Non si capisce come mai, a settant’anni dalla nascita della nostra Repubblica, non abbiamo ancora una legge elettorale valida e condivisa, che ci permetta di votare. Infatti il dilemma di oggi è quello di poter votare presto con una legge imperfetta che difficilmente garantirà la governabilità o rimandare le votazioni in attesa di una legge migliore. Che, poi, conoscendo i nostri politici forse non arriverà mai! I cittadini sono sfiduciati. Hanno ragione! Il problema è che oggi, irresponsabilmente, le forze politiche esaminano le diverse formule di leggi calcolando a priori chi vincerebbe secondo l’una o secondo l’altra. La verità è che ogni schieramento politico è pronto a votare la legge che farebbe vincere lui. Nessuno guarda al bene del Paese. Nessuno pensa ai diritti e agli interessi dei cittadini. Intanto noi aspettiamo. Senza contare che ci sono altri interventi che avrebbero una priorità anche maggiore. Lavoro e occupazione, assistenza ai terremotati immediata, e pure una immediata e chiara soluzione del problema delle banche insolventi. Proprio sulle banche insolventi quello che più sgomenta sono due timori/certezze: uno economico (ci han rubato i nostri soldi) e uno giuridico (non vogliono punire nessuno, si proteggono tra loro). Intanto, dinanzi a tutto questo imbarazzante immobilismo, si confondono e aggrovigliano le idee. Non abbiamo idee chiare sull’uscita dall’euro, leggiamo che restare nell’euro è una rovina ma che uscire dall’euro sarebbe una catastrofe. Non comprendiamo perché, per entrare nell’euro, ci han fatto pagare perfino una tassa in più, come se l’euro fosse la medicina per i nostri mali, e perché adesso invece sia diventato la fonte della nostra miseria. Se questi ragionamenti fossero veri, o la classe politica che ci ha portato nell’euro non sapeva quel che faceva, o la classe politica che adesso non ci porta fuori non è in grado di fare niente. La verità è che dinanzi allo squallore politico di tanti, troppi, rappresentanti istituzionali non si riesce a capire chiaramente se l’immigrazione sia un dovere morale o un disastro sociale, economico, civile, perché disgrega la nostra società, impoverisce i comuni ospitanti, scardina la nostra civiltà, introducendo civiltà incompatibili. Il grande dilemma è se la colpa sia solo dei politici o anche di noi cittadini. Di certo ci troviamo dinanzi ad una democrazia paralizzata, senza chiare prospettive di svolta e con tanti, troppi, dubbi su come uscirne. Dobbiamo continuare ad aspettare o vogliamo riprenderci il nostro futuro?
Riprova
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