Ignazio La Russa e il sogno della pacificazione nazionale

‘Chi se non Giorgia? Capimmo subito che soltanto lei poteva far decollare questa destra. E magari chissà aspirare a diventare presidente del Consiglio. Una cosa impossibile’, parola di Ignazio La Russa intervistato da Bruno Vespa nel “salotto” di piazza del Popolo, dove Fratelli d’Italia celebra e festeggia il decennale. Si parte dalle origini, dalla scelta “coraggiosa”, ai limiti dell’incoscienza, di staccarsi dal Popolo della libertà per dare vita a una nuova formazione, che inizialmente si chiamava centrodestra nazionale.

«Eravamo io, Guido (Crosetto, ndr), Fabio Rampelli e Giorgia». Quattro amici, non al bar, pronti a fare il grande salto dopo le ultime mosse di Berlusconi, con la convocazione delle primarie e l’improvviso passo indietro. Con Angelino Alfano vittima del ripensamento del capo. «Ricordate? Berlusconi diceva che non aveva il quid, che poi non si è mai capito cosa fosse», dice La Russa. Si aspettava che sareste arrivati fin qui? Dall’ 1,9 per cento delle politiche del 2013 al quasi 30 per cento di oggi? «Non avrei sicuramente pensato di fare il presidente del Senato. Non 15 anni fa ma neanche 15 mesi fa. Ma non ci ponevano limiti rispetto alle nostre idee: avrebbero trionfato e di questo ho sempre avuto sempre certezza assoluta».

«Siamo stati i primi ad andare via senza litigare». Il Cavaliere non si stracciò le vesti. «A me Berlusconi disse “perché andate via? Restate”. Ma in fondo era contento che andassimo via».  Le leadership si conquistano, o ci sono o non ci sono. E Giorgia lo dimostrò subito, dice ancora la seconda carica dello Stato, deciso a lasciare un’impronta visibile a Palazzo Madama.  «Se volevano un presidente che dirige l’aula, potevano mettere un semaforo, giallo, rosso verde…». Di questo va orgoglioso, il decano della politica italiana, sempre a destra come fosse un destino. «Il mio obiettivo è lavorare a quella pacificazione a cui fece cenno Violante. Ma poi trascurata da altri presidenti. Se sposterò in avanti anche di un centimetro il reciproco riconoscimento delle ragioni degli altri, io mi considererò soddisfatto. Anche a costo di trovarmi un po’ stretto in questa camicia di forza di presidente».

La rotta del governo, le prossime scadenze si mescolano ai ricordi  personali e agli aneddoti inediti.  Riforme avanti tutta. «Meloni confida entro la fine di questa legislatura di poter dare al popolo italiano molto più potere su chi ha le sorti del Paese in mano. Sarebbe un errore dire presidenzialismo all’americana, semipresidenzialismo alla francese o premierato, come diceva Renzi. Siamo aperti al confronto. Non ci arrocchiamo su una di queste tre opzioni. Poi, personalmente io preferisco il semipresidenzialismo alla francese». L’inizio fu duro, ma la coerenza alla fine ha pagato. Non andarono bene le prime elezioni (a solo tre mesi dalla nascita), non andarono molto meglio le europee. Vespa ricorda un La Russa di parola che a Porta a porta si tagliò la barba per aver perso la scommessa di superare  la soglia del 3%.

Pacificazione nazionale e opposizione barricadera. «Il rischio di tensioni sociali c’è sempre», dice La Russa. Che però  non vede il clima  di quando era giovane. In quella Milano accecata dall’odio ideologico che portò all’assassinio, a colpi di chiave inglese, di Sergio Ramelli. «Non vorrei mai che le nuove generazioni ripercorrano quella strada, quando cioè il sistema giocava molto sugli opposti estremismi. Quando parlo di pacificazione, penso a questo: costruire un’area comune in cui tutti possano confrontarsi ma senza l’odio che nasceva da posizioni ideologiche estreme». Si arriverà a  un clima di normalità democratica? «Non lo so, di certo è il mio obiettivo, sicuramente lo è di Giorgia Meloni».  Il primo premier donna (e di destra) della storia repubblicana ha una marcia in più. Più volte ha detto di avere dalla sua la consapevolezza di non avere nulla da perdere. «A Giorgia non gliene frega di avere un ruolo se quel ruolo non serve a realizzare le sue idee. Se le dicono che per stare lì 5 anni deve navigare facendo surf, Giorgia si dimette, se ne va e torna da Ginevra. È fatta così».

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