“In fase di recessione la riforma andava accompagnata da incentivi e da politiche di sostegno allo sviluppo economico”. Questa la dichiarazione del sindacato Cgil che dopo un sondaggio effettuato a seguito della riforma sul lavoro del ministro Fornero, la situazione sembrerebbe essere peggiorata. Infatti, stando ai risultati della ricerca, le aziende hanno stabilizzato solo il 5% dei rapporti di lavoro flessibili, mentre il 22% è scivolato verso formule peggiorative. Il sindacato: Che la riforma non sia “perfetta” lo ammette anche il ministro Fornero, ma le nuove norme sul lavoro da lei introdotte – a leggere i risultati di un sondaggio promosso dalla Cgil – sembra abbiano prodotto effetti contrari a quelli sperati. Dovevano frenare l’uso del precariato favorendo la stabilizzazione, in realtà – nel 27 per cento dei casi – hanno finito con il frenare il lavoro stesso: più di un quarto dei contratti precari scaduti dopo l’entrata in vigore della riforma (luglio 2012) non sono stati rinnovati. La “stretta” alla cattiva flessibilità ha messo paura alle imprese che in molti casi hanno proposto ai dipendenti a tempo contratti peggiorativi rispetto a quello originari o hanno proprio preferito chiudere il rapporto di lavoro. Almeno per quanto riguarda l’occupazione in regola. Un sondaggio online promosso dai Giovani della Cgil e rilanciato dall’inchiesta di Repubblica.it “Precari dopo la Fornero” dimostra che l’obiettivo che il governo Monti si era dato (distinguere fra flessibilità buona e cattiva e favorire la stabilizzazione) non è stato raggiunto. Dalle oltre cinquecento risposte inviate da lavoratori con diverse tipologie contrattuali è emerso che la precarietà è rimasta, in molti casi è peggiorata. Il resto dei partecipanti al sondaggio non segnala novità.
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