Il nodo dei due vicepremier e quello della parità di genere sono ancora da sciogliere. Reggerà il Pd, e in particolare il segretario Nicola Zingaretti se alla fine Luigi Di Maio la spunterà sul fronte dei due vice premier?
La mancata scelta tra un solo vice e due vice in pratica sta bloccando tutto l’organigramma del nuovo governo. Intorno a quelle due caselle ruotano i nomi di Di Maio, di Dario Franceschini e di Andrea Orlando del Pd, e indirettamente quelli di Vincenzo Spadafora (M5S) e di Paola De Micheli (Pd) in predicato per la poltrona strategica di sottosegretario/a alla presidenza del Consiglio. A Palazzo Chigi, poi, potrebbe arrivare con la delega ai servizi segreti l’attuale presidente del Copasir Lorenzo Guerini (Pd) che dovrà lasciare la sua poltrona di San Macuto al suo vice, Adolfo Urso di Fratelli d’Italia: in questo caso, però, è difficile che un altro esponente del Pd, poi, possa andare al Viminale.
Sono ancora vuote le caselle degli Esteri, dell’Economia e del Viminale che, se assegnate seguendo un criterio misto, potrebbero andare, rispettivamente, a Marina Sereni o Enzo Amendola del (Pd), a Roberto Gualtieri (Pd) e al prefetto Alessandro Pansa.
Per ora il M5S ha messo sul piatto di Conte i nomi delle ex ministre Giulia Grillo e Barbara Lezzi da riconfermare alla Salute e al Mezzogiorno, senza tralasciare le ambizioni della ex vice ministra all’Economia Laura Castelli. Il Pd, invece, con al regia di Zingaretti e della vice Paola De Micheli (in predicato due posti: sottosegretaria al Presidenza del Consiglio o ministra dello Sviluppo economico) sta preparando una intera squadra di donne da sottoporre all’attenzione di Conte: la renziana Anna Ascani, ora capo gruppo in commissione Cultura alla Camera per i Beni Cuturali; Lia Quartapelle, esperta di Esteri, per le Politiche Comunitarie; Chiara Braga, capogruppo in commissione Ambiente, per l’Ambiente; Deborah Serracchiani per la Famiglia; oltre la già citata Marina Sereni per gli Esteri.
Sulla scacchiera del nuovo governo, Di Maio avrebbe blindato i nomi di Alfonso Bonafede (ma alla Giustizia non è escluso un ritorno del dem Andrea Orlando), di Riccardo Fraccaro (Riforme), di Sergio Costa (Ambiente), di Nicola Morra (Istruzione), di Stefano Patuanelli (Infrastruture) e di Francesco D’Uva (alle Riforme se Fraccaro viene promosso). Per se stesso, poi, Di Maio rivendica oltre i galloni di vice premier anche la Difesa. In alternativa potrebbe andare al ministero del Lavoro (ma lì il Pd schiererebbe anche il veterano Graziano Delrio). Una mossa, questa di Di Maio, che lascerebbe la Difesa a Elisabetta Trenta (M5S).
Dario Franceschini (Pd), 60 anni, potrebbe diventare vicepremier o ministro ai Rapporti con il Parlamento
L’ex capo della polizia Alessandro Pansa, 68 anni, potrebbe essere incaricato di guidare il Viminale
Il capo politico dei 5 Stelle Luigi Di Maio, 33 anni, andrebbe a guidare il ministero della Difesa
Il 5 Stelle Alfonso Bonafede, 43 anni, dovrebbe essere riconfermato Guardasigilli
Roberto Gualtieri, 53 anni, deputato Ue del Pd, potrebbe guidare il ministero di Via XX Settembre
Marina Sereni, 59 anni, del Partito democratico, potrebbe guidare la Farnesina
Il 5 Stelle Stefano Patuanelli, 45 anni, potrebbe andare ai Trasporti e alle Infrastrutture
Lia Quartapelle, 37 anni, deputata del Pd, potrebbe guidare il ministero delle Politiche europee
Nicola Morra (M5S), 56 anni, presidente della Commissione antimafia al Senato, andrebbe all’Istruzione
Vincenzo Spadafora (M5S), 45 anni, potrebbe guidare le Pari opportunità
Debora Serracchiani, 48 anni, vicepresidente del Pd, potrebbe guidare il ministero della Famiglia