Entro la prima metà di luglio il presidente del Consiglio Mario Draghi dovrebbe incontrare le parti sociali per risolvere un problema particolarmente urgente per milioni di italiani: quello degli stipendi troppo bassi e inadeguati al costo della vita, davanti ai continui rincari e all’inflazione galoppante. Non è chiaro però quale strada potrebbe prendere il Governo per permettere ai lavoratori di tirare un sospiro di sollievo in questo particolare periodo di crisi. Si parla di taglio del cuneo fiscale, di salario minimo, di obbligo a far sottoscrivere il contratto migliore e addirittura della datata scala mobile.
Taglio del cuneo fiscale: perché è difficile farlo oggi
Tanto l’esecutivo quanto imprese e sindacati sarebbero favorevoli al taglio del cuneo fiscale, cioè delle tasse sui salari, che rendono le buste paga più onerose per le aziende e meno ricche, al netto, per i lavoratori. Tuttavia non è chiaro quale corrente avrà la meglio. Il centrosinistra sarebbe infatti a favore di un taglio esclusivamente a favore dei dipendenti, mentre il centrodestra vorrebbe sgravi anche per gli imprenditori.
Rimane anche la grande incognita sulla reperibilità di fondi per finanziare una misura simile. Tra le proposte sul tavolo, avanzata non solo dalla Cgil ma anche dal Fondo monetario internazionale, ci sarebbe anche quella di trovare i fondi tassando le rendite finanziarie. Prelevando dai redditi da capitale invece che dai redditi da lavoro. Ma il tempo stringe, ed è improbabile che si riesca a trovare una soluzione prima della pausa estiva, e tutto potrebbe slittare all’autunno. Magari con interventi da inserire in manovra.
Le alternative: il salario minimo, il contratto migliore e la scala mobile
L’altra via, quella di introdurre il salario minimo, potrebbe tutelare le fasce di lavoratori più povere. La misura, che renderebbe più equo il mondo del lavoro, scatena però diverse perplessità in diversi partiti. Ed è difficile pensare che possa essere una cura veloce all’inflazione, considerando che tra iter legale e iter burocratico potrebbero passare anche mesi prima di una sua approvazione e della conseguente attuazione.
Il Ministero del Lavoro starebbe anche valutando un intervento più blando per ottenere risultati simili, cioè rendere obbligatoria l’applicazione del contratto migliore in ciascun settore, dove presente. E c’è anche chi torna a parlare della scala mobile, il meccanismo di rivalutazione automatica delle retribuzioni in vigore in Italia dal Dopoguerra fino all’inizio degli anni ’90.
In base al variare dei prezzi dei beni di prima necessità di un dato paniere, venivano ricalcolate le retribuzioni per adeguarle al costo della vita. Tuttavia delle automazioni simili potrebbero innescare una spirale inflazionistica. All’aumento dei prezzi aumenterebbero sì i salari, ma quindi anche il costo del lavoro, che porterebbe poi i produttori a rifarsi sui prezzi per il consumatore finale, in un ciclo senza fine che rischierebbe di portare a pesanti conseguenze sull’economia.
Ma non tutti gli esperti la pensano così, come Mauro Antonelli, responsabile dell’Ufficio studi dell’Unione nazionale consumatori, che ha spiegato qui che “tra tornare alle spirali inflazionistiche che precedevano il referendum sulla scala mobile e impoverire il ceto medio bloccando stipendi e pensioni, mentre tariffe e costo della vita aumentano, c’è una via di mezzo“.
Chi ha gli stipendi più bassi in Italia anche a causa dell’inflazione
Per via dell’inflazione gli italiani riescono a comprare, a parità di stipendio, l’8% di merce in meno. Un recente studio della Uil ha calcolato che la perdita del potere di acquisto varia in base alla composizione del nucleo familiare e che, com’era facile immaginare, colpisce particolarmente quelli meno abbienti e monogenitoriali.
È possibile che il Governo opti per i prossimi mesi per dei bonus temporanei per le fasce della popolazione con l’Isee più basso, in modo da fare fronte al caro vita e alla sua corsa sfrenata, nella speranza che si arrivi a una battuta di arresto dei rincari in tempi brevi. Dunque gli aumenti arriveranno prima per chi fatica di più ad arrivare a fine mese, e solo dopo riguarderanno tutte le categorie di lavoratori.
Ad avere il reddito pro capite più basso della Storia del nostro Paese sono i nati dopo il 1986. Insomma gli under 35 stanno vivendo il periodo più nero del mercato del lavoro sotto tanti aspetti. E mai come ora si rende necessario l’intervento dello Stato per garantire un futuro a milioni di giovani lavoratori.