Dopo il report dello Svimez che ha fotografato il disastro dell’economia meridionale, il cardinale Crescenzio Sepe lancia un accorato appello al premier Matteo Renzi a non abbandonare il Mezzogiorno: “Rottamiamo pure le vecchie questioni e le vecchie logiche assistenziali ma, nell’ambito del sistema Paese, valorizziamo le grandi potenzialità e le enormi risorse, umane e intellettuali, meridionali. Il Sud non può finire nella povertà”. Quello studio, commenta il cardinale Sepe, presenta il Meridione come comunità condannata alla povertà, offrendo un’analisi drammatica che, purtroppo, è soltanto la conferma di una denuncia, di un grido d’allarme che le Chiese del Mezzogiorno, e quella di Napoli in particolare, hanno lanciato da anni. La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire, ma, nel rispetto della dignità della persona umana, avverte il dovere di richiamare credenti e non credenti, singolo cittadino e governanti, alle proprie responsabilità e a un fattivo impegno civico. In questi anni abbiamo potuto registrare soltanto indifferenza, egoismo e disinteresse, se non negligenza, dinanzi alle grandi e gravi difficoltà dei nostri territori e della nostra gente. Troppo tempo viene dedicato agli interessi personali e di parte piuttosto che alla riflessione, alle scelte e ai progetti reali per far uscire il Sud dall’emergenza cronica e imboccare la strada del riscatto e dello sviluppo Non ci dobbiamo sorprendere se da Svimez ci viene detto sostanzialmente che quello meridionale è un popolo destinato alla povertà assoluta. Abbiamo tutti il dovere di reagire contro questa tendenza e questo rischio. Dobbiamo lavorare per costruire il bene comune, il futuro dei nostri giovani. La Chiesa è pronta a fare la sua parte e a camminare insieme verso una società più giusta. Lo abbiamo detto nel 2009 senza che qualcuno ci avesse dato ascolto. Lo ribadiamo oggi, conclude il cardinale Sepe, con la stessa convinzione e la stessa forza di allora, perché siamo ormai alla fine della folle corsa. La Svimez, Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, è un ente privato senza fini di lucro istituito il 2 dicembre del 1946. Un gruppo di importanti personalità del mondo industriale e finanziario italiano decise durante la Seconda Guerra mondiale di dare vita a un centro di ricerche e studi specializzato sul Mezzogiorno. Obiettivo principale dell’Associazione è lo studio dell’economia del Mezzogiorno, per proporre a istituzioni centrali e locali concreti programmi di sviluppo delle Regioni meridionali, arrivando così a realizzare l’unificazione anche economica dell’Italia. Il leit motiv dell’Associazione è ‘industrializzare’ il Mezzogiorno, cioè promuovere lo sviluppo con l’applicazione delle logiche industriali a tutti i settori dell’economia, servizi e turismo compresi. Non è il libero mercato lasciato a se stesso in grado di risolvere la questione meridionale, ma è lo Stato che deve promuovere la crescita del Sud con un insieme coordinato di azioni pubbliche e di interventi ‘straordinari ‘ per creare una convenienza all’investimento in un’area che da sola non attirerebbe imprenditori esterni; sostenendo grandi opere, infrastrutturali e non solo, che richiedono quantità di risorse impossibili per i privati ed affiancando l’attività delle amministrazioni ordinarie, limitate e inefficaci.
Cocis
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