Il 25 aprile, festa della Liberazione d’Italia dall’occupazione, vista nella commemorazione e nella strumentalizzazione

All’Altare della Patria,  il 25 aprile, presenti il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni, accompagnati dai presidenti del Senato, Ignazio La Russa, della Camera, Lorenzo Fontana, e della Corte costituzionale, Augusto Barbera. E ancora: dal ministro della Difesa, Guido Crosetto e dalle alte cariche militari. Tutti presenti alla deposizione della corona d’alloro al sacello del Milite ignoto per la rituale cerimonia commemorativa.

Il Capo dello Stato, che non rinunciò all’omaggio al Vittoriano neanche durante il lockdown, quando si recò da solo a piazza Venezia, si sposterà ora a Civitella in Val di Chiana, in Toscana, scelta quest’anno per la celebrazione del 25 aprile, dove nel 1944 i nazisti trucidarono 244 persone. La giornata si concluderà nel pomeriggio al Quirinale, con l’udienza ai rappresentanti delle Associazioni d’Arma. Immagini, allora, quelle del Capo dello Stato che da solo scala i gradini del Milite Ignoto durante il lockdown per l’epidemia di Covid, entrate nell’immaginario per la forza evocativa che spigionano.

Immagini che stridono con le scene di violenza che hanno  ignobilmente di strumentalizzato la commemorazione della Liberazione d’Italia dall’occupazione, nelle piazze del Paese, come sui media. Visti, nel pensiero e nell’azione, militanti e attivisti che veicolano la storia e i suoi simboli, in modo  strumentale e deformante, in un presente che è oggi completamente diverso.

Immagini, quelle di Mattarella che in solitudine va a rendere omaggio al Vittoriano, che la stessa Giorgia Meloni ha voluto ricordare sui social, postando emblematicamente sui suoi profili: «Nel giorno in cui l’Italia celebra la Liberazione, che con la fine del fascismo pose le basi per il ritorno della democrazia, ribadiamo la nostra avversione a tutti i regimi totalitari e autoritari. Quelli di ieri, che hanno oppresso i popoli in Europa e nel mondo. E quelli di oggi, che siamo determinati a contrastare con impegno e coraggio. Continueremo a lavorare – conclude la premier – per difendere la democrazia e per un’Italia finalmente capace di unirsi sul valore della libertà. Viva la libertà!».

E questo è un fatto. Altro fatto e altra realtà è quella data dal prof. Tomaso Montanari che  reagisce con disappunto a un articolo pubblicato  sul Secolo d’Italia e firmato peraltro da un suo collega, Spartaco Pupo, docente universitario. Ha scritto infatti a commento del titolo dell’articolo: “Ma almeno oggi tornate nelle fogne e tacete“. La stizza di Montanari è più che lecita, ciò che preoccupa è l’uso, da parte sua di un frasario stile anni Settanta che richiama lo slogan “fascisti carogne tornate nelle fogne”. Slogan che solo pochi anni fa sarebbe suonato ridicolo e anacronistico in bocca a chiunque e che oggi invece trova nuova linfa grazie alla cultura manichea che personaggi come il prof. Montanari si impegnano a divulgare soprattutto via social rimettendosi l’eskimo polveroso dei cattivi maestri degli anni di piombo. Invettiva proposta  in una giornata che celebra il valore della Liberazione e della libertà. Giornata che ci spinge a riflettere sul valore della memoria: non erano i fascisti che riducevano al silenzio i giornali in disaccordo col regime?

L’avversione ai regimi totalitari ribadita  dal presidente Mattarella che si è poi recato a Civitella Val di Chiana, luogo di una strage efferata compiuta dai nazisti nel 1944. “Intorno all’antifascismo – ha detto Mattarella – è possibile e doverosa l’unità popolare, senza compromettere d’altra parte la varietà e la ricchezza della comunità nazionale, il pluralismo sociale e politico, la libera e mutevole articolazione delle maggioranze e delle minoranze nel gioco democratico. Il 25 aprile è per l’Italia una ricorrenza fondante: la festa della pace, della libertà ritrovata, e del ritorno nel novero delle nazioni democratiche”.

Per la sinistra c’è sempre un fascista protempore da contestare, da aggredire, da espellere dal corteo, anni fa il 25 aprile fu contestato anche Umberto Bossi nonostante avesse fatto campagna elettorale parlando di “porcilaia fascista”. Poi hanno contestato anche il padre partigiano di Letizia Moratti.  La pretesa simmetria tra antifascismo e democrazia. Un imbroglio che tuttora li legittima, ma è un’impostura perché l’antifascismo non coincide con la democrazia. Si può essere antifascisti senza essere democratici. La destra è al governo grazie alla Costituzione e basta. La Costituzione nata dalla fine del fascismo. Ma questo non significa che l’antifascismo sia un valore sempre e comunque perché esso comprende anche un’identità comunista che non è democratica e non lo era in quegli anni. Infatti i comunisti volevano fare dell’Italia una nazione satellite del Patto di Varsavia. Il 25 aprile è stato sempre rivolto contro qualcuno. In origine contro la Dc che veniva considerata come un camuffamento del fascismo. Persino contro Craxi che era un socialista. Contro Fanfani che chiamavano “fanfascista”. Al ministro Lollobrigida che ha ricordato i ragazzi missini uccisi dall’antifascismo militante hanno replicato dicendo che il fascismo ha fatto molti più morti.

Elly Schlein in piazza a Milano spalla a spalla con Antonio Scurati, l’ultimo eroe della sinistra a caccia di mostri neri e rigurgiti fascisti, vittima di una presunta censura Rai per il suo monologo sul 25 aprile. Sulla quale le opposizioni, con il megafono della grande stampa e i rimbalzi sui social, hanno costruito il caso del secolo, gonfiato ad arte in vista delle europee.

Per Schlein, ‘Il fascismo non è un’opinione, è un crimine’.

A Roma invece, testimonial d’eccezione, perfetto alla narrazione, è stato Roberto Salis, il padre della maestra antifà detenuta a Budapest perché accusata di aver pestato alcuni esponenti neo-nazisti durante una manifestazione. Nella passerella resistenziale in salsa anti-sovranista non poteva mancare la sfida al nemico numero uno, Viktor Orban, pericoloso sodale della premier Meloni. Nell’annunciare la scaletta della kermesse l’Anpi intona la litanìa. Nel mirino “un’Europa in cui un governo illiberale tiene in carcere ed espone in catene una giovane donna senza che ancora le sia stato notificato il capo di imputazione. E  il cui papà Roberto Salis, sarà con noi sul palco di Porta San Paolo”.

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