Il caso Eichman e il giorno della memoria

Alla fine della seconda guerra mondiale, i tempi della storia vivono una singolare discordanza. Difatti, dalla fine del conflitto scaturì un mutamento del contesto internazionale che scosse gli equilibri politici, dove l’elaborazione del passato non sembrava avere un univoco aspetto nelle diverse aeree geografiche, in particolare in merito ai tratti peculiari dello sterminio. Il primo confronto pubblico che ha visto sul banco degli imputati i gerarchi nazisti è stato il Processo di Norimberga dove furono eseguite ventuno condanne capitali. In quell’occasione con la deposizione di Dieter Wisliceny saltò fuori un nome, quello Adolf Eichmann. Secondo alcuni fu solo un processo delle potenze vincitrici. In realtà, c’è da chiedersi quanto importava in quel momento ai russi, e quanto agli americani, di aprire il capitolo ebraico. Intanto la cortina di ferro favorì gli incarichi governativi nazisti. Da un lato i carnefici, dall’altro le vittime, ed entrambi congelarono la loro memoria. Il caso Eichmann, negli anni sessanta rappresenta un momento cruciale nella ricostruzione dell’identità ebraica. Un solo imputato e sei milioni di accusatori nello Stato d’Israele. Centoventuno udienze diventano capitoli fondamentali del libro ebraico. Nella Beit Ha’Am, dodici stanzini come dodici erano le sezioni del Reich, o forse dodici come lo erano stati gli apostoli di quel Cristo ripudiato, motivo di persecuzione degli ebrei da secoli, quando venne messa in luce ‘la soluzione finale’. Un atto che spezzò il silenzio perpetuato per lungo tempo. Testimoni, vicende di terrore, sofferenza, pietà nonché coraggio, presero parte nelle voci tremanti della stragrande maggioranza delle vittime. Secondo Hannah Arendt, Eichmann fu un capro espiatorio. Israele aveva bisogno di un ‘caso’ e Ben Gurion, che non presenziò a nessuna delle udienze, fornì come un ‘regista invisibile’ i mezzi per realizzare il processo esemplare o forse il processo spettacolo. Così, dal cubo di cristallo tutti poterono esaminare Eichmann, come un animale raro e quattro telecamere permisero al mondo di essere spettatori. Un evento mediatico, cinquecento giornalisti, quasi il doppio rispetto a quello di Norimberga. Nell’apposito ufficio ‘06’ vennero reclutati testimoni a cui poco interessava se conoscessero o meno l’imputato perché contava la vicinanza al crimine ebraico. Intanto la Chiesa Cattolica discuteva l’eliminazione della citazione ‘perfidi giudei’ dal messale del Venerdì Santo, per la commemorazione della passione e morte di Gesù. I cattolici avevano pregato così per quattro secoli. E, nel pieno avvento della Tv, di cui tanto era stato diffidente Papa Pio XII, condannandone l’uso, l’elezione di Papa Giovanni XXIII sembrava invece comprenderne l’evoluzione che ne sarebbe conseguita. Negli anni del suo papato, Giovanni XXIII apre i lavori del Concilio Vaticano II, per una proposta di ‘apertura’ della Chiesa, seppur con molta prudenza, in quanto il segretario Domenico Tardini appariva uno di quei conservatori restio al cambiamento. D’altronde, in quel periodo la Chiesa era incentrata da una lotta contro il comunismo. A fare da cornice, alle posizioni di luci e ombre nella stampa italiana negli anni sessanta apparivano loro: ‘Le lavatrici, le Fiat, i frigoriferi, le caramelle Rossana, i bilanci dell’Iri e dell’Ivrea, l’Olivetti, il benessere dell’Olio Carli, segni evidenti del boom economico’. E mentre nella capitale, fervevano i preparativi per le olimpiadi, c’era chi si chiedeva se fosse opportuno cancellare i simboli fascisti dai Fori Imperiali. Di soprassalto un uomo nordico e dinarico veniva catturato: ‘Adolf Eichmann’. Il Mossad aveva portato a compimento l’Operazione Eichmann. Con un volo diretto della Compagnia di bandiera argentina ‘El Al’ venne trasportato in Israele, mentre l’Argentina si apprestava alla celebrazione del 150 anniversario d’Indipendenza. Dopo l’annuncio della cattura e dell’imminente processo di Eichmann, si innescarono una serie di eventi sul chi, come, dove e quando giustiziare l’imputato con il rischio di una disputa diplomatica. Innanzitutto su chi aveva gli strumenti per processare: ‘La Germania, l’Argentina o lo Stato d’Israele?’. Tornando ai giorni nostri Pasolini negli anni sessanta commentava i simboli fascisti presenti sul territorio italiano. Simboli che erano presenti anche nel quartiere ebraico. Oggi nel giorno della memoria se abbassiamo lo sguardo tra i san pietrini al Portico d’Ottavia li possiamo vedere e ‘leggerli’… Ma oggi è il giorno della memoria…

Emilia Napolitano

 

 

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