Il 4 aprile Hypnos presenta a Roma la sua opera ‘Michael’s Gate’

Giovedì 4 aprile alle ore 10  presso il museo Macro di Roma entrata di via Reggio Emilia, l’artista hypnos presenterà la sua opera più famosa Michael’s Gate.L’artista sarà presentato dalla Storica dell’arte Ada Lombardi che su Michael’s Gate ha scritto:

Nel 1906 Matisse dipinse ‘La joie de vivre’, dove la natura si fondeva nei colori e nelle forme dei corpi di alcune donne, centro di tutta l’opera. Dopo 40 anni anche Picasso dipinse la sua Joie de vivre, e anche qui il centro dell’opera era una figura di donna da cui si svolgeva una spirale che portava al centro del quadro il mare, gli animali un centauro simbolo della fusione della natura e dell’uomo, il tutto in una danza eterna, di cadute e di ascese.

Così anche oggi si assiste alla creazione di un’opera che inneggia alla vita, una vita però più reale che accoglie la morte, in una danza infinita. Si tratta dell’opera dell’artista Gilberto Di Benedetto, che possiamo definire come un’altra Joie de Vivre, ma che possiede il titolo più alchemico di Michael’s Gate, ovvero Porta di San Michele.

Lo stesso nome della Porta di Bratislava e che rappresenta l’unica porzione della città antica ancora rimasta in piedi e sopravvissuta alla distruzione della seconda guerra mondiale. La tradizione popolare dice che si debba passare in silenzio sotto quella porta per acquisire eternità alla propria anima.

Così l’opera di Gilberto Di Benedetto rappresenta un vero e proprio canto dell’eternità della vita dipinta in un “atto unico”.

Sembra in effetti creata di getto, al colmo di un’ispirazione trascendente dove si innalzano picchi astratti di pennellate gestuali raffiguranti salite e discese, rafforzate dai timbri di colore che si ravvivano al massimo del loro gradiente luminoso per accendersi negli aranci più intensi e scomparire nei neri più densi. In un “sali e scendi” che riprende e ricorda anche i canti delle ballate medioevali, quelli più vicini ai misteri della vita che custodivano il ricordo degli antichi rituali dionisiaci della cultura greca, quella più autentica e più fedele a sé stessa, e al vero volto del classicismo e dell’Arcadia.

Ugualmente le stesse Joie de Vivre di Matisse e Picasso si riferivano alla stessa antica cultura pagana, vero volto di un classicismo espresso nella sua essenzialità più maestosa.

L’opera Michael’s Gate sembra sciogliersi in musica riprendendo le ballate celtiche che avevano per tema la danza con la vita e con la morte, come “Alzati e cadi” , ballata di origine celtica della regione catalana e provenzale il cui testo è una straordinaria opera poetica:

“Vedo un raggio salire nel cielo, ho visto una tempesta cadere nella sabbia, ho visto l’erba crescere e salire ed è questa l’arte della vita, alzati e cadi.

Vedo le onde salire nell’aria, ho visto le onde morire e rinascere, e questo è e sarà l’arte della vita.

Vedo il buio svanire nella luce, ho visto la luce cadere nel buio.

Vedo il giorno diventare notte, alzati e cadi.

Vedo la vita giocare con il buio, ho visto la morte rubare la vita, ho visto il mio cuore innalzarsi e cadere, e questo è e sarà l’arte della vita”.

Così lo stesso titolo dell’opera riprende anche la nostra cultura più recente, quella giudaico-cristiana evocando il nome del principe degli angeli, l’Arcangelo Michele, il principe delle milizie celesti a cui è affidato il compito di concertare la vita sfidando il male; e ancora a cui è affidato il compito di oscurare la morte per sconfiggerla con la rinascita eterna. La porta a cui ci si riferisce è la porta dell’Apocalisse e alla sua iconografia, a cui è dedicata anche la Porta di San Michele di Bratislava.

Ma l’opera di Gilberto Di Benedetto raffigura la forza trascendente della vita e del suo rinascere grazie alla morte e alle forze oscure in un linguaggio del tutto contemporaneo, attraverso la forza della gestualità astratta, attraverso la forza di un’arte concreta, che ha nella percezione emotiva la sua grande potenzialità espressiva. Infatti è affidandosi all’emozione e all’immaginazione empatica che l’artista può spingersi laddove non arriverebbe la raffigurazione figurativa.

In questo preciso indirizzo Di Benedetto riattualizza un linguaggio astratto che la confusione dei linguaggi artistici dell’ultimo scorcio del nuovo millennio aveva oscurato, o semplicemente dimenticato. Del resto anche gli artisti contemporanei che hanno scelto l’astrazione si sono in genere resi responsabili di aver trattato la stessa come mero strumento di stile, o come semplice linguaggio.

Ecco che invece l’artista romano trova il modo di restituire valore alla gestualità e all’astrazione componendo questo nuovo omaggio ai misteri della vita e della sua forza vitale. Offrendo quindi un nuovo intenso significato e contenuto al linguaggio astratto, componendo questa nuova Joie de vivre, più concreta e più reale delle precedenti perché più veritiera e portatrice di un ritratto più autentico della vita stessa, e al contempo più vicina all’antica cultura classica. Al vero volto della cultura greca, che ha nella forza mitologica ma reale dei rituali dionisiaci la vera essenza pulsante di vita, così forte da rendersi ancora oggi portatrice di un valore vitale capace di fondere il piccolo “io” umano con la grandezza del cosmo infinito.

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