Il governo giallorosso rischia in partenza il replay di quello giallo-verde che l’ha preceduto. Il continuo braccio di ferro tra pezzi di esecutivo su singoli provvedimenti, che è stato il leitmotiv dell’intesa fallita Salvini-Di Maio, potrebbe rivelarsi lo spartito anche di questo esecutivo.
Il green new deal doveva essere un’occasione rivoluzionaria per gli investimenti sull’innovazione e l’energia rinnovabile, per un grande piano di rilancio economico in grado di capitalizzare incentivi e mettere a sistema tecnologia e ambiente. Stando alle prime, disordinate, dichiarazioni, si sta rivelando una leva per inasprire la pressione fiscale e tassare bibite, merendine, voli aerei e diesel auto.
Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa sembra intenzionato, malgrado gli inviti alla ponderatezza di tecnici e Tesoro, a portare avanti le misure che ha in mente: tra tutte incentivi alla rottamazione delle auto inquinanti e sgravi per prodotti senza imballaggio.
Sembrano iniziative episodiche vòlte a fare un po’ di cassa, niente che somigli al piano green per la protezione del clima – un’operazione da 54 miliardi di euro – varato in Germania
“Si deve procedere” dice il ministro, anche se esiste un problema di coperture. Cosìcche gli ecoincentivi potrebbero tradursi in un aumento del costo del gasolio – e in Italia sono quasi venti milioni i guidatori di auto diesel – così come il taglio delle Sad (sussidi ambientalmente dannosi) potrebbe comportare un aumento immediato del prezzo del gasolio per i trattori. E per un governo che doveva essere no-tax non sarebbe il massimo, colpire i consumi vitali di categorie esposte, con l’esempio francese dietro l’angolo: è cronaca di questi giorni il ritorno dei gilet gialli.
Fa appello alla svolta green, del resto, anche il ministro dell’istruzione Fioramonti che chiede di tassare appunto le merendine e le bibite gassate per aumentare di cento euro mensili lo stipendio dei docenti. E il premier Conte, sempre in nome del new deal verde, non vede nulla di strano per reperire risorse in vista della manovra nell’aumentare di un euro il costo dei voli nazionali e di 1,5 quello dei voli internazionali.
Ora appare ancora più chiaro perché, tra gli altri motivi, Matteo Renzi ha scelto un’altra posizione per continuare a sostenere il governo Conte. E così nel merito di questa vicenda che rischia di diventare il vaso di pandora delle contraddizioni giallorosse, il leader di Italia Viva dice: “Noi siamo per un grande piano di investimenti verdi sul modello di quello lanciato dalla Merkel e se possibile più ambizioso ma puntare sull’ambiente ‘non significa alzare le tasse agli agricoltori o ad altri. Per il nostro Piano Verde servono i contatori digitali e le nuove tecnologie, non la politica dei no alle metropolitane e alle tramvie”.
L’enfasi posta alla vigilia del nuovo insediamento di Conte a Palazzo Chigi sul taglio del cuneo fiscale come alternativa alla flat tax leghista è già molto scemata. Si parla di spalmare il taglio del cuneo fiscale sui prossimi anni di legislatura, una misura graduale, lenta. Il risultato è che nella percezione comune invece dell’aspettativa per un taglio al costo del lavoro è risalito l’allarme per una nuova stagione di stangate. E in un paese dove la pressione fiscale è oltre il 42% non è una di quelle cose che contribuisce alla buona letteratura di un governo.