Il concetto sovrano della polis quale fondamento della democrazia vince in Turchia

Il voto laico, democratico e ribelle consegna Istanbul, Ankara, Smirne, Bursa e Adana all’opposizione socialdemocratica, tracciando, forse, una nuova strada da percorrere per la Turchia. Dal populismo nazionalista infarcito di islamismo, risorge dalle ceneri, come l’araba fenice, la democrazia delle polis. Il Rais turco, al secolo Recep Tayyip Erdogan, da vent’anni alla guida del Paese, riconosce la sconfitta e rende omaggio alla libera scelta dei cittadini e alla democrazia. Questo voto sembra abbia assestato un duro colpo allo sterminato esercizio del potere da parte del Rais , in un Paese in cui l’inflazione viaggia al 67% e la gente e’ stanca e impoverita. Per non parlare del terremoto di un anno fa che ha messo in ginocchio una parte del Paese ed ha fatto emergere tutte le contraddizioni di un potere corrotto e a tratti cialtronesco. Qualcuno potrebbe obiettare che si è trattato di una kermesse elettorale a livello locale perché la vera sfida è rimandata alle consultazioni nazionali e l’opinione degli elettori potrebbe cambiare di nuovo. Ma sarebbe un errore sottovalutare, non solo per Erdogan, ma anche per l’Europa, il messaggio che arriva dalle capitali storiche della Turchia, proprio perché viene dalle città che sono gli interpreti maggiori della vicenda democratica. Istanbul e Ankara proponendosi come protagonisti politici, soggetti di opposizione, con il voto si stanno rendendo autonome dal processo politico nazional-populista. Nello stesso tempo i partiti riscoprono la democrazia delle piccole cose che le città custodiscono e da cui possono attingere, ricomponendo quel cerchio intorno all’agora’ che l’ha generato in seno alla civiltà europea. La soggettività dei grandi centri urbani e’ un fenomeno trasversale e universale. Tocchiamo con mano la distanza dal punto di vista antropologico tra le popolazioni metropolitane e quelle dei piccoli paesi rurali e di montagna, tra il sentimento dell’universale di cui si vuole far parte per condividere il progresso e lo sviluppo per il futuro, e quello particolare in cui sovente ci si rifugia per sfuggire alle insidie del presente. E’ un mondo  in movimento all’interno di una globalizzazione che abbattendo gli steccati del tempo e dello spazio sembra aver cancellato il luogo. Ma, come d’incanto, risorge la polis e si contrappone alla globalizzazione che ha paralizzato gli Stati non solo nella loro dimensione sovranazionale. Quindi il concetto sovrano della polis quale fondamento della democrazia è più che mai vivo e non si è mai spento e con esso nemmeno la coscienza della comunità civile originaria organizzata intorno al bene comune. Alla fine dobbiamo prendere atto che è proprio la città la fucina, che nell’inaridimento dei partiti e nelle tentazioni populiste volte a soffocare le democrazie, traccia una nuova strada verso il cambiamento possibile, non si rassegna all’impotenza della politica, custodisce e rinnova il principio democratico.

Andrea Viscardi

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