Il dibattito sull’autonomia è pura propaganda politica

Il tema dell’autonomia tanto caro a Salvini e ai suoi è pura propaganda politica, la riforma tanto anelata e sbandierata durante la campagna elettorale, se attuata costituirebbe un regresso che il sistema Italia non può permettersi e che non vuole sperimentare perché ha chiari gli effetti dannosi che ne scaturirebbero. Il dibattito su questo tema non è sentito nel Paese e rischia di distrarlo dalla riforme più urgenti. La nostra è una Nazione che ha difronte a sé sfide più importanti ed urgenti, interne ed esterne, economiche e sociali che deve affrontare e vincere nell’interesse generale. La discussione sulla natura unitaria del nostro Paese fa il gioco dei nostri concorrenti internazionali che ci giudicano incapaci di darci un assetto interno. Le fughe autonomistiche e localistiche finiscono per svantaggiare persino quei territori che in modo egoistico le sbandierano. Queste cose il sistema politico le conosce, ma ipocritamente non ha il coraggio di gridarle: i partiti di sinistra non hanno la forza e neppure le carte in regola per portare avanti una lotta popolare e di buon senso e di equilibrio, quale è quella contro l’autonomia. Nemmeno a destra però c’è concretezza se si tiene conto che due su tre dei partiti che reggono la maggioranza, sono culturalmente e strategicamente contrari ad una riforma ispirata da egoismi territoriali e convenienze localistiche che finirebbe per minare l’unità della Nazione in uno alla sua coesione. Quindi la maggioranza degli italiani deve far sentire la propria voce di contrarietà ad una riforma che sa tanto di imbroglio. Non può un Paese dipendere dai rituali celtici di Pontida e né farsi anestetizzare dagli slogan che si susseguono tra le valli della Padania. La storia del nostro Paese va riscritta o quantomeno riconsiderata in molti suoi passaggi storici, che ancora oggi sembrano avvolti da una densa cortina di nebbia, ma quella del Risorgimento e dell’Unità d’Italia non può essere minimamente scalfita da nostalgie fantapolitiche e allo stesso tempo ipocrite ed interessate che hanno il solo scopo di tenere sempre alta la tensione sociale per alimentare il proprio serbatoio elettorale. Non dimentichiamo la scellerata riforma voluta dalla sinistra dalemiana sul finire della legislatura nel 2001 che con la riforma del Titolo V della Carta Costituzionale consegnò in modo frettoloso e superficiale alle Regioni la competenza esclusiva su materie su cui le stesse non hanno saputo gestire. Un Paese a mò di puzzle, mi si passi il termine, perderebbe l’occasione di presentarsi su uno scenario internazionale in continua evoluzione, per dire la sua nel modo migliore. Ridisegnare le autonomie regionali in modo squilibrato risponde a logiche politiche e non ad una visione costruttiva del sistema Paese. Ma l’anno 2023 sarà l’anno della verità per uscire da questo equivoco chiamato autonomia. Il fatto che nel centrodestra di governo, non tutto si sa, si levino voci di preoccupazione circa la pericolosità di questa riforma, fa ben sperare che non venga fatta. Del  resto si sa che quando sono in troppi a comandare, alla fine non comanda nessuno.

Andrea Viscardi

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