Le ministre Bellanova, Bonetti e il sottosegretario Scalfarotto si sono dimessi, annuncia il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, in conferenza stampa alla Camera, spiegando che è stata inviata una lettera al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
Le dimissioni degli esponenti di Iv all’interno dell’esecutivo aprono di fatto la crisi di governo.
“Nell’affermare la fiducia incrollabile nel presidente della Repubblica noi pensiamo che si debbano affrontare i tre punti cardine che le ministre e il sottosegretario hanno scritto al presidente del Consiglio. Se le forze politiche dell’attuale maggioranza hanno voglia di affrontare i temi sul tappeto lo facciano, ma senza continui giochi di parole”.
“La democrazia ha delle forme e se le forme non vengono rispettate, allora qualcuno deve avere il coraggio anche per gli altri per dire che il Re è nudo”, sostiene l’ex premier. “Le questioni poste al presidente del consiglio sono tre. La prima di metodo”, aggiunge. “Quelli che ora ci fanno la morale erano per andare alle elezioni e consegnare il paese alla destra populista. Non consentiremo a nessuno di avere pieni poteri. Questo significa che l’abitudine di governare con i decreti legge che si trasformano in altri decreti legge, l’utilizzo dei messaggi a reti unificate, la spettacolarizzazione della liberazione dei nostri connazionali, rappresentano per noi un vulnus alle regole del gioco. Chiediamo di rispettare le regole democratiche”.
L’ex premier afferma di non avere pregiudiziali né sul nome di Conte né sulle formule per un nuovo governo, “l’unica pregiudiziale è che noi non faremo mai i ribaltoni e non daremo mai vita a governo con le forze della destra anti europeista”, ma esclude che si vada al voto anticipato. A una domanda sugli sbocchi della crisi, Renzi dice: sta a Conte decidere, noi siamo pronti a discutere: “Tocca al presidente del Consiglio decidere quale saranno gli sbocchi della crisi. Noi siamo pronti a discutere di tutto. A un Governo in questo perimetro di maggioranza, a un Governo istituzionale ma anche ad andare all’opposizione”.
“Non credo al voto perché ci sono le condizioni in Parlamento per non andare al voto. Il punto vero non è questo: in Italia si voterà nel 2023, ora ci dobbiamo preoccupare di come creare posti di lavoro e ai giovani”.
“Se Conte ha i ‘responsabili’, ‘buon lavoro’. Ma non li hanno trovati” e “andare in Parlamento non è una minaccia, è la democrazia. Se Conte viene in Parlamento ci trova lì, a lui la scelta”. “Noi non vogliamo aprire la crisi, vogliamo aprire le scuole. Ma come non c’è alcun veto o pregiudizio da parte nostra, sia chiaro che sia per questa maggioranza che per una eventuale forma diversa non c’è un solo nome per palazzo Chigi. Chi dice ‘o tizio o voto’ è irresponsabile”.
Infine, l’ex premier risponde a chi critica la scelta di aprire una crisi durante la pandemia. “La democrazia o è sempre o non è. Perché chi pretende di fermare il gioco democratico in nome della pandemia, non sta bloccando la pandemia, ma sta bloccando la libertà”.
La lettera a Conte
”Lasciare un incarico di governo richiede lunghissime, dolorose e assai profonde considerazioni. Abbiamo deciso di rimettere il nostro mandato in nome della dignità e della nobiltà della politica e della nostra libertà e responsabilità individuale”. Lo scrivono Teresa Bellanova, Elena Bonetti e Ivan Scalfarotto in una lettera al presidente del Consiglio.
“Cari Ministri, purtroppo questa sera IV si è assunta la grave responsabilità di aprire una crisi di governo. Sono sinceramente rammaricato, e credo di potere interpretare anche i vostri pensieri, per il notevole danno che si sta producendo per il nostro Paese per una crisi di governo nel pieno di una pandemia e di una prova durissima che il Paese sta attraversando”.
Parla di “grave responsabilità” e “notevole danno al Paese” prodotto da un gesto che non può essere sminuito. Afferma di aver cercato “fino all’ultimo utile” il dialogo ma il terreno è stato “disseminato di mine”. Chiama la sua squadra a testimone e dal Cdm arrivano i tweet all’unisono dei ministri M5s, Pd e Leu. “#AvanticonConte”, è l’hashtag. Lo twitta dal Pd anche Nicola Zingaretti: “Ora è a rischio tutto, è una scelta incomprensibile”, è il suo attacco a Renzi.
Il premier Giuseppe Conte, nel primo Consiglio dei ministri senza Iv, non fornisce alcun cenno di dietrofront, tratta ormai Matteo Renzi da avversario, si presenta ai ministri tranquillo e deciso ad andare avanti.
Ancora alcuni passaggi devono maturare: oggi Pd e M5s riuniranno i loro vertici per valutare la crisi, consapevoli che in maggioranza c’è chi, come una parte dei Dem, ha ancora dubbi sull’ipotesi di sostituire Iv con un gruppo di “responsabili”.
In Conte, già prevaleva la convinzione che Renzi avrebbe comunque rotto. E ora, sottolinea chi è vicino al il capo del governo, Conte è più “libero” di giocare la sua partita sulla fiducia in Aula. Il filo con il leader di Iv sembra inesorabilmente rotto. A tarda sera Renzi, riunendo i suoi gruppi, ribadisce che il capo del governo non lo ha mai chiamato. Ma fonti di maggioranza descrivono un quadro opposto: Conte avrebbe più volte cercato l’ex premier – nei giorni scorsi – con telefonate e messaggi, senza ricevere risposta.
Iv vive le ore del post-strappo con prudenza. Nessuna rivolta interna viene registrata nella riunione serale dei parlamentari con Renzi. Si attende la mossa del premier, ma si discute dello scenario di una soluzione rapida della crisi in maggioranza come se il Conte ter non fosse ancora un’opzione archiviata: sedersi a un tavolo sarebbe possibile. Ma la convinzione di più d’uno è che si vada verso la conta in Aula. E, se mai arriverà quel giorno, qualche addio tra i renziani non si può escludere.
Una decisione su come affrontare la crisi aperta da Iv Conte – se dimettersi per aprire il tentativo di un nuovo governo o andare in Parlamento a verificare la sua maggioranza – la deve mettere sul tavolo già nelle prossime ore, anche perché è lo stesso presidente Mattarella ad averlo invitato ad una soluzione della crisi in tempi brevi. Se sceglierà davvero lo showdown in Parlamento l’obiettivo potrebbe essere ottenere il sì da una maggioranza larga e solida, con un appello ampio a sostenere il lavoro del governo. A margine del Cdm alcuni ministri osservano che quella dello showdown in aula è la strada da imboccare, altri predicano più prudenza: non se ne sarebbe comunque parlato nella riunione del Consiglio.
Il Movimento sembra più compatto che mai sull'”avvocato del popolo”. E anche chi, in teoria, avrebbe aperto ad una soluzione con un premier Dem (come Dario Franceschini) pare esser tornato sui suoi passi. A dire il vero l’ipotesi di un governo con la stessa maggioranza e un premier diverso non è ancora del tutto tramontata – con Iv in attesa – ma, ad ora, pare davvero lontana. E allora come uscirne? L’unica alternativa alla carta responsabili potrebbe essere un’apertura improvvisa di Renzi al dialogo, con Conte premier come punto fermo. Possibilità remota ma non ancora impossibile-