La segretaria del PD Elly Schlein chiude l'Assemblea Nazionale del Partito Democratico presso il centro congressi 'La Nuvola', Roma, 12 marzo 2023. ANSA/FABIO CIMAGLIA

Il campo largo del salario minimo di Elly Schlein

Alla Camera, prima di imbarcarsi per il Belgio, la segretaria del Pd ha incrociato Carlo Calenda, nella cabina di un ascensore.  Durante un vertice in cui si è riunita tutta l’opposizione, tranne Italia Viva, è stata raggiunta un’intesa di massima sul salario minimo. C’era il Pd naturalmente, con Cecilia Guerra. Il M5S con Nunzia Catalfo. E Calenda in persona. Tutti tranne i renziani. È stato abbozzato un testo comune, che mette insieme le 6 versioni diverse delle opposizioni. Prevede un salario minimo legale a 9 euro, senza però indicizzarlo in automatico, con 12 mesi di tempo per attuarlo, raccordi con le parti sociali e rafforzamento dei contratti nazionali, più un fondo per aiutare le Pmi. La fumata  bianca è un primo risultato di Schlein, che metterebbe insieme sia Conte che Calenda. Anche se il leader di Azione sul campo largo è esplicito, con i suoi: «È un avvicinarsi sui temi, ma niente assi strutturali. A destra per esempio apprezziamo Nordio».

Per la leader del Pd comunque è uno spiraglio, prima della complicata trasferta brussellese. Dove gli eurodeputati dem l’aspettavano con una domanda: «Sì, ma che facciamo con le candidature? Ci dirà qualcosa?». Risposta: no. Non ancora. Anche se le acque sono agitate. Manca un anno, ma c’è già un esercito di aspiranti candidati. «E altri partiti come la Spd in Germania – rimarcava ieri un eurodeputato – hanno già fatto le liste». Il grande nodo da sciogliere è Paolo Gentiloni, il commissario all’Economia, che ovviamente, se si candidasse, dovrebbe fare il capolista, mentre nella cerchia di Schlein c’è chi ragiona su 5 donne in cima. E c’è l’altro vertice Ue istituzionale in quota Pd, cioè Pina Picierno, vicepresidente dell’Eurocamera. Sarebbe la capofila naturale della circoscrizione Sud, anche perché come Schlein vede di malocchio il governatore campano Vincenzo De Luca. Schlein però traccheggia, non vuole aprire il dossier pubblicamente. Anche ieri sera a Bruxelles non ha toccato il tema. Circolano però alcuni nomi, vicini alla segretaria. Uno su tutti: Sandro Ruotolo. O ancora si vocifera di Lucia Annunziata. E poi appunto ci sono tanti aspiranti. Il blocco dei sindaci: Dario Nardella, Giorgio Gori, Antonio Decaro, che potrebbe candidarsi al posto di Michele Emiliano, che pure ieri era a Bruxelles, ma per una mostra su Taranto. Probabile che corra Stefano Bonaccini, tanto più che non farà il commissario in Romagna. Ma appunto Schlein per ora non vuole aprire un altro fronte interno.

Anche perché con gli europarlamentari ci sono altre questioni da sbrigare. A cominciare dalla guerra, di cui Schlein ieri ha parlato anche col ministro Liu Jianchao del Partito comunista cinese, augurandosi «un ruolo della Cina sulla Russia». A Bruxelles però la delegazione Pd finora ha marciato in ordine sparso: sull’adesione di Kiev alla Nato e sull’Asap, il piano europeo per rifornire l’Ucraina di munizioni, anche sfruttando il Pnrr. Proprio sull’Asap si rivoterà il 12 luglio, ma stavolta il Pd dovrebbe compattarsi dato che alla Camera è passata una mozione che impedisce in Italia di sfruttare il Recovery a questo scopo. «Capisco i dubbi – ha detto  Schlein – ma questa mozione li ha superati, al netto di un paio di posizioni di principio».

Insistere sul salario minimo, significa riprendere uno slogan del tutto superato dalla pratica quotidiana, nella quale chi lavora (e lavorano molti più italiani che in passato) è «merce» preziosa per il datore di lavoro che non può mai privarsi di lui, se si tratta di un soggetto o di una soggetta che lavora e sa lavorare, conquistandone la fedeltà all’azienda sia con lo strumento salariale che con adeguati «benefit».

La Nazione, da Aosta a Castelvetrano è colpita dalla penuria di lavoratori specializzati, delle specialità che le imprese richiedono. Il muratore, per esempio, è un soggetto raro del quale nessun costruttore può privarsi a nessun costo. È lui che ha il coltello contrattuale dalla parte del manico. È inutile e controproducente lottare contro un concetto basilare in ogni società del nostro tempo: che cioè il lavoro è un lavoro. Un’attività che comporta un impegno, una fatica, una capacità e una adesione volontaria ai suoi meccanismi, compresi quelli dell’organizzazione aziendale.

Tanto tempo fa, la Cgil di Lama e Trentin -ma anche la Fiom di Pio Galli, comunista storica e di sinistra-sinistra- avevano capito che il loro compito era quello di secondare il riformismo e, quindi, il successo dei meccanismi di sviluppo esterni e interni al mondo produttivo. La loro lezione è lì a dimostrare che Elly Schlein sbaglia in modo totale ed irredimibile, abbracciando temi che sono chiaramente avversati dal mondo del lavoro dei nostri tempi, e sbaglia altresì evocando ora una stagione dei diritti che dovrà invece seguire una stagione dei doveri sociali ed economici.

Quella di Schlein non è una ricetta per il Paese. Come non esiste una ricetta grillina, da sempre parodia politica, oggi parodia della parodia. Ci vuol altro. E altro deve essere prodotto da quello che un tempo si chiamava «popolo di sinistra» e che, semplicemente, era ed è popolo senza aggettivi. Tanto che ha votato Fratelli d’Italia e Lega. Quindi, dal disastro attuale dovrà emergere un gruppo dirigente nuovo e avvertito della realtà dei nostri giorni.

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