appuntamento elettorale prima di chiedere la testa di Schlein. Le comunali di Firenze e il voto per il Parlamento europeo. Renzi è più che decisivo con la sua Italia Viva per la sconfitta del Pd a Firenze. Se Renzi conferma il no alla candidata della segretaria allora il rischio è più che possibile. Alle Europee Schlein si gioca tutto. Relativamente a una sua candidatura alle europee i malumori nel partito aumentano e le ‘amazzoni’ si lanciano tra le braccia di Gentiloni e Franceschini per mettere agli atti il dissenso contro Schlein che, su una sua probabile candidatura è incerta, ne parlerà con i vertici del Pd durante il “conclave” convocato a Gubbio il 18 e 19 gennaio. La candidatura probabile della giovane segretaria dem, Elly Schlein, deve fare comunque i conti con le obiezioni dei padri nobili della sinistra e, come se non bastasse, con le accuse tutte interne delle diverse correnti dem. Il femminismo ideologico di Schlein le torna indietro come un boomerang in vista delle elezioni del prossimo giugno e sono le donne Pd a ribellarsi ad una possibile candidatura da capolista della segretaria. L’ex presidente della Camera Laura Boldrini, intervenendo dal convengo in ricordo di David Sassoli, ha messo subito in chiaro le cose. “Bisogna evitare in ogni modo il rischio che in queste elezioni le donne vengano penalizzate”, spiega Boldrini ripresa dal Corriere della Sera riflettendo sui possibili rischi di una candidatura della leader. Che poi aggiunge: “Immagino che non voglia incorrere in questo rischio, lei è una segretaria femminista. Candidandosi capolista nelle cinque circoscrizioni – riassume Boldrini – finirebbe per penalizzare le donne del partito”. Alessandra Moretti, ex vice sindaca a Vicenza è risoluta: “Valorizzare le donne è un elemento chiave per costruire un programma femminista. La voce delle donne non può essere silenziata ma è essenziale per garantire quell’Europa sociale e dei diritti messi a dura prova da governi di destra come il nostro”. Lo stesso refrain utilizzato dalla deputata Paola De Micheli: “Elly Schlein – esordisce l’ex sottosegretaria all’Economia – non deve candidarsi. Il partito deve essere plurale. È il partito che si deve affermare, non Schlein’’. Un concetto ribadito anche dalla senatrice Sandra Zampa: “Le pluricandidature sono fasulle e quindi mi attendo che Elly non proceda in questa direzione”. Davanti a tutte queste obiezioni, come da tradizione, la segretaria Pd preferisce glissare. A domanda secca, la giovane paladina democratica rivendica di avere “sempre detto che è l’ultima delle valutazioni”. “Prima – spiega ad Agorà su Rai 3 – viene il progetto dell’Europa che vogliamo”. La sua possibile candidatura, precisa Schlein, “prescinde dalle valutazioni di altri leader e di altre forze”. Il trio Gentiloni-Renzi-Franceschini starebbe preparando anche una manovra più ambiziosa: il rovesciamento del governo Meloni. La premier ne è conscia e in conferenza stampa del 4 gennaio scorso è chiara: ‘Qualcuno ha pensato di poter dare le carte, penso che non debbano esserci questi condizionamenti. L’ho visto accadere, vedo degli attacchi ma non sono una persona che si spaventa facilmente. Credo lo stiano capendo in tanti. Penso che sia cento volte meglio andare a casa. Hanno a che fare con la persona sbagliata. Ci sono persone che pensano di poter indirizzare le scelte. Ma le scelte, se io faccio il presidente del Consiglio, le faccio io’, disse Meloni che sente puzza di giochetti di Palazzo. Il messaggio ha più destinatari. Mario Draghi, ad esempio, potrebbe entrare in gioco componendo con i tre i ‘Quattro dell’Ave Maria’, visto che da settimane si nota per i suoi impegni pubblici. Al momento è tutto teorico visto che nella maggioranza di centrodestra, al netto delle tensioni sulle regionali, non si è aperto alcun varco in cui infilarsi.
Andrea Viscardi