Si è dimesso il sindaco di Roma Ignazio Marino. L’addio è arrivato dopo il pressing del Pd e le dimissioni del vicesindaco e di due assessori. Per Marino è stata una giornata sotto assedio, col rischio di una sfiducia da parte del Pd. Orfini nel pomeriggio ha incontrato gli assessori, poi una delegazione è andata dal sindaco: ‘E’ finita’. Ignazio Marino comunica così le sue dimissioni: ‘Care romane e cari romani, ho molto riflettuto prima di assumere la mia decisione. L’ho fatto avendo come unica stella polare l’interesse della Capitale d’Italia, della mia città. Quando, poco più di due anni e mezzo fa mi sono candidato a sindaco di Roma l’ho fatto per cambiare Roma, strappando il Campidoglio alla destra che lo aveva preso e per cinque anni maltrattato, infangato sino a consentire l’ingresso di attività criminali anche di tipo mafioso. Quella sfida l’abbiamo vinta insieme. In questi due anni ho impostato cambiamenti epocali, ho cambiato un sistema di governo basato sull’acquiescenza alle lobbies, ai poteri anche criminali. Non sapevo, nessuno sapeva, quanto fosse grave la situazione, quanto a fondo fosse arrivata la commistione politico-mafiosa. Questa è la sfida vinta e il sistema corruttivo è stato scoperchiato, i tentacoli oggi sono tagliati, le grandi riforme avviate, i bilanci non sono più in rosso, la città ha ripreso ad attrarre investimenti e a investire. I risultati, quindi, cominciano a vedersi. Il 5 novembre su mia iniziativa il Comune di Roma sarà parte civile in un processo storico e siamo davanti al giudizio su una vicenda drammatica che ha coinvolto trasversalmente la politica. La città è stata ferita ma, grazie alla stragrande maggioranza dei romani onesti e al lavoro della mia giunta, ha resistito, ha reagito. Tutto il mio impegno ha suscitato una furiosa reazione. Sin dall’inizio c’è stato un lavorio rumoroso nel tentativo di sovvertire il voto democratico dei romani. Questo ha avuto spettatori poco attenti anche tra chi questa esperienza avrebbe dovuto sostenerla. Oggi quest’aggressione arriva al suo culmine. Ho tutta l’intenzione di battere questo attacco e sono convinto che Roma debba andare avanti nel suo cambiamento. Ma esiste un problema di condizioni politiche per compiere questo percorso. Queste condizioni oggi mi appaiono assottigliate se non assenti. Per questo ho compiuto la mia scelta e presento le mie dimissioni. Sapendo che queste possono per legge essere ritirate entro venti giorni. Non è un’astuzia la mia, ma è la ricerca di una verifica seria, se è ancora possibile ricostruire queste condizioni politiche. Questi i motivi e il quadro in cui si inseriscono le mie dimissioni. Nessuno pensi o dica che lo faccio come segnale di debolezza o addirittura di ammissione di colpa per questa squallida e manipolata polemica sulle spese di rappresentanza e i relativi scontrini successivamente alla mia decisione di pubblicarli sul sito del Comune. Chi volesse leggerle in questo modo è in cattiva fede. Ma con loro non vale la pena di discutere.Mi importa che i cittadini, tutti, chi mi ha votato come chi no, perché il sindaco è eletto da una parte ma è il sindaco di tutti, comprendano e capiscano che, al di là della mia figura, è dal lavoro che ho impostato che passa il futuro della città. Spero e prego che questo lavoro, in un modo o nell’altro, venga portato avanti, perché non nascondo di nutrire un serio timore che immediatamente tornino a governare le logiche del passato, quelle della speculazione, degli illeciti interessi privati, del consociativismo e del meccanismo corruttivo-mafioso che purtroppo ha toccato anche parti del Pd e che senza di me avrebbe travolto non solo l’intero Partito democratico ma tutto il Campidoglio’. In una nota, in serata,il Partito Democratico rilascia una nota: ‘Esprimiamo apprezzamento per il gesto di responsabilità con cui Ignazio Marino ha ritenuto di presentare le proprie dimissioni da sindaco di Roma. È una scelta giusta che dimostra la sua volontà di mettere al primo posto l’interesse della città’. Le dimissioni del sindaco diventano efficaci e irrevocabili trascorso il termine di 20 giorni dalla loro presentazione al Consiglio comunale (art. 53 del Testo Unico degli enti locali). Durante quei 20 giorni, Sindaco, Giunta e Consiglio hanno solo poteri di ordinaria amministrazione. Dopo i 20 giorni è disposto lo scioglimento del Consiglio comunale (art. 141 del D.Lgs. 267/2000) con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Interno. Cessano anche tutte le cariche politiche, decadono gli uffici di supporto all’Amministrazione e gli incarichi a contratto. Il Prefetto nomina in questa fase un Commissario, detto Prefettizio, fino alla conclusione del procedimento di scioglimento che termina, con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Interno, entro 90 giorni. Entro il termine di 90 giorni, è nominato un commissario straordinario, sempre con decreto del presidente della Repubblica e su proposta del Viminale, i cui poteri sono identici a quelli, sono identici a quelli, sommati, del Consiglio, della Giunta e del sindaco. Il rinnovo del Consiglio, ovvero le elezioni, deve coincidere con il primo turno elettorale utile previsto dalla legge. Quindi si voterà in primaverà.I consiglieri cessati dalla carica continuano ad esercitare, fino alla nomina dei successori, gli incarichi esterni loro eventualmente attribuiti. Nel caso in cui il Sindaco non si dimettesse, il Testo unico degli Enti locali fornisce due opzioni all’Assemblea Capitolina: ‘Mozione di sfiducia: votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio, e viene messa in discussione non prima di 10 giorni e non oltre 30 la sua presentazione. Se la mozione viene approvata si procede allo scioglimento del Consiglio e alla nomina di un commissario ai sensi dell’articolo 141; Dimissioni in massa dei consiglieri comunali e si devono dimettere contemporaneamente 25 consiglieri su 48. Un eventuale Commissario Straordinario della città di Roma dovrebbe affrontare anche l’impegno straordinario del Giubileo. Ovvie quindi le preoccupazioni sui poteri che potrà avere. La legge prevede che: ‘Per far fronte a situazioni di gravi disservizi e per avviare la sollecita realizzazione di opere pubbliche indifferibili, la Commissione Straordinaria, entro il termine di sessanta giorni dall’insediamento, adotta un piano di priorità degli interventi, anche con riferimento a progetti già approvati e non eseguiti; la relativa deliberazione, esecutiva a norma di legge, è inviata entro dieci giorni al prefetto il quale, trasmette gli atti all’amministrazione regionale territorialmente competente per il tramite del commissario del Governo, o alla Cassa depositi e prestiti, che provvedono alla dichiarazione di priorità di accesso ai contributi e finanziamenti a carico degli stanziamenti comunque destinati agli investimenti degli enti locali.
Luigi Viscardi